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Cosa rischia chi accede a un computer con la password di un altro? #finsubito prestito immediato


La Cassazione ha stabilito che entrare in un database, una mail o in un software con le credenziali di un altro utente, anche se collega di lavoro, costituisce reato.

La Cassazione ha recentemente affrontato un caso che riguarda l’accesso abusivo a sistemi informatici aziendali. La sentenza in questione chiarisce cosa rischia chi accede a un computer con la password di un altro.

La questione è abbastanza delicata perché, come si avrà modo di vedere a breve, non riguarda solo il classico caso dell’hacker che riesce a carpire le credenziali di accesso all’altrui home banking, al profilo social o all’account email ma anche chiunque altro ne sia in possesso, per aver avuto tale informazione dal diretto interessato e ne abbia fatto successivo uso senza ottenere un secondo e autonomo permesso.

Si pensi al caso della moglie che chieda al marito di ripulirle la casella di posta elettronica e, a tal fine, gli dà la password. Dopo qualche mese però l’uomo, sospettando un tradimento, rientra nella casella della donna che, in questo caso, non ne sa nulla. Il comportamento in questione può costituire un reato?

Il caso

Un dipendente di una società, con un ruolo di responsabile, aveva chiesto a una collega a lui sottoposta le sue credenziali di accesso al sistema informatico aziendale per consultare una banca dati riservata. L’uomo aveva poi utilizzato le informazioni così acquisite per scopi che andavano oltre le sue mansioni e il mandato ricevuto.

La Cassazione ha condannato l’uomo per accesso abusivo a sistema informatico, ribadendo che il reato si configura ogni volta che qualcuno accede a un sistema protetto da password senza averne diritto.

Accesso abusivo a sistema informatico: quando scatta?

La Corte ha sottolineato che:

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  • entrare in una piattaforma, un database o qualsiasi altro account con le credenziali di accesso di un’altra persona, senza l’autorizzazione di quest’ultima e, nel caso di lavoratori dipendenti, del datore di lavoro, integra reato;
  • non conta il fatto che si sia ricevuto, in precedenza, l’autorizzazione ad entrare nello stesso sistema informatico: ogni accesso deve ricevere un autonomo “nulla osta”;
  • nel caso dei lavoratori, ogni dipendente ha le proprie credenziali: l’azienda, proteggendo i dati con password individuali, dimostra la volontà di limitare l’accesso ai soli dipendenti autorizzati;
  • il ruolo gerarchico del dirigente non autorizza l’accesso: essere un superiore non dà automaticamente il diritto di consultare dati riservati solo ad altri dipendenti;
  • il reato si configura a prescindere dal movente ossia dalle motivazioni che hanno spinto il reo ad accedere abusivamente al sistema altrui.



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