Essere insegnante oggi: una missione impossibile? Non proprio, ma quasi. Se lo chiedono molti docenti, alle prese con una realtà scolastica sempre più complessa e sfaccettata.
Paradossalmente, non è la tanto temuta indisciplina a turbare i sonni degli insegnanti, ma una serie di sfide più articolate e profonde. La classe, un tempo monocromatica, è oggi un caleidoscopio di provenienze, culture e bisogni educativi speciali. Un’eterogeneità preziosa, certo, ma che richiede un’attenzione personalizzata e un impegno costante da parte dei docenti, trasformandoli in veri e propri equilibristi della pedagogia.
E poi, il rapporto con le famiglie, un’altalena tra partecipazione e pretese, in un contesto sociale in cui la scuola è chiamata a farsi carico di responsabilità sempre più ampie, dalla salute mentale all’inclusione sociale. “Non siamo psicologi, né assistenti sociali”, protestano i docenti, oberati da una burocrazia asfissiante e da una mole di lavoro che spesso traborda oltre i confini dell’aula.
Alcuni insegnanti commentano sui social: “Non c’è progetto educativo che possa funzionare con più di 25 alunni, se vogliamo che sia universale. Gestire un gruppo così numeroso di adolescenti rappresenta un lavoro controproducente che a volte impedisce di progredire”
L’innovazione tecnologica, poi, è un’arma a doppio taglio: da un lato apre nuove frontiere didattiche, dall’altro rischia di diventare un elemento di distrazione e di creare nuove disuguaglianze.
La sfida, oggi, è rappresentata dalla crescente eterogeneità degli studenti e dalla necessità di fornire un’attenzione personalizzata a ciascuno, considerando le diverse esigenze educative speciali, i problemi di salute e le situazioni familiari. Insomma, la cattedra traballa, ma la passione e la dedizione degli insegnanti restano il pilastro su cui si regge il futuro delle nuove generazioni.
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