Sono ben tredicimila nei primi dieci mesi dell’anno in corso, i reperti recuperati dal Nucleo Tutela del Patrimonio dei Carabinieri nell’area metropolitana di Napoli. Opere trafugate dai “tombaroli” e ritrovate grazie alla sinergia tra forze dell’ordine e magistratura. Un numero impressionante, che rende l’idea della portata dei saccheggi d’arte all’ombra del Vesuvio. A questi si accompagnano altri dati significativi, tutti emersi nel corso del convegno di ieri mattina nella Sala Filangieri dell’Archivio di Stato, organizzato da Officina Volturno e Informare, insieme all’Archivio di Stato e al Mic.
L’incontro
Il dibattito, “Scavi abusivi e opere d’arte trafugate: un patrimonio immenso sottratto alla collettività”, ha vantato un parterre di rilievo: Nunzio Fragliasso, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata, Massimo Osanna, direttore generale dei Musei del Mic, Massimo Esposito comandante del Nucleo Carabinieri tutela patrimonio culturale di Napoli, Francesco Sirano, direttore del Parco Archeologico di Ercolano e Candida Carrino, direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli. Tanti poi i giovani volontari di Officina Volturno. La filiera del saccheggio è stratificata, e spesso i “tombaroli” sono la punta di un iceberg gigantesco, che comprende collezionisti e addirittura musei esteri. Sinergia tra istituzioni e intelligenze artificiali: ecco i due metodi che hanno portato «al recupero negli ultimi 10 mesi di tredicimila beni archeologici – sottolinea il comandante Esposito – 520 opere intere, oltre diecimila tra frammenti e tessere e circa 3mila monete. Nel corso del 2023 furono recuperate circa 3mila opere».
Il trend dei recuperi, in altre parole, è in fortissima crescita, anche grazie alla tecnologia. «Abbiamo una banca dati delle opere d’arte illecitamente sottratte che ci invidiano in tutto il mondo, implementata di recente con l’intelligenza artificiale – prosegue il comandante. La Sezione Dati a Roma monitora Web, Dark e Deep Web, dove si trafficano armi, droga e opere d’arte. Sono migliaia i siti monitorati, e le immagini di ciò che è messo in vendita vengono comparate, cioè “matchate”, con la banca dati delle opere trafugate. Da qui può uscire il “positivo” che, fa scattare, con il puntuale coordinamento delle procure, perquisizione e sequestro». «Siamo riusciti a recuperare circa 500 documenti storici negli ultimi 4 anni – argomenta Carrino grazie alla collaborazione con il nucleo tutela».
Il carro
Ci sarebbe un’altra biga, nel vesuviano, nascosta da qualche parte. Un altro carro di epoca romana, dopo quello ritrovato nel ‘21. È il sospetto, «fondato», della magistratura. A dirlo è Fragliasso, che ci tiene a ribadire «l’importanza della sinergia tra istituzioni». Fu proprio Fragliasso uno degli artefici della celebre operazione, nel pompeiano, che portò al recupero di una inestimabile biga di bronzo nell’omonima villa saccheggiata dai “tombaroli”. «Il territorio in cui operiamo è una miniera d’arte a cielo aperto. Tantissimi siti sono oggetto di scavi archeologici abusivi. Uno di coloro che operavano a Civita Giuliana, oggi deceduto, in un’intervista alla Rai lamentava: “Tutti a casa, a Pompei, hanno uno scavo archeologico”. Un’iperbole, che ha però un fondo di verità. Voglio sottolineare che ho trovato una realtà operativa messa in piedi da chi mi ha preceduto, il procuratore Flippelli e Osanna: hanno avuto un’idea geniale, il primo esempio di archeologia giudiziaria. Un vero e proprio protocollo tra enti. Un modello che andrebbe esportato in tutto il Paese. Ne abbiamo infatti stipulato uno analogo con la Sovrintendenza di Napoli. Le attività proseguono, e abbiamo fondato motivo di ritenere, sulla base di notizie acquisite dai carabinieri e che arrivano anche da collaboratori di giustizia, che nel sito si trovi un altro carro. È in atto un censimento di siti di scavi abusivi, Ne abbiamo individuati 20, con 3 sequestri». Inestimabili le opere e anche i danni, economici e culturali.
Il danno
È proprio su questi aspetti che si sofferma Sirano: «Ricordo la rapina a mano a armata che portò a una serie di omicidi tra bande rivali che si contendevano le opere d’arte in partenza da Ercolano verso l’estero. A Caserta, dove ho lavorato a lungo, i casalesi gestivano parte del mercato clandestino delle opere archeologiche, attraverso il coinvolgimento degli operai edili. Le cose, però, stanno migliorando. A giugno, in tempo reale, abbiamo scoperto un graffitaro grazie alla videosorveglianza. Abitava in olanda ed era di origine portoghese. È stato denunciato. Le sottrazioni di repert ci sottraggono il patrimonio di informazioni connesso alla giacitura degli oggetti. Tolgono il passato e il futuro».
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