I dati di agosto del traffico nel porto di Taranto arriveranno a brevissimo, è in corso un’ultima messa a punto, ma non si discostano dalla tendenza negativa del 2024 che ha visto nell’ordine, in raffronto al 2023, -12 per cento a luglio, -40,3 per cento a giugno e -28,7 a maggio, mentre nell’intero primo semestre si è avuto -23,8.
Gli scenari
Di fronte a questo scenario, le possibilità di risalita per il porto risiedono nel cambio di passo dell’ex Ilva – il cui tracollo produttivo ha trascinato lo scalo – e nell’avvento di nuove attività. Ben sapendo però che l’una e l’altra cosa, quando si verificheranno, avranno bisogno di tempo per dispiegare i loro effetti. Perché per il momento l’ex Ilva rimette in produzione solo un altoforno, e non un’intera fabbrica, e peraltro questo avviene in una fase in cui il mercato dell’acciaio non è certo in espansione, mentre i progetti nuovi come il traffico delle auto (giorni fa sono sbarcate al terminal container 830 Fiat Tipo) o l’eolico offshore, devono prima strutturarsi e stabilizzarsi.
L’eolico
In ogni caso, che l’eolico offshore, nel ventaglio delle opportunità possibili, possa costituire il futuro del porto, lo evidenzia di nuovo Sergio Prete, presidente dell’Authority, nei giorni che precedono Taranto Port Days 2024, in programma l’11 e 12 ottobre con una serie di eventi. «È un momento particolarmente importante – spiega Prete -. Nella fase di maggiore criticità del porto, soprattutto in relazione ai dati dei traffici, si stanno aprendo delle opportunità importanti e innovative. Mi riferisco sia alla parte energetica, che logistica. Il porto, come evidenziano le dichiarazioni del Governo, è al centro dell’attenzione per importanti insediamenti industriali nel settore dell’eolico dell’offshore galleggiante, ma anche nel settore energetico più in generale. Ma è anche un momento cruciale per la gestione dell’ex Ilva e noi attendiamo di verificare se già da settembre c’è stata un’inversione di tendenza nei movimenti, visto che nei prossimi giorni sarà attivato il secondo altoforno. Dovrebbe quindi esserci un maggiore ingresso di materie prime». Anche Prete è dell’avviso che le nuove opportunità «magari non avranno una ricaduta immediata, ma disegneranno una diversa prospettiva del porto cambiandone il paradigma: da porto in crisi a porto che potrebbe diventare il più importante hub del Mediterraneo nella produzione energetica».
Il riferimento di Prete è alla possibilità che l’italiana Renexia e la cinese MingYang Smart Energy insedino a Taranto lo stabilimento per costruire le turbine eoliche (investimento da 500 milioni e circa 1.300 addetti, che ha bisogno dell’accosto a mare per la spedizione) e all’ufficializzazione, da parte del ministero dell’Ambiente, di Taranto e Brindisi come sedi di uno dei due hub meridionali per la costruzione delle piattaforme dell’eolico offshore galleggiante. «Attendiamo con impazienza e ottimismo il decreto del Mase per l’individuazione delle aree portuali», commenta Prete. Mentre sul fronte dell’energia tratta da fonti rinnovabili (il cold ironing), cioè l’elettrificazione della banchina San Cataldo (crociere), del terminal Yilport e del pontile petroli Eni, Prete aggiunge che «prosegue la progettazione funzionale alla realizzazione degli interventi, che dovrà essere ultimata entro giugno 2026». Si tratta infatti di opere finanziate dal Pnrr. I cantieri «immagino che partiranno nel giro di un mese – osserva Prete – perché la cordata che ha vinto la gara d’appalto, aveva sia la progettazione esecutiva che la costruzione».
Le decisioni
Intanto, è in arrivo l’ok del Consiglio superiore Lavori pubblici alla variante del piano regolatore portuale per consentire che l’area del terminal container possa essere usata anche come cantiere dell’offshore. Circa 500mila i metri quadrati messi a disposizione. «Il parere sarà positivo», annuncia Rosario Meo, comandante della Capitaneria di porto. In realtà, più che variante si tratta di un adeguamento tecnico-funzionale fatto proprio per l’eolico offshore. Mentre il 10 ottobre – rende noto Meo – ci sarà una riunione per la ridefinizione dei confini del Sin (Sito d’interesse nazionale) Taranto. Stanno per essere svincolate dal Sin, e quindi potranno essere utilizzate, una serie di aree a mare, ma anche particelle di aree a terra che, dalle verifiche fatte, non risultano più inquinate. Sul Sin Taranto, peraltro, Vannia Gava, vice ministro all’Ambiente, ha annunciato giorni fa all’evento per gli 80 anni di Confindustria Taranto che nel giro di un mese arriverà il decreto di riperimetrazione. E anche Vito Felice Uricchio, commissario di Governo per la bonifica, sottolinea che si sta lavorando per togliere dal Sin ciò che non risulta più ambientalmente compromesso perché nel frattempo bonificato o messo in sicurezza. La revisione del Sin avviene dopo molti anni. Ci sono ancora dei passaggi da fare, soprattutto per acquisire l’assenso dell’Ispra, ma l’approdo non dovrebbe essere lontano. Dal Sin, che si estende a mare per 73 chilometri quadrati e a terra per altri 44, dovrebbe uscire circa il 10 per cento delle aree.
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