Il promotore finanziario Marco Savio, ovvero il fratello del pubblico ministero antimafia Paolo Savio che ora si trova alla Procura Nazionale Antimafia, è stato destinatario di una misura cautelare con l’accusa di truffa aggravata.
Bisognava passare da una società bresciana e per ottenere un prestito per Banca Progetto, finita nei giorni scorsi sotto amministrazione giudiziaria per aver “erogato finanziamenti assistiti da garanzia statale in favore di società pienamente inserite all’interno di dinamiche criminali”.
Ora la Guardia di Finanza di Brescia ha portato avanti un altro filone che si è concentrato sulla società bresciana: tre persone sono state destinatarie di misure cautelari con l‘accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, bancarotta, autoriciclaggio e false comunicazioni sociali. E ancora: sono stati sequestrati 6,7 milioni di euro e in queste ore sono state svolte perquisizioni proprio nella sede di Banca Progetto. Tra le persone destinatarie della misura c’è anche il promotore finanziario Marco Savio, ovvero il fratello del pubblico ministero antimafia Paolo Savio che ora si trova alla Procura Nazionale Antimafia. Ma come agiva questa società?
Che ruolo aveva Marco Savio
Marco Savio era un agente di Banca Progetto: era un promotore finanziario – quindi con partita Iva – che per lavorava in forma organizzata con la Marfin. O meglio, cercava di fare ottenere all’impresa beneficiaria un prestito da Banca Progetto utilizzando false informazioni. Dovrà ora infatti difendersi dall’accusa di truffa aggravata: insieme a lui hanno prestato aiuto anche altri due collaboratori, finiti anche loro destinatari della misura cautelare.
Nel dettaglio, Savio, con l’ausilio di un collaboratore e del rappresentante legale di una società, “avrebbe consentito a quest’ultima di beneficiare di tre prestiti assistiti – per la maggior parte – dal Fondo centrale di garanzia a favore delle P.M.I. del Mediocredito Centrale“, come spiega in una nota la Guardia di Finanza.
L’agente riusciva a ottenere finanziamenti producendo una falsa documentazione e alterando i bilanci della società richiedente. Una volta ottenuti i finanziamenti, questi in parte sarebbero stati trasferiti sui conti correnti dell’agente: tutto avveniva tramite bonifici giustificati da “operazioni commerciali non coerenti”, aggiungono le Fiamme Gialle. Che poi entrano nel dettaglio: “In particolare, lo stesso, sebbene formalmente estraneo alla direzione dell’azienda beneficiaria dei prestiti, ne avrebbe assunto sostanzialmente l’amministrazione e si sarebbe adoperato nella predisposizione di documentazione inattendibile (fatture, business plan, bilanci), allo scopo di mostrare una solidità finanziaria e patrimoniale“.
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