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A Milano nasce Torre Seta, il progetto che dà nuova vita al grattacielo divorato dal fuoco #finsubito prestito immediato




Le porte del cantiere della Torre dei Moro sono state aperte al pubblico per un’occasione speciale. Oggi, in via Antonini, lì dove il 29 agosto 2021 un grattacielo ha preso fuoco irrimediabilmente, istituzioni, progettisti e tecnici hanno presentato la Torre Seta. Così, a distanza di tre anni, c’è un progetto definitivo e i lavori sono già iniziati. Seta, lo spiega l’architetto Marco Piva, non cancella la Torre Antonini. La ricostruisce, anche nel nome: SEmpre Torre Antonini. 

“Tutti noi vogliamo la verità sulle responsabilità e su quello che è successo”, ma oggi non parliamo di passato, spiega il sindaco di Milano Beppe Sala presente all’evento. Il primo cittadino ha sentito l’esigenza di ringraziare più volte i vigili del fuoco e il lavoro svolto quel giorno. Ma anche i condomini che si sono aiutati l’un l’altro, a partire da quegli attimi tragici in cui l’incendio è divampato, bussandosi alla porta vicendevolmente. E forse proprio questo gesto semplice ha evitato che il rogo di via Antonini si trasformasse in una carneficina. 

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Alla posa della prima pietra ha partecipato anche Agenore Maciocia, Ad di Imprecom (impresa appaltatrice) che ha evidenziato: “La ricostruzione della Torre Antonini non è un lavoro come gli altri, si tratta di ridare la casa a famiglie sfollate da oltre tre anni. Assumiamo quindi un impegno che non è soltanto edilizio ma anche sociale, che cercheremo di onorare al meglio”. Un lavoro, come definito dal governatore della Lombardia, Attilio Fontana, “simbolo di resilienza e innovazione”. 

Il progetto della Torre Seta

“Noi ci siamo trovati a metà tra lo sviluppo del progetto a livello amministrativo e i condomini. Il progetto è stato oggetto di una gara che siamo riusciti a vincere. Il concept è stato sintetizzato, è sempre Torre Antonini ma in una veste diversa”, esordisce l’architetto Marco Piva che ha raccontato il percorso fatto fin qui. “La prima cosa che ho fatto è stata venire qui e constatare la situazione: l’impatto è stato molto forte con appartamenti carbonizzati e altri che sembravano intatti. L’idea dell’abbandono repentino, con gli oggetti delle persone che abitavano lì”, spiega Piva.

Il primo passo è stato quello di comprendere cosa rimanesse di un edificio che apparentemente sembrava irrecuperabile. “Grazie a un materiale che rivestiva il palazzo, la struttura era rimasta salda sostenendo l’impatto del fuoco. Abbiamo cercato di capire cosa si potesse fare e cosa no. Abbiamo preferito esssere cauti realizzando un progetto che potesse rispondere a quello che esisteva già”, racconta l’architetto definendo i punti salienti della nuova Torre Seta. “Di questa architettura, che aveva una certa eleganza, abbiamo cercato di tenere l’elemento essenziale: le grandi finestre che si aprivano su Milano, mantenendo la capacità di vedere la città con un gesto archiettonico diverso, un abbraccio, un terrazzo che gira attorno all’edificio”, chiosa Piva disegnando con le mani il progetto che lui stesso, e il suo studio, ha realizzato. Una sorta di nastro, di qui anche il nome Seta.

Punto essenziale, la sicurezza. Ogni piano sarà autonomo senza alcun collegamento verticale e con materiale “assolutamente ignifughi e certificati”, ci tiene a precisare l’architetto Piva che conclude il suo intervento parlando di design per l’architettura “sviluppata con componenti parte di un disegno preciso”. 

Il progetto, oltre al rifacimento della facciata e delle balaustre del corpo torre e delle villette adiacenti, interviene per ripristinare, e migliorare, le aree verdi della corte interna, il fit-out degli appartamenti e l’atrio del palazzo gravemente danneggiati. Punto focale sarà l’alluminio, completamente riciclabile e che pertanto contribuirà a minimizzare l’impatto ambientale, garantendo maggiore sostenibilità anche sul lungo periodo. 

Sotto sfratto da tre anni

Intanto il processo prosegue, ma il rifacimento dell’edificio, sebbene segni l’inizio di una nuova vita per i condomini di via Antonini, riserva delle importanti complessità: “Siamo sotto sfratto da tre anni e stiamo sostenendo delle spese importanti e ne avremo altre perché una parte delle demolizioni è in carico a noi, e abbiamo le spese delle case in cui viviamo. In una situazione come questa le banche si permettono di prendersi mesi e mesi per rispondere. E questo è francamente imbarazzante”, afferma Mirko Berti, portavoce del Comitato degli inquilini.

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I problemi, ci tiene a sottolineare, sono ancora molti: “Stiamo pagando i mutui, che sono stati bloccati per un periodo ma per cui non c’è un blocco di default perché non c’è una norma quindi ogni anno dobbiamo far scrivere la lettera al prefetto”, precisa. Ma non finisce qui: “Queste banche avevano anche le polizze assicurative che sono corresponsabili della chiusura del sinistro, e chiaramente queste polizze sono basse dal punto di vista dei massimali, ed è questo il problema. Noi su questo non abbiamo risposte e non abbiamo chiesto di toglierci i debiti, abbiamo chiesto molto di meno”, conclude Berti. 

Il piano di rigenerazione del Comune

Il progetto di rigenerazione dei quartieri sud (foto Gulli:MilanoToday)

Accanto al progetto di rifacimento della Torre Antonini il Comune di Milano ha deciso di mettere a punto un lavoro parallelo di rigenerazione dell’area circostante. A spiegarlo è stato l’assessore alla Rigenerazione urbana, Giancarlo Tancredi, che ha presentato dapprima l’Atlante dei quartieri. Si tratta, spiega, di “un progetto che stiamo lanciando in questi giorni, molto ambizioso perché per la prima volta un piano di governo del territorio si occupa anche dei quartieri anche da un punto di vista delle regole”. 

Per la precisione tratterà l’area tra via Quaranta, via d’Agrate e via Antonini. “Una zona in cui stanno accadendo molte cose. Vorremmo realizzare un progetto pubblico che sia il riferimento per tanti progetti privati. Vorremmo riqualificare questo asse dove andare in bici e a piedi non è così confortevole. Mettere in sicurezza gli attraversamenti, aggiungere alberature, piste ciclabili, pedonalizzazioni. Tuttto quello che può essere utile a una città a misura d’uomo”, conclude Tancredi. 

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