Sarebbe stata costretta per circa otto lunghi anni, ovvero dal 2016, a subire vessazioni, violenze fisiche e psicologiche dal marito e dal cognato che vivevano con lei.
È terminato da pochi giorni l’incubo di una giovane donna marocchina residente a Cirò Marina, nel crotonese, che ha trovato il coraggio di denunciare il tutto ai Carabinieri.
Le indagini, infatti, hanno consentito di ricostruire, con dovizia di particolari, le continue violenze che avrebbe subito sia durante che dopo la convivenza con l’ex marito ed il fratello di quest’ultimo.
La donna si era sposata in Marocco nel 2011, con l’intermediazione della sua famiglia di origine, e si era poi trasferita in Italia nel 2013 per seguire il coniuge.
Già madre di un bambino, ha condiviso la sua quotidianità anche con i fratelli del compagno, che abitavano nello stesso appartamento, secondo i militari venendo privata di qualsiasi forma di riservatezza e di libertà.
Per tutto questo tempo, la sensazione sarebbe stata quella di vivere in carcere: gli uomini di casa le avrebbero difatti impedito costantemente qualsiasi forma di movimento, la possibilità di acquistare indumenti e persino di avere un telefono cellulare che le permettesse di mantenere i contatti con la famiglia d’origine, costringendola a badare esclusivamente alle faccende di casa, permanendo in una forma di alienamento sociale.
A nulla sono servite le sue rimostranze per avere quel minimo di indipendenza personale. Ogni accenno ad una possibile ribellione della donna sarebbe stato immediatamente stroncato dal marito e dai uno dei suoi fratelli con ogni forma di violenza.
LA RABBIA PER UN LAVANDINO SPORCO
Numerosi gli episodi del genere e tutti costantemente ripetuti negli anni. Incinta della secondogenita sarebbe stata addirittura picchiata con un’asta per le tende solo per chiesto a suo cognato di bussare prima di entrare in casa, non volendo farsi notare in abiti considerati troppo succinti.
Al tentativo di far ragionare suo marito, che l’avrebbe minacciata costantemente di abbandonarla con tre figli, sarebbe stata ustionata con dell’acqua bollente.
Per aver richiesto invece l’acquisto di uno zaino scolastico per il primo genito, sarebbe stata percossa violentemente dal marito, per strada, fino a farla rovinare sul selciato.
Ma non finisce qui: nell’elenco dei soprusi quello scaturito dal fatto di non aver pulito per bene il lavandino di casa dal residuo di un frutto, che le sarebbe costato la rottura del setto nasale.
Sono questi solo alcuni degli episodi ricostruiti dai carabinieri e che non si sarebbero placati nemmeno dopo la separazione. Infatti, nonostante avesse trovato il coraggio di chiudere la relazione, abbandonando la casa familiare insieme ai tre figli, e di conoscere un nuovo compagno, l’ex, spalleggiato da uno dei fratelli, avrebbe continuato a perseguitarla e minacciarla coinvolgendo anche il figlio minore primogenito.
LA SPEDIZIONE PUNITIVA
Incrociata per strada sarebbe stata fatta oggetto di insulti di ogni genere, in arabo; stesso trattamento riservato anche al minore sia dal padre che dallo zio, sino ad arrivare alla notte del 3 agosto scorso quando i due avrebbero messo in atto una vera e propria spedizione punitiva nei confronti della donna e a casa sua.
In questa occasione i fratelli, riusciti ad entrare nell’appartamento, sempre alla presenza dei minorenni, avrebbero picchiato la vittima, danneggiato suppellettili dell’arredamento d’arredo e, prima di fuggire, portato via una collanina d’oro.
Provvidenziale sarebbe stato l’intervento del primogenito che, durante le violenze, sarebbe riuscito divincolarsi ed a contattare il 112 chiedendo l’intervento di una pattuglia dei Carabinieri.
È proprio questo l’evento che ha dato inizio alle indagini svolte dai militari di Cirò Marina, condotte sotto la direzione della Procura della Repubblica di Crotone, i cui esiti sono stati condivisi dal Giudice per le Indagini Preliminari e riversati in una apposita ordinanza di sottoposizione a misura cautelare che, nei giorni scorsi, ha permesso di trarre in arresto l’ex marito ed il fratello e di associarli alla Casa Circondariale del capoluogo pitagorico.
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