Ufficialmente doveva essere solo il prolungamento serale della riunione dell’esecutivo sullo stato dell’economia iniziata in tarda mattinata fra i più larghi sorrisi dei ministri. Invece si è trasformata nella resa dei conti finale nella coalizione Semaforo che di fatto non esiste più dopo la clamorosa decisione del cancelliere Olaf Scholz comunicata in diretta televisiva a reti unificate a milioni di tedeschi poco dopo le 21.30.
«HO APPENA SOLLEVATO dall’incarico il ministro delle Finanze, Christian Lindner, per incompatibilità della sua visione rispetto a quella del resto del governo» scandisce il leader socialdemocratico con voce ferma, lo sguardo scuro esattamente come la giacca e cravatta. Al Semaforo di Berlino è scattato così lo stop al ministro e segretario del partito liberale, pronto a scaricare sul Paese il piano lacrime e sangue bastato unicamente sull’austerity finanziaria, lo smantellamento del welfare e la fine della svolta ecologica.
E la dichiarazione del leader della Spd significa di fatto fine del governo Scholz, anche se formalmente resta in piedi perché in Germania vige la sfiducia costruttiva e al momento non c’è una maggioranza alternativa già pronta al Bundestag da presentare al presidente della Repubblica. Ad ammetterlo è lo stesso cancelliere pronto a «chiedere il voto di fiducia a gennaio», la data sarebbe il 15, e in caso di insuccesso a dare il via libera alle elezioni anticipate al massimo entro la fine di marzo. Una vera e propria implosione interna nel primo governo dell’Europa, caduto – in buona sostanza – sul documento di programmazione economico-finanziaria di 18 pagine presentato da Lindner la settimana scorsa, respinto subito con forza da Spd e Verdi.
DOPO IL NEIN al Bundestag il cancelliere aveva convocato d’urgenza tre vertici con Lindner e il ministro dell’Economia, Robert Habeck, co-leader dei Verdi e vicecancelliere. Nulla da fare: invece di diminuire, la distanza fra gli ex partner della coalizione Semaforo è aumentata fino a sancire la separazione definitiva.
Non è ancora chiaro se il ritiro dall’alleanza riguarda solo Lindner oppure anche gli altri ministri del partito liberale, come il ministro della Giustizia, Marco Buchmann; ma appare certo che senza il leader di Fdp non potranno in alcun modo restare alla guida dei loro dicasteri.
IL LORO PASSO INDIETRO dovrebbe essere già annunciato domani in conferenza stampa, mentre dalle 22.30 di ieri nel quartiere generale Spd, ai piani alti della Willy Brandt Haus, era in corso la riunione semi-permanente fra i vertici del partito per definire il patch della crisi di governo aperta da Scholz e Lindner e la riassegnazione delle deleghe in una coalizione diminuita di ben un terzo.
Certo era tutto previsto dalle ripetute liti fra Spd e Verdi da una parte e liberali dall’altra praticamente su tutti i punti del programma concordato a inizio legislatura. Nessuno però si aspettava che il crollo potesse manifestarsi all’improvviso nel corso di un incontro in cui era stato previsto di parlare del rilancio del made in Germany.
«Il ministro Lindner ha tradito la mia fiducia troppo spesso. Come responsabile delle Finanze, non ha mostrato alcuna volontà di rispondere alle proposte per il bene del nostro Paese. Era solo interessato alla politica clientelare e alla sopravvivenza a breve termine del suo partito, un egoismo incomprensibile; e io non voglio più sottoporre la Germania a questo comportamento. Avrei preferito risparmiare ai tedeschi la decisione in questi in tempi difficili ma la situazione lo impone».
INFINE IL CANCELLIERE dettaglia la sua road map per marcare ancora più la distanza con Fdp. «Con il vice cancelliere Robert Habeck concordiamo che la Germania ha bisogno di chiarezza sul suo futuro corso politico in tempi brevissimi. Nelle settimane che ci separano da Natale metterò ai voti tutte le leggi che non possono essere rimandate» promette il leader Spd. Tradotto, vuol dire mettere mano alle pensioni e misure immediate a fondo perduto per l’industria, ovvero fumo negli occhi per l’austerity di Lindner. A cui Scholz già prova a togliere il terreno politico da sotto i piedi.
Se Lindner sta investendo nell’exit di Fdp dalla colazione Semaforo per presentarsi come alleato di minoranza per la Cdu nel 2025 (ammesso che superi la soglia di sbarramento del 5% al Bundestag), Scholz di contro si dichiara pronto al faccia a faccia con il leader della Cdu Friedrich Merz, capo dell’opposizione. «Cercherò il dialogo con lui quanto prima e gli proporrò una cooperazione costruttiva».
Partendo certamente dall’Ucraina non a caso citata – sul punto Lindner chiede di limitare l’impegno a favore di Kiev anche nei confronti dei rifugiati – alla fine del suo discorso sul licenziamento dell’ex partner di governo, il cancelliere conclude: « Il ministro delle Finanze ha proposto di ridurre le tasse ai ceti alti. Tuttavia i tributi servono per pagare le riforme sociali, attuare la digitalizzazione e la transizione ecologica. Oltre che ad aiutare l’Ucraina».
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