Nove milioni di euro tra beni immobili, conti correnti, contanti e gioielli resteranno allo Stato, sottratti ai patrimoni degli indagati nell’inchiesta della truffa con l’ecobonus che lo scorso 11 settembre portarono a quattro arresti (più sette indagati) da parte della Guardia di Finanza di Formia. La frode contestata per finti lavori di ristrutturazione, sui quali fu chiesto il bonus pubblico, era pari a 47 milioni di euro; il Tribunale del Riesame ha avallato larga parte dell’impianto accusatorio assicurando in questo modo il recupero dei nove milioni.
L’indagine intanto prende una piega che all’inizio non era del tutto prevedibile: quasi tutti gli indagati hanno scelto di collaborare con la Procura di Cassino, soprattutto al fine di attenuare le misure restrittive. Tutti, tranne uno, Aniello Ianniello, il ragioniere di Battipaglia considerato il perno attorno al quale ruotava tutto il sistema, amico di Giovanni Luglio, il costruttore che per primo ha alimentato le indagini, vista la sua pregressa condanna in un processo in cui era coimputato con Angelo Bardellino. Ianniello non ha fornito alcuna indicazione né tanto meno ha fatto ammissioni.
Le prove a suo carico sono plurime e pesanti, la più importante è una dichiarazione di suo cognato, il coindagato Amleto Fiammenghi, che, intercettato, attribuisce tutto al ragioniere, dall’idea di base relativa alla frode per arrivare alla individuazione di coloro che presentavano la domanda di accesso all’ecobonus, all’uso indebito delle credenziali per inserire le istanze nel cassetto dell’Agenzia Entrate. Gli uomini della Guardia di Finanza di Formia, coordinati dal colonnello Luigi Galluccio, hanno prodotto nelle informative alla Procura le prove dei passaggi di crediti fiscali ceduti da società amministrate da Inniello ad altre società sempre a lui riconducibili.
Due di questi passaggi erano stati ripresi integralmente dal gip nell’ordinanza di custodia cautelare. Aniello Ianniello risulta abbia ceduto, tramite la piattaforma Cessione Crediti, alla «Agr Consulting srl», sempre amministrata da Ianniello, crediti fiscali per un valore di un milione e settemila euro; e ancora: la «Doc Multiservice soc. Coop» di Ianniello ha ceduto crediti ad altre 9 società a lui riferibili per un valore complessivo di otto milioni e 400mila euro. Inoltre la ditta individuale «Ianniello Aniello» risulta essere cessionaria di plurimi crediti di imposta illeciti ricevuti da terzi senza alcuna causa sottostante giustificatrice della stessa operazione.
Ianniello viene definito negli atti il tesoriere del gruppo in quanto «aveva il compito di ‘retribuire’ i clienti compiacenti». Ed è probabilmente questa contestazione così pesante ad aver inciso sul suo diniego ad ogni collaborazione.
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