Recentemente, la Corte di Cassazione ha confermato, con un’importante pronuncia, che l’accertamento fiscale tramite redditometro può includere vari elementi indicativi di capacità contributiva, anche se non espressamente previsti dalle normative in vigore.
Questa ordinanza, che segue un orientamento già delineato in precedenza, offre nuovi spunti sull’uso del redditometro da parte dell’Agenzia delle Entrate, che, come stabilito, può considerare anche elementi come i canoni di leasing e altre spese che rappresentano indirettamente una capacità economica.
Cos’è il redditometro e come funziona
Il redditometro è uno strumento utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per stimare il reddito di un contribuente sulla base di indici specifici di spesa, che possono indicare una capacità contributiva superiore a quella dichiarata.
Il meccanismo si basa su una serie di indicatori di ricchezza e consumo – come la disponibilità di immobili, veicoli, spese per assicurazioni o collaboratori domestici – che forniscono un quadro del tenore di vita del contribuente. L’obiettivo principale è individuare situazioni di incongruenza tra quanto dichiarato e le spese effettive sostenute, che potrebbero rivelare un reddito non dichiarato in parte o totalmente.
L’ultima pronuncia della Cassazione
Con la recente Ordinanza n. 28110 del 31 ottobre 2024, la Cassazione ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate può utilizzare il redditometro per accertare il reddito presunto anche in presenza di beni e servizi non esplicitamente menzionati dal decreto ministeriale di riferimento. In questo caso specifico, l’Agenzia aveva effettuato un accertamento sintetico prendendo in considerazione diversi elementi che indicano capacità contributiva, come:
- La disponibilità di immobili (attenzione anche qui all’accertamento IMU);
- Premi assicurativi pagati;
- Contratti di leasing per quattro veicoli di grande cilindrata;
- La presenza di una collaboratrice domestica;
- Possesso di un motociclo;
- Spese per l’incremento patrimoniale.
La pronuncia ha accolto le ragioni dell’Agenzia delle Entrate, confermando la possibilità di ampliare la valutazione anche su aspetti non espressamente previsti dal DM 10 settembre 1992, come i 4 veicoli presi a leasing.
Secondo i giudici, infatti, l’Amministrazione può considerare anche altri elementi, come appunto i canoni di leasing, che rappresentano comunque un indice di capacità economica del contribuente.
Cosa cambia per i contribuenti
La pronuncia rappresenta un chiaro messaggio per i contribuenti. L’Agenzia delle Entrate può presumere il reddito complessivo netto di un soggetto non solo sulla base degli indicatori tradizionali di ricchezza e consumo specificamente individuati da provvedimento ministeriale. Ma può anche valutare una serie di spese non presenti nei decreti di riferimento.
Di fatto, questo significa che ogni tipo di consumo o investimento, come appunto i leasing di beni di valore, può essere preso in considerazione per stimare un’eventuale discrepanza tra il reddito dichiarato e le spese sostenute.
Per i contribuenti, dunque, è necessario prestare particolare attenzione nel fornire spiegazioni adeguate rispetto a certe spese. Possedere beni costosi o sostenere spese elevate per mantenere un tenore di vita sopra la media potrebbe esporre al rischio di un accertamento fiscale, se non giustificato da un reddito dichiarato adeguato.
Redditometro ad ampio raggio: un orientamento solo confermato
L’orientamento giuridico espresso con questa ordinanza è coerente con altre decisioni della Cassazione, come la n. 29750 del 2018 e la n. 15289 del 2015. In questi casi, la Corte aveva già affermato che l’Agenzia delle Entrate ha il diritto di valutare spese e acquisti di rilievo patrimoniale, come l’acquisto di un’azienda, per presumere la reale capacità contributiva. Questo approccio mira a rendere il sistema fiscale più equo, permettendo di individuare redditi sommersi e rafforzando la lotta all’evasione fiscale.
Queste decisioni sono state fondamentali per consolidare l’idea che l’accertamento sintetico non debba limitarsi rigidamente a determinati indici, ma possa includere una serie di elementi che indicano indirettamente il reale tenore di vita di un contribuente.
L’ultima ordinanza in ordine di tempo ora offre all’Agenzia delle Entrate un margine più ampio nell’applicazione del redditometro. Oltre a rafforzare il potere dell’Agenzia di indagare su eventuali discrepanze tra reddito e consumi, rappresenta anche un avviso ai contribuenti sulla necessità di una corrispondenza tra il reddito dichiarato e il proprio tenore di vita.
L’ampliamento dei parametri considerati indica che anche altre spese di consumo o investimento, se significative, possono portare a un accertamento fiscale. Pertanto, la gestione della propria capacità contributiva, intesa come capacità di sostenere certe spese, diventa fondamentale per evitare di incorrere in accertamenti fiscali.
Riassumendo
- Redditometro: strumento per rilevare discrepanze tra reddito dichiarato e capacità contributiva effettiva.
- L’Agenzia delle Entrate può considerare spese non elencate nei decreti per l’accertamento.
- La Cassazione conferma l’uso del redditometro per stimare il reddito anche con canoni di leasing.
- L’ultima ordinanza segue precedenti decisioni che supportano l’uso esteso del redditometro.
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