Ai Comuni il Rapporto sulle Istituzioni Pubbliche 2024 pubblicato da Istat dedica uno specifico paragrafo relativo ai Servizi sociali.
La gestione comunale degli interventi e dei servizi sociali ha lo scopo di tutelare i cittadini rispetto a una serie di rischi o bisogni di varia natura: invalidità, vecchiaia, necessità legate alla crescita dei figli, povertà ed esclusione sociale.
La quota più ampia della spesa (36,9%) è rivolta a famiglie e minori, cui seguono quelle per le persone disabili (25,0%) e per gli anziani (15,9%). Le risorse rimanenti riguardano l’area della povertà e del disagio per gli adulti (12,2%), i servizi per gli immigrati (4,3%) e in minima parte le dipendenze da alcol e droga (0,3%), mentre il 5,4% è assorbito dalle attività generali e dalla multiutenza (sportelli tematici, segretariato sociale).
Tra il 2003 e il 2020, le risorse impegnate complessivamente hanno avuto un andamento crescente, salvo il declino registrato nel triennio 2011-2013. L’incremento più consistente si registra per la spesa rivolta ai disabili, che a partire dal 2009 ha superato l’ammontare delle risorse dedicate agli anziani, con interventi e servizi più rilevanti in termini di spesa negli ambiti educativo-assistenziali e per l’inserimento lavorativo. I Comuni, inoltre, si occupano della gestione delle strutture residenziali (o di integrare le rette nelle strutture private) e dei centri diurni. Tra i servizi per i disabili, risulta progressivamente in aumento l’assistenza domiciliare.
Le spese per l’assistenza agli anziani sono in calo dal 2011, nonostante l’incremento continuo della popolazione di riferimento. In termini pro-capite, le risorse impiegate dai Comuni sono passate da 122 euro annui nel 2010 (per residente di 65 anni e oltre) a 90 euro nel 2020. In quest’area di utenza, le voci di spesa più significative (41%) riguardano l’accoglienza nelle strutture residenziali, l’assistenza domiciliare (35,9%) e i trasferimenti in denaro di varia natura: contributi per l’assistenza alla persona, a integrazione al reddito, ecc. (14,1%).
Di minore entità le spese per le altre aree di utenza. Nel 2020 si è registrato un incremento anomalo per gli ambiti legati alla povertà e al disagio degli adulti, a causa dei contributi erogati dai Comuni per contrastare l’emergenza alimentare dovuta al Covid-19 (buoni spesa), oggetto di finanziamenti straordinari. Nel 2020 la spesa sociale dei Comuni, al netto del contributo degli utenti e del servizio sanitario nazionale, ammontava a 7,8 miliardi di euro (pari allo 0,47% del Pil), con una distribuzione molto eterogenea sul territorio. Infatti, a fronte di una spesa media pro-capite di 132 euro annui a livello nazionale, i comuni con oltre 50.000 abitanti spendono mediamente 173 euro, quelli sotto i 10.000 abitanti 108 euro. Nel Mezzogiorno il divario tra classi di ampiezza dei comuni è meno accentuato, ma la spesa dei comuni più grandi (104 euro) è mediamente inferiore a quella dei più piccoli dell’Italia settentrionale (127 euro).
Alcune regioni o province autonome integrano l’offerta comunale di interventi e servizi sociali con attività assistenziali rivolte direttamente ai cittadini. Sommando la spesa gestita dai comuni singoli o associati a quella gestita dalle regioni, il quadro delle disuguaglianze non cambia: la spesa pro-capite varia da 28 euro in Calabria ai 584 nella provincia autonoma di Bolzano.
Sul Rapporto Istat vedi anche Nei Comuni poco turnover e personale anziano.
(SM)
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