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La crisi nera della Conbipel, i sindacati: “Chiuderanno 50 negozi” #finsubito prestito immediato


Conbipel è nuovamente in grave difficoltà. A due anni dal passaggio alla Btx Italian Retail and Brand – società che vede in maggioranza la Eapparels Ltd controllata dalla private equity di Singapore Grow Capital Global Holdings e l’Agenzia di Stato Invitalia con il 49% delle azioni – lo storico marchio di Cocconato ha ottenuto dal Tribunale di Asti l’avvio della procedura di «composizione negoziata di crisi». La situazione debitoria è pesante e il piano di ristrutturazione prospettato dall’azienda preoccupa fortemente i sindacati che hanno chiesto l’intervento urgente del Ministero delle imprese e del made in italy.

La chiusura dei punti vendita

«Si prevede la chiusura di 50 punti vendita entro il 2025 – spiega il segretario provinciale della Uiltucs, Francesco Di Martino – e per la sede centrale di Cocconato è stata evidenziata la necessità di ricorrere alla cassa integrazione guadagni straordinaria, che coinvolgerà un numero significativo di dipendenti, a seguito della contrazione della rete di vendita. Siamo molto preoccupati per il destino di circa 400 dipendenti coinvolti, nonché per il clima di incertezza lavorativa che pesa su di loro. È una situazione paradossale perché si sta disegnando lo spezzatino del Gruppo che non volevamo dall’inizio». I dati sono emersi durante gli incontri che si sono susseguiti in queste settimane negli uffici del Mimit con i rappresentanti dell’azienda, i sindacati e il team guidato dall’esperta Patrizia Riva, incaricata dal Tribunale di seguire la procedura.

La ricerca di nuovi investitori

L’obiettivo è scongiurare la chiusura dell’azienda grazie a un percorso che, da una parte, faciliti la ricerca di nuovi investitori interessati a rilanciare l’azienda e, dall’altra, agevoli l’attuale proprietà nelle delicate trattative con i creditori.

La partita in gioco è complessa e le ipotesi di ristrutturazione prospettate dalla Btx a inizio settimana, nell’ultimo tavolo di trattativa, hanno ulteriormente messo in allarme vertici delle organizzazioni sindacali: «L’unica preoccupazione aziendale è quella di vendere la società al miglior offerente, tralasciando completamente il mantenimento del perimetro occupazionale – denunciano Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs – da oltre 2 anni circa 1300 tra lavoratrici e lavoratori sono gestiti da una azienda che non li mette nelle condizioni di partecipare attivamente all’impresa, sbagliando ripetutamente gli investimenti. Questo non è più accettabile».

Il piano di rilancio

Il punto di maggiore criticità per i rappresentanti dei lavoratori è la mancanza di un piano di rilancio. «Non accetteremo una manovra “lacrime e sangue” nuovamente a spese dei lavoratori che da troppo tempo vivono un clima di incertezza, prima con l’amministrazione straordinaria, poi in questi due anni con le mancate promesse di rilancio e ora con la previsione di nuovi sacrifici – precisa Mario Galati della Filcams – c’è già una lista con 17 chiusure di negozi e altre annunciate nel 2025, che avranno inevitabili conseguenze sulla sede centrale. È una palese violazione degli impegni assunti di fronte al Ministero e un tradimento delle legittime aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori». Nelle trattative in corso sarebbero emerse alcune proposte di possibili investitori: due offerte avrebbero maggior rilievo ma non sarebbero ancora vincolanti.

Nel quadro di incertezza è saltato l’incontro che si sarebbe dovuto tenere lunedì a Milano tra Btx e le organizzazioni sindacali: «Vogliamo al tavolo ministeriale partecipino anche i possibili investitori», chiedono Filcams, Fisascat e Uiltucs. La situazione tiene con il fiato sospeso anche i 54 dipendenti del magazzino specializzato che, esattamente un anno fa, Btx ha ceduto a DHL Supply Chain Italia. L’operazione aveva l’obiettivo dichiarato di voler ampliare e ottimizzare le attività di logistica anche a favore di altri brand. I sindacati, all’epoca perplessi sulla vendita, temono ora ripercussioni anche su questo fronte.

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