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Banca d’Italia – Pubblicazione ERIT – L’Economia delle Regioni Italiane #finsubito prestito immediato


(AGENPARL) – Roma, 6 Novembre 2024

(AGENPARL) – mer 06 novembre 2024 Economie regionali
L’economia delle regioni italiane
novembre 2024
Dinamiche recenti e aspetti strutturali
Economie regionali
L’economia delle regioni italiane
Dinamiche recenti e aspetti strutturali
Numero 22 – novembre 2024
La collana Economie regionali ha la finalità di presentare studi e documentazione
sugli aspetti territoriali dell’economia italiana. Comprende i rapporti annuali
regionali e gli aggiornamenti congiunturali; include inoltre la pubblicazione
annuale L’economia delle regioni italiane. Dinamiche recenti e aspetti strutturali
e quella semestrale La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale.
Comitato di redazione
Andrea Colabella e Sara Formai (coordinamento), Matteo Alpino, Gaetano Basso, Francesco David, Cristina Demma, Iconio Garrì, Elena
Gentili, Giorgio Ivaldi, Elena Lazzaro, Marco Manile, Giovanna Messina, Stefania Romano, Laura Sigalotti
Daniela Falcone e Silvia Mussolin (aspetti editoriali), Ivan Triglia, Anna Verrengia e Stefano Vicarelli (aspetti grafici)
Riquadri: Luciana Aimone Gigio, Demetrio Alampi, Sabino Aquino, Davide Arnaudo, Valentino Bado, Andrea Benecchi, Andrea Cintolesi,
Edoardo Frattola, Marco Gallo, Elena Gentili, Mariano Graziano, Enza Maltese, Francesco Manaresi, Daniel Mele, Andrea Orame, Patrizia
Passiglia, Massimiliano Rigon, Stefano Rosignoli, Gabriele Rovigatti, Emanuele Russo, Matteo Sartori, Elisa Scarinzi, Elena Sceresini,
Andrea Venturini, Antonio Veronico
© Banca d’Italia, 2024
Indirizzo
Via Nazionale, 91 – 00184 Roma – Italia
Telefono
Sito internet
http://www.bancaditalia.it
ISSN 2283-9615 (stampa)
ISSN 2283-9933 (online)
Tutti i diritti riservati. È consentita la riproduzione a fini didattici e non commerciali, a condizione che venga citata la fonte
Aggiornato con i dati disponibili al 26 ottobre 2024, salvo diversa indicazione
Grafica e stampa a cura della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia
INDICE
1. Il quadro di insieme
Riquadro: Andamento demografico delle macroaree e contributo
alla crescita economica
2. Le imprese
L’andamento dell’attività
Riquadro: Le imprese ad alta crescita
La domanda estera
Riquadro: Il ruolo delle multinazionali nelle economie delle macroaree
La redditività e l’indebitamento delle imprese
Riquadro: L’onerosità del debito bancario delle imprese
3. Le famiglie
Il reddito, la povertà e i consumi
Riquadro: Le soglie di povertà assoluta
La ricchezza delle famiglie
Riquadro: Le scelte finanziarie delle famiglie più anziane
L’indebitamento delle famiglie
4. Il mercato del lavoro
L’occupazione e le ore lavorate
Riquadro: Il contributo di nativi e stranieri alla crescita dell’occupazione
L’offerta di lavoro e la disoccupazione
Le retribuzioni
5. Le politiche pubbliche
I conti delle Amministrazioni locali
Riquadro: La legge quadro sull’autonomia differenziata
Riquadro: Il fabbisogno atteso di personale sanitario
Riquadro: Gli appalti e l’attivazione dei cantieri nell’ambito del PNRR
Riquadro: Il grado di digitalizzazione dei Comuni
Le politiche di coesione
Le banche
La struttura dell’industria bancaria
I finanziamenti e la qualità del credito
Riquadro: L’andamento della domanda e dell’offerta di credito
APPENDICE STATISTICA
AVVERTENZE
Le elaborazioni, salvo diversa indicazione, sono eseguite dalla Banca d’Italia; per i dati dell’Istituto si omette l’indicazione
della fonte.
Eventuali differenze rispetto a dati pubblicati in precedenza di fonte segnalazioni di vigilanza, AnaCredit, Centrale dei
rischi e Rilevazione analitica dei tassi di interesse attivi sono riconducibili, se non indicato diversamente, a rettifiche di
segnalazione da parte degli intermediari.
Segni convenzionali:
il fenomeno non esiste;
….
il fenomeno esiste ma i dati non si conoscono;
i dati non raggiungono la cifra significativa dell’ordine minimo considerato;
i dati sono statisticamente non significativi.
Nelle figure con differenti scale di destra e di sinistra viene richiamata in nota la sola scala di destra.
Per la denominazione dei paesi indicati in sigla all’interno della pubblicazione, cfr. il Manuale interistituzionale di
1. IL QUADRO DI INSIEME
Nel periodo successivo alla
pandemia l’economia italiana ha
registrato tassi di crescita medi
superiori alle principali economie
dell’area dell’euro; sulla base dei conti
territoriali, non ancora aggiornati con
la recente revisione dei Conti economici
nazionali1, la ripresa post-pandemica
ha coinvolto tutti i territori, in misura
maggiore le regioni del Nord e minore
quelle del Centro (fig. 1.1 e tav. a1.1).
In contrasto con quanto avvenuto
nelle passate crisi, nel Mezzogiorno il
prodotto e l’occupazione sono cresciuti
più della media nazionale. È un
elemento di novità importante, anche
se potrebbe in parte riflettere fattori di
natura temporanea, data la particolare
rilevanza per l’economia meridionale
degli ampi interventi pubblici adottati
in risposta agli shock globali.
Figura 1.1
Andamento del PIL (1)
(numeri indice: 2019=100)
Nord Ovest (2)
Nord Est (2)
Sud e Isole (2)
Italia
Centro (2)
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Conti economici nazionali, Conti
economici territoriali e Stima preliminare del PIL e dell’occupazione
territoriale. Anno 2023.
(1) Valori concatenati; anno di riferimento 2015. I dati non incorporano
le revisioni dei Conti nazionali diffusi dall’Istat a settembre 2024. –
(2) I dati fino al 2022 sono ribasati con il tasso di crescita per l’Italia
come da revisione del PIL di marzo 2024.
Per favorire la riduzione strutturale del divario di sviluppo del Mezzogiorno
è necessario dare continuità alla ripresa in atto attraverso politiche che facciano
leva sugli investimenti e sulla qualità delle istituzioni e dell’azione pubblica, con
l’obiettivo di innalzare la capacità produttiva dell’economia meridionale2.
Lo scorso anno, dopo la robusta ripresa del biennio 2021-22, l’attività è cresciuta
solo di poco in tutte le macroaree (tav. a1.1), rispecchiando la debolezza della domanda
mondiale e le condizioni monetarie più restrittive. L’incremento è stato più accentuato
nel Mezzogiorno, per effetto di una maggiore espansione dell’attività nei comparti delle
costruzioni e del terziario e di una minore contrazione dell’industria. Le esportazioni
reali sono aumentate nel Sud e nelle Isole, in contrasto con la riduzione registrata nel
Centro Nord. Le misure di spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e
gli incentivi per la riqualificazione del patrimonio immobiliare hanno continuato a
sostenere il settore dell’edilizia, che è risultato quello a più alta crescita nell’intero Paese.
Secondo l’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) elaborato dalla
Banca d’Italia, nella prima metà del 2024 il rialzo del PIL, leggermente più marcato
Le revisioni dei conti nazionali diffusi dall’Istat a settembre del 2024 (cfr. Istat, Anni 1995-2023. Conti
economici nazionali. Prodotto interno lordo e indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, Statistiche
flash, 23 settembre 2024) sono riportate in appendice nella tavola a1.1.
Eppur si muove: l’economia del Mezzogiorno dopo la crisi, intervento del Governatore della Banca d’Italia
F. Panetta al convegno In viaggio con la Banca d’Italia. Il polso dell’economia; il Mezzogiorno, Catania, 19
settembre 2024.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
nelle regioni meridionali, si è mantenuto modesto in ogni ripartizione (fig. 1.2); ha
risentito ancora della fragilità della domanda interna e di quella estera. Nei prossimi anni
l’espansione dell’attività sarà influenzata significativamente dall’evoluzione demografica
(cfr. il riquadro: Andamento demografico delle macroaree e contributo alla crescita economica).
Figura 1.2
Andamento dell’attività economica nelle macroaree (1)
(variazioni percentuali sul periodo corrispondente)
(a) Nord Ovest
(b) Nord Est
1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2°
1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2°
(c) Centro
(d) Sud e Isole
1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2°
ITER (variazioni trimestrali)
1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2°
Istat (variazioni annuali)
Fonte: elaborazioni su dati INPS, Istat, Banca d’Italia, Terna, Infocamere, Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle Entrate.
(1) Valori concatenati. Le stime di ITER fino al 2023 sono coerenti, nell’aggregato dei 4 trimestri, con i dati del PIL territoriale dell’Istat; il dato
del PIL territoriale del 2023 si riferisce alla stima preliminare di giugno 2024. Le stime di ITER dei primi 2 trimestri del 2024 sono coerenti,
nell’aggregato delle 4 macroaree, con la dinamica del PIL trimestrale nazionale (edizione di ottobre 2024).
ANDAMENTO DEMOGRAFICO DELLE MACROAREE E CONTRIBUTO ALLA CRESCITA ECONOMICA
Il calo e l’invecchiamento della popolazione, già in atto per la maggior parte delle
regioni italiane dalla prima metà dello scorso decennio, continueranno a interessare
il Paese nei prossimi anni, influenzandone le prospettive di crescita economica.
La popolazione residente in Italia è aumentata fino a raggiungere un massimo
storico di 60,3 milioni nel 2014 (tav. a1.2), per poi ridursi del 2,1 per cento
negli anni successivi, tornando pressoché ai livelli del 2007: all’inizio del 2024 i
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
residenti nel nostro paese erano 59,0 milioni, di cui il 46,6 per cento nel Nord,
il 19,9 al Centro e il 33,5 nel Mezzogiorno. Alla diminuzione ha contribuito, in
tutte le ripartizioni, il peggioramento sia del saldo naturale sia di quello migratorio,
quest’ultimo in forte riduzione soprattutto al Centro (figura, pannello a). Dal
2014 in ogni macroarea l’andamento della popolazione è risultato meno favorevole
di quello delle aree europee con analoga struttura economica e dimensione
demografica1.
Figura
Popolazione e PIL pro capite (1)
(a) popolazione (2)
(medie annuali; saldi per mille abitanti e contributi)
(b) PIL pro capite
(medie annuali; variazioni percentuali e contributi)
Centro
Sud e Isole
Centro
Sud e Isole
saldo migratorio
estero
saldo migratorio
interno
saldo totale
aree europee simili
dividendo demografico (4)
tasso di
occupazione (5)
saldo naturale
altri fattori (3)
saldo totale
produttività del lavoro
residuo
Fonte: elaborazioni su dati Istat (Conti economici nazionali e portale Demo: demografia in cifre) per le aree italiane ed Eurostat per
gli altri paesi europei; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Determinanti e previsioni
dell’andamento demografico nelle macroaree.
(1) Il confronto tra le aree europee si basa su analogie tra macroregioni (per le quali la maggior parte dei dati sulla popolazione è
disponibile dal 2007) in termini di popolazione, PIL pro capite e quota del valore aggiunto dell’industria in senso stretto. – (2) Dati
italiani provvisori per il 2023, dati europei disponibili fino al 2022. – (3) La voce “altri fattori” comprende il saldo per rettifiche anagrafiche
(rettifiche post-censuarie, cancellazioni per irreperibilità o per scadenza del permesso di soggiorno e iscrizioni per ricomparsa) e gli
aggiustamenti statistici. – (4) Quota della popolazione tra 15 e 64 anni. – (5) Per ottenere gli occupati tra 15 e 64 anni i dati dei conti
nazionali sono stati ripartiti utilizzando le quote derivate dalla Rilevazione sulle forze di lavoro.
La dinamica e la composizione della popolazione concorrono a determinare
gli andamenti dell’attività economica. Il tasso di crescita del PIL per abitante può
essere infatti scomposto nella somma dei tassi di crescita della produttività del
lavoro (misurata dal PIL per occupato), del rapporto tra occupati e popolazione in
età da lavoro (tasso di occupazione) e della quota di popolazione in età da lavoro
(15-64 anni; dividendo demografico2). Nel periodo 2007-13, in concomitanza con
la crisi finanziaria e quella dei debiti sovrani, in tutte le macroaree si è registrato un
Per approfondimenti, cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce
Determinanti e previsioni dell’andamento demografico nelle macroaree.
Il dividendo demografico rappresenta il contributo all’incremento del PIL pro capite dato dal tasso di
crescita della quota di popolazione in età da lavoro. Per maggiori dettagli, cfr. F. Barbiellini Amidei,
M. Gomellini e P. Piselli, Il contributo della demografia alla crescita economica: duecento anni di “storia”
italiana, Questioni di economia e finanza, 431, 2018.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
calo del PIL pro capite maggiore della media delle aree europee prese a confronto;
la ripresa osservata dal 2014 è inoltre risultata di minore intensità, soprattutto nel
Sud (figura, pannello b e tav. a1.3). Nel Nord e al Centro il maggiore contributo al
calo è provenuto dalla riduzione della produttività, al Sud dalla flessione del tasso di
occupazione. La successiva ripresa è stata trainata in ogni ripartizione dal recupero
dell’occupazione. Dato il progressivo invecchiamento della popolazione, l’apporto
del dividendo demografico è stato costantemente negativo nell’intero periodo su
tutto il territorio nazionale, in linea con quanto riscontrato nelle aree europee di
confronto.
Lo scenario mediano delle previsioni demografiche dell’Istat prospetta un forte
peggioramento del contributo del dividendo demografico alla crescita economica.
Tra il 2023 e il 2043 in Italia la popolazione residente si contrarrebbe del 4,3 per
cento, riflettendo una lieve crescita nel Nord (0,9 per cento), più che compensata
da un ampio calo al Centro e, in particolare, nel Mezzogiorno (rispettivamente del
3,6 e dell’11,9 per cento). Il calo sarà ancora più marcato per la popolazione in età
da lavoro: il numero delle persone tra 15 e 64 anni diminuirebbe in media di oltre il
16 per cento, con andamenti differenziati fra le diverse macroaree: -11 per cento nel
Nord, -16 al Centro e -24 nel Mezzogiorno.
La ricomposizione per fasce di età avrà un forte impatto sulle forze di lavoro.
Ipotizzando che i tassi di attività si mantengano ai livelli correnti3 e includendo anche
la popolazione residente tra 65 e 74 anni, fra il 2023 e il 2043 le forze di lavoro si
contrarrebbero del 14,9 per cento (3,8 milioni di unità), con un calo più intenso nel
Mezzogiorno (22,6 per cento, 1,7 milioni) rispetto al Centro (14,0 per cento, 0,8
milioni) e al Nord (9,5 per cento, 1,2 milioni). L’offerta di lavoro potrebbe essere
sostenuta da un aumento della partecipazione, in particolare femminile, ancora
nettamente inferiore alla media europea. Se il tasso di partecipazione maschile
restasse invariato, per mantenere il numero di attivi del 2023, nel Nord si dovrebbe
azzerare il differenziale di partecipazione tra uomini e donne (13,3 punti percentuali
nel 2023); al Centro e nel Sud e nelle Isole, anche con questo azzeramento del
differenziale (rispettivamente 14,2 e 23,9 punti), le forze di lavoro si ridurrebbero,
sebbene molto meno che nello scenario base (3,6 per cento al Centro e 2,7 nel
Mezzogiorno).
Per un esercizio analogo sull’occupazione, cfr. Considerazioni finali del Governatore sul 2023, Roma, 31
maggio 2024.
Le imprese prefigurano un indebolimento nella dinamica degli investimenti in
tutte le macroaree. La liquidità delle aziende è ancora salita, sospinta dall’incremento
di depositi e titoli.
Lo scorso anno l’occupazione ha continuato a crescere in ogni ripartizione, più
intensamente nel Mezzogiorno; vi hanno influito gli sgravi contributivi, la ripresa degli
investimenti pubblici e la fine del blocco del turnover del personale nella Pubblica
amministrazione. È proseguito anche l’aumento della partecipazione al mercato del
lavoro, in particolare nel Mezzogiorno e nel Nord Est. Il tasso di disoccupazione è
diminuito ovunque. La dinamica delle retribuzioni ha accelerato moderatamente
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
nel 2023 soprattutto nelle regioni centro-settentrionali, dove maggiore è il peso dei
settori che hanno beneficiato di rinnovi contrattuali. L’incremento dell’occupazione
ha sostenuto l’espansione del reddito disponibile delle famiglie, in special modo nelle
regioni meridionali; l’inflazione ne ha tuttavia eroso il potere d’acquisto, frenando la
crescita dei consumi.
Nel 2023 l’inflazione media annua in Italia – misurata dall’indice nazionale dei
prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) – è scesa al 5,7 per cento, con differenze
limitate tra le ripartizioni. La flessione ha riguardato in particolare la componente
del paniere dei consumi legati all’abitazione, inclusi i beni energetici, ed è stata più
pronunciata nel Mezzogiorno e nel Nord Est. Nei primi nove mesi del 2024 questa
tendenza è proseguita interessando tutte le macroaree.
I prestiti bancari al settore privato non finanziario, che avevano già rallentato dalla
fine del 2022, si sono contratti in ogni ripartizione dal terzo trimestre dello scorso
anno. Sull’andamento ha inciso soprattutto la significativa e generalizzata flessione dei
finanziamenti al settore produttivo, in particolare al Centro e nel Nord Est. Il calo ha
riflesso sia la minore domanda di credito, sia la maggiore avversione al rischio degli
intermediari in un contesto macroeconomico debole. I prestiti alle famiglie hanno
continuato a espandersi solo nel Mezzogiorno, sebbene in rallentamento. Si sono nel
complesso ridotte le nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di abitazioni, a causa
dell’aumentato costo del credito, rimanendo contenute anche nel primo semestre del
2024, nonostante la diminuzione dei tassi di interesse. È invece continuata la crescita
del credito al consumo. A giugno del 2024 il tasso di deterioramento dei prestiti al
settore privato non finanziario si collocava su valori molto moderati nel confronto
storico, confermandosi più elevato nel Mezzogiorno.
Nel 2023 i conti delle Amministrazioni locali sono migliorati. La spesa per
investimenti ha accelerato, sostenuta in particolare dall’impiego nel Mezzogiorno
dei fondi di coesione europei del ciclo di programmazione 2014-20, in via di
completamento, e dalla progressiva realizzazione dei progetti connessi con il PNRR; la
fase di forte espansione è proseguita anche nei primi nove mesi del 2024. In prospettiva,
è verosimile attendersi un ulteriore irrobustimento degli investimenti, per effetto
dell’utilizzo dei fondi del ciclo 2021-27, ancora in fase di avvio, e dell’attuazione di
altre misure del PNRR.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
2. LE IMPRESE
Nel 2023 il valore aggiunto1 in Italia è cresciuto lievemente, dopo la robusta
ripresa del biennio successivo alla crisi pandemica. Nel Mezzogiorno il rallentamento
è stato meno forte, per effetto di una minore contrazione nell’industria e di una
maggiore espansione nelle costruzioni e nel terziario. Le misure del Piano nazionale
di ripresa e resilienza (PNRR) e gli incentivi per la riqualificazione del patrimonio
immobiliare hanno continuato a sostenere il settore dell’edilizia, in forte crescita
ovunque. Gli investimenti sono aumentati in tutte le ripartizioni con l’eccezione
del Nord Ovest, dove sono rimasti stabili. Le esportazioni reali sono salite nel
Mezzogiorno, a fronte della riduzione nel Centro Nord.
Le disponibilità liquide delle imprese in rapporto ai debiti a breve termine hanno
registrato un leggero incremento in tutte le aree. I prestiti bancari hanno continuato a
diminuire ovunque; tale andamento è proseguito nei primi mesi del 2024 ad esclusione
dei prestiti alle aziende operanti nel settore dei servizi del Centro e del Nord Ovest, che
sono invece lievemente aumentati.
Nei primi nove mesi del 2024 l’attività industriale ha continuato a contrarsi,
soprattutto nelle regioni settentrionali, mentre l’espansione del terziario e delle
costruzioni è proseguita nell’intero Paese. La dinamica degli investimenti si è indebolita
in tutte le macroaree. La quota di imprese dell’industria e dei servizi che prevede di
chiudere l’esercizio in utile o in pareggio si è mantenuta stabile e su livelli elevati, tranne
che nel Centro dove è in lieve flessione.
L’andamento dell’attività
Industria e servizi. – Nel 2023 il valore aggiunto del settore manifatturiero è
leggermente sceso; una riduzione più marcata si è osservata nei comparti estrattivo
e della fornitura di energia. Secondo stime preliminari dell’Istat riferite al complesso
dell’industria in senso stretto, il valore aggiunto è rimasto pressoché stabile nel
Nord Est (tav. a2.1), in cui l’incidenza della manifattura è più alta, e nel Mezzogiorno,
che ha beneficiato di un forte aumento delle esportazioni (cfr. il paragrafo: La domanda
estera). Il valore aggiunto è sceso nel Nord Ovest e soprattutto al Centro, dove ha pesato
l’andamento negativo del settore tessile, dell’abbigliamento e dei prodotti in pelle.
Nostre stime indicano che nei primi nove mesi del 2024 la produzione industriale
italiana è diminuita, riflettendo la debolezza della domanda interna ed estera (cfr.
Bollettino economico, 4, 2024). In tutte le macroaree il saldo fra le quote di aziende
manifatturiere che dichiaravano un livello di commesse, rispettivamente, “alto” e
“basso” − già negativo alla fine del 2023 − si è ulteriormente ridotto nell’anno in
In questo capitolo il dato sul valore aggiunto dell’Italia nel suo complesso riflette la revisione generale dei
Conti economici nazionali del 23 settembre 2024 (Istat, Anni 1995-2023. Conti economici nazionali. Prodotto
interno lordo e indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, Statistiche flash, 23 settembre 2024),
quello delle macroaree si riferisce alla stima preliminare del PIL territoriale del 25 giugno 2024 (Istat, Stima
preliminare del PIL e dell’occupazione a livello territoriale per il 2023, Statistiche report, 25 giugno 2024). Per
un raffronto fra i tassi di crescita del valore aggiunto settoriale italiano nelle ultime due edizioni, cfr. tav. a.2.1.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Figura 2.1
Andamento degli ordini dell’industria manifatturiera (1)
(valori percentuali)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
(1) Saldi tra le quote di risposte “alto” e “basso”. Dati destagionalizzati. Per aprile 2020 i dati non sono disponibili in seguito alla temporanea
sospensione della rilevazione causata dalle difficoltà operative legate alla pandemia.
corso, ad eccezione del Nord Est (fig. 2.1). Sulla base del Sondaggio congiunturale
sulle imprese industriali e dei servizi (Sondtel) condotto dopo l’estate, l’attuazione del
PNRR ha comportato un incremento delle commesse per l’8 per cento delle aziende
industriali intervistate, con limitate differenze territoriali.
In base alla medesima indagine, quasi la metà delle imprese industriali localizzate
nel Nord ha riportato una contrazione delle vendite nei primi nove mesi del 2024, a
fronte del 39 per cento al Centro e del 32 nel Mezzogiorno (tav. a2.2). Quest’ultima
area è stata l’unica in cui si è osservato un saldo positivo fra le aziende con fatturato
in rialzo e quelle che ne rilevavano una diminuzione.
Nel 2023 il valore aggiunto nel terziario in Italia ha continuato a espandersi,
seppure a ritmi inferiori rispetto al biennio precedente. Secondo i dati preliminari
dell’Istat, il commercio, i trasporti e le telecomunicazioni sono cresciuti a tassi analoghi
al Centro Nord e nel Mezzogiorno, mentre le rimanenti branche hanno registrato un
maggiore incremento in quest’ultima macroarea.
Sulla base dei dati di Sondtel, nei servizi privati non finanziari la quota di
imprese con fatturato in espansione nei primi tre trimestri del 2024 è stata elevata
in tutte le ripartizioni (circa il 50 per cento al Centro Nord e il 43 nel Mezzogiorno)
e largamente superiore all’incidenza di quelle con vendite in calo (20 per cento nel
Nord Ovest, circa 16 altrove). L’attività è stata sostenuta dal PNRR che ha comportato
un aumento degli ordini per il 15 per cento delle imprese nel Centro Nord e per l’8
nel Mezzogiorno; in particolare il settore informatico ha tratto vantaggio dai numerosi
interventi del Piano destinati alla transizione digitale.
Nel 2023 il tasso di natalità delle aziende è rimasto pressoché stabile, mentre quello
di mortalità è cresciuto appena (fig. 2.2). Questi andamenti, comuni a tutte le ripartizioni,
si sono riflessi in una lieve flessione della natalità netta, che si è posizionata su livelli
analoghi a quelli precedenti la crisi pandemica al Centro e nel Mezzogiorno e superiori
nel Nord. Nostre elaborazioni basate sui dati del primo semestre segnalano che nel 2024
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Figura 2.2
Demografia di impresa
(valori percentuali)
(a) tasso di natalità
(b) tasso di mortalità
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: elaborazioni su dati Infocamere. Cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Natalità e mortalità di
impresa.
il tasso di natalità netta scenderà ulteriormente. Le imprese giovani possono contribuire
in modo significativo alla crescita economica e sono tra le più dinamiche nell’attività di
innovazione (cfr. il riquadro: Le imprese ad alta crescita).
LE IMPRESE AD ALTA CRESCITA
Le imprese ad alta crescita possono essere definite come quelle aziende che,
partendo da un fatturato di almeno 50.000 euro nell’anno successivo alla propria
nascita, sono state in grado di triplicarlo nel triennio seguente1. Tra il 2014 e il 2019 in
Italia il loro numero ha quasi raggiunto le 22.000 unità (3,7 ogni 10.000 abitanti), pari
al 10,9 per cento del campione di riferimento (ossia tutte le società con un fatturato di
almeno 50.000 euro nell’anno successivo alla propria nascita, indipendentemente dalla
crescita che ne è seguita). Tale quota risulta più elevata nelle regioni del Nord Ovest e del
Mezzogiorno rispetto a quelle del Nord Est e del Centro (figura, pannello a). In rapporto
alla popolazione, invece, la loro incidenza è più alta al Centro e nel Nord Ovest.
Nel confronto con le altre aziende del campione, in tutte le macroaree le imprese
ad alta crescita sono maggiormente presenti nei servizi di trasporto e magazzinaggio e
in quelli professionali, amministrativi e di supporto, risultando meno frequenti nelle
attività immobiliari e nei servizi di alloggio e ristorazione (tav. a2.3). Nel Nord Ovest e
al Centro, inoltre, sono più diffuse nei settori a elevata intensità digitale2.
Per ulteriori dettagli e risultati, cfr. A. Cintolesi, E. Frattola, R. Greco, F. Leombroni, A. Linarello,
A. Locatelli, S. Nesi e S. Zuccolalà, High-growth young firms in Italy, Banca d’Italia, Questioni di economia
e finanza, 889, 2024. Le stime si basano sui dati di Orbis Historical e di Infocamere. I risultati sono
qualitativamente gli stessi per soglie superiori o inferiori di fatturato minimo. L’analisi non considera gli
anni precedenti al 2014 per mancanza di dati completi e quelli successivi al 2019 per escludere gli effetti
ascrivibili alla pandemia.
F. Calvino, C. Criscuolo, L. Marcolin e M. Squicciarini, A taxonomy of digital intensive sectors, OECD Science,
Technology and Industry Working Papers, 14, 2018.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Figura
Imprese ad alta crescita e mobilità dei soci fondatori (1)
(a) distribuzione territoriale
(unità per 10.000 abitanti e valori percentuali)
(b) macroarea di nascita e di attività
(valori percentuali)
per abitante (2)
sul totale
del campione (3)
Nord Ovest
Nord Est
Sud e Isole
Italia
Centro
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
nati nella macroarea e operanti altrove (4)
nati altrove e operanti nella macroarea (5)
Fonte: per il pannello (a), elaborazioni su dati Orbis Historical; per il pannello (b), elaborazioni su dati Orbis Historical e Infocamere;
cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Imprese ad alta crescita.
(1) Valori riferiti al periodo 2014-19. – (2) Unità per 10.000 abitanti. – (3) Scala di destra; valori percentuali sul totale di nuove imprese
con fatturato di almeno 50.000 euro nell’anno successivo alla nascita. – (4) Rapporto tra il numero di soci nati nella macroarea
fondatori di un’impresa ad alta crescita operante altrove e il totale dei soci fondatori di imprese ad alta crescita nati nella macroarea. –
(5) Rapporto tra il numero di soci nati altrove fondatori di un’impresa ad alta crescita operante nella macroarea e il totale dei soci
fondatori di imprese ad alta crescita operanti nella macroarea.
Considerando le caratteristiche dei soci fondatori3, in tutte le ripartizioni nelle
società ad alta crescita le quote detenute in media da persone giuridiche e da uomini
sono superiori, mentre l’età media dei soci è più bassa (tav. a2.4); nel Mezzogiorno
le quote detenute da persone giuridiche, da uomini o da persone nate all’estero sono
inferiori rispetto alle altre macroaree.
Tra i circa 30.000 fondatori di società ad alta crescita in Italia, il 18 per
cento ha avviato la propria attività al di fuori dell’area di nascita (14 per le altre
aziende del campione). In particolare, il 41 per cento dei fondatori è originario del
Mezzogiorno, ma un quarto di questi ha costituito la propria impresa in un’altra
ripartizione (tav. a2.5); ciò equivale a una perdita per le regioni meridionali di circa
3.000 imprenditori, che non è stata compensata da un corrispondente afflusso da
altre macroaree (figura, pannello b).
Si considerano come soci fondatori solo quelli che detengono almeno il 10 per cento del capitale dell’impresa
nell’anno di nascita.
Investimenti. – Le informazioni dell’Indagine sulle imprese industriali e dei servizi
(Invind) indicano che nel 2023 gli investimenti sono aumentati nell’intero Paese con
l’eccezione del Nord Ovest, dove si sono mantenuti stazionari (tav. a2.2). L’espansione
al Centro è stata particolarmente sostenuta e ha riguardato sia l’industria sia i servizi;
nel Nord Est e nel Mezzogiorno è stata più contenuta e limitata al terziario. Le aziende
prefiguravano per il 2024 stabilità degli investimenti al Nord, crescita al Centro e calo nel
Mezzogiorno. Secondo Sondtel, circa il 70 per cento delle imprese (66 nel Nord Ovest)
dovrebbe realizzare i piani di investimento formulati, mentre delle restanti aziende la
metà ha rivisto i propri piani al rialzo, l’altra metà al ribasso.
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Economie regionali
Costruzioni. – Nel 2023 il valore aggiunto delle costruzioni è salito a tassi elevati,
seppure in diminuzione rispetto al biennio precedente, continuando a beneficiare
degli investimenti pubblici, anche connessi con il PNRR (cfr. il capitolo 5), e degli
incentivi per la riqualificazione e il miglioramento dell’efficienza energetica degli
edifici. Dati preliminari segnalano che la dinamica positiva ha riguardato tutte le
aree, ma è stata superiore alla media nazionale al Centro e nel Mezzogiorno, grazie al
maggiore contributo del comparto delle opere pubbliche (tav. a2.6). Sulla base delle
informazioni sui nuovi bandi, questo settore dovrebbe continuare a crescere nel 2024.
I permessi per costruire nuove abitazioni − un indicatore prospettico dell’attività nel
comparto residenziale − sono invece diminuiti ovunque tranne che nel Mezzogiorno.
Secondo Sondtel, tra le aziende con almeno dieci addetti l’espansione sta
continuando anche nell’anno in corso. Il saldo fra le imprese che prevedono un
ampliamento della produzione nel 2024 e quelle che se ne attendono un calo è elevato
(26 punti percentuali nel Nord Ovest e 21 nel resto del Paese). Il PNRR ha determinato
un incremento delle commesse di opere pubbliche per il 40 per cento delle imprese
(50 per cento nel Nord Est, circa 37 nelle restanti ripartizioni). Le aspettative sul 2025
sono positive in ogni macroarea.
La transizione digitale. – Negli anni recenti l’adozione di nuove tecnologie
digitali è aumentata in misura sostenuta in tutto il Paese. I dati di Invind riferiti
al 2023 indicano che il cloud computing era diffuso in oltre la metà delle aziende
centro‑settentrionali, a fronte del 40 per cento nel Mezzogiorno (rispettivamente 31 e
19 per cento nel 2019). La robotica era utilizzata prevalentemente nell’industria, con
limitate differenze territoriali: il 20 per cento delle imprese centro-settentrionali e il 16
di quelle meridionali nel 2023 (rispettivamente 7 e 6 per cento nel 2019).
L’impiego dell’intelligenza artificiale, seppure in espansione, resta ancora limitato:
alla fine del 2023 veniva adottata dal 14 per cento delle imprese al Centro Nord e
dal 10 nel Mezzogiorno (4 per cento in entrambe le ripartizioni nel 2019). Secondo
l’indagine Sondtel, gli attuali tassi di adozione sono inferiori se si considerano solo
gli strumenti di tipo generativo2: 8 per cento nelle regioni centro-settentrionali e 3 in
quelle meridionali. L’utilizzo di queste tecnologie potrebbe crescere rapidamente: fra
le imprese che ancora non ne dispongono, circa un terzo considera probabile l’impiego
dell’intelligenza artificiale entro il 2025 (cfr. Sondaggio congiunturale sulle imprese
industriali e dei servizi, Banca d’Italia, Statistiche, 5 novembre 2024).
La transizione ecologica. – La capacità di produzione elettrica da fonti energetiche
rinnovabili (FER) è cresciuta sensibilmente dal 2022, trainata dall’accelerazione del
fotovoltaico (fig. 2.3.a). I dati di fonte Terna mostrano che nel 2023 sono stati installati
5,2 gigawatt di nuova capacità solare, più del doppio di quelli dell’anno precedente, di
cui oltre il 70 per cento al Centro Nord. Nel primo semestre del 2024 l’incremento è
stato di 3,3 gigawatt, superiore del 40 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso
anno; l’aumento ha riguardato gli impianti medi e grandi, a fronte di una riduzione
nel Centro Nord di quelli di piccola dimensione, in prevalenza residenziali (fig. 2.3.b).
L’intelligenza artificiale può essere di tipo predittivo o generativo: la prima include strumenti quali text mining,
riconoscimento vocale e di immagini; la seconda si avvale di chatbot, assistenti virtuali e strumenti per la
creazione autonoma di testi, codici, immagini, audio e video originali.
Economie regionali
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Figura 2.3
Nuove installazioni di impianti eolici e solari
(gigawatt)
(a) eolico e solare
(b) solare per classe di potenza (2)
1° 2°
1° 2° 1° 1° 2° 1° 2° 1°
eolico
solare
Sud e Isole
media semestrale 2019-21
Centro Nord
target PNIEC (1)
1° 2° 1° 2° 1° 1° 2° 1° 2° 1°
Centro Nord
Sud e Isole
impianti piccoli
impianti medi
impianti grandi
Fonte: Terna, Gestione anagrafica unica degli impianti (GAUDÌ).
(1) Capacità aggiuntiva semestrale media da installare tra il 2022 e il 2030 al fine di raggiungere gli obiettivi del Piano nazionale integrato
per l’energia e il clima (PNIEC). – (2) Gli impianti sono classificati in grandi (con potenza superiore a 1 megawatt), medi (con potenza
compresa tra 20 kilowatt e 1 megawatt) e piccoli (potenza inferiore a 20 kilowatt).
Nel comparto eolico, i cui impianti sono quasi esclusivamente di grande
dimensione e localizzati nel Mezzogiorno (tav. a2.7), le nuove installazioni si sono
mantenute su livelli contenuti.
Nella prima metà del 2024 l’aumento della capacità da fonti rinnovabili, seppure
sostenuto, è stato ancora inferiore rispetto a quello richiesto per il raggiungimento degli
obiettivi fissati dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC)3 a causa
delle limitate installazioni di impianti eolici.
La domanda estera
Nel 2023 le esportazioni a valori correnti sono scese nel Nord Est e al Centro,
e sono salite nel Nord Ovest e nel Mezzogiorno (fig. 2.4). Nostre elaborazioni
indicano che la domanda potenziale è diminuita in tutte le macroaree, soprattutto nel
Nord Est e al Centro (tav. 2.8). Le esportazioni in termini reali si sono ridotte in
queste due ultime ripartizioni, sono rimaste stazionarie nel Nord Ovest e sono invece
aumentate nel Mezzogiorno, grazie al contributo del settore farmaceutico.
In base al recente aggiornamento del PNIEC, entro il 2030 sarà necessario installare circa 70 gigawatt di
capacità aggiuntiva da fonti rinnovabili (rispetto a quella esistente alla fine del 2022). Il decreto del Ministero
dell’Ambiente e della sicurezza energetica del 21 giugno 2024 (decreto “aree idonee”) ha ripartito fra le Regioni
e le Province autonome l’obiettivo nazionale e ha stabilito i criteri per la definizione delle aree in cui è previsto
un iter accelerato per la costruzione e l’esercizio degli impianti, demandando agli enti regionali l’individuazione
di queste zone sul proprio territorio. Allo scopo di velocizzare la transizione ecologica è in via di definizione un
complessivo riordino della disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione da fonti rinnovabili,
attraverso l’adozione di un Testo unico.
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Economie regionali
Figura 2.4
Andamento delle esportazioni (1)
(numeri indice: media 2016=100)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Sud e Isole senza petrolio
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
(1) Dati semestrali a prezzi correnti.
Nel primo semestre del 2024 le esportazioni nominali sono scese in termini
tendenziali al Centro Nord e sono salite nel Mezzogiorno, dove è stato nuovamente
determinante l’incremento delle vendite di prodotti farmaceutici (tav. a2.9). Il settore
alimentare è l’unico in crescita ovunque. I flussi commerciali verso i paesi dell’Unione
europea hanno continuato a ridursi in tutte le macroaree con l’eccezione del Centro
(tav. a2.10). Vi ha contribuito in larga misura la contrazione delle vendite in Germania
(-6,7 per cento). I flussi verso il resto del mondo sono aumentati nel Nord Est
(soprattutto quelli destinati al Nord America) e nel Mezzogiorno (in particolare verso
la Svizzera), mentre sono diminuiti nelle restanti ripartizioni.
Le imprese multinazionali italiane e straniere svolgono un ruolo centrale nel
commercio estero dell’Italia: a queste sono riconducibili oltre il 60 per cento delle
esportazioni delle regioni settentrionali e circa la metà di quelle delle altre regioni
(cfr. il riquadro: Il ruolo delle multinazionali nelle economie delle macroaree).
IL RUOLO DELLE MULTINAZIONALI NELLE ECONOMIE DELLE MACROAREE
Secondo i dati di Frame SBS dell’Istat riferiti al 2021, in Italia le multinazionali
rappresentano solo il 2,8 per cento degli stabilimenti attivi, ma occupano circa un
quinto degli addetti e generano oltre il 37 per cento del valore aggiunto del settore
privato non agricolo e non finanziario1. Sono presenti in prevalenza nel Nord Ovest
e nel Nord Est, dove risultano occupati rispettivamente il 40 e il 28 per cento degli
addetti delle multinazionali, contro il 19 per cento nel Centro e il 13 nel Mezzogiorno
(tav. a2.11). Questa distribuzione territoriale si riflette sul loro peso economico:
Un gruppo multinazionale è un’aggregazione di imprese distribuite in almeno due paesi il cui controllore ultimo
è un’entità giuridica di nazionalità italiana o estera. Per la definizione di controllo ultimo di impresa, cfr. nelle
Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Caratteristiche delle imprese multinazionali.
Per ulteriori dettagli e risultati, cfr. G. Cariola, G.B. Carnevali, A. Linarello, F. Manaresi, L. Mirenda, E. Russo,
M. Sartori e G. Viggiano, Multinational enterprises in Italy: insights from firm-level data, Banca d’Italia,
Questioni di economia e finanza, di prossima pubblicazione.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
nel Nord contribuiscono a oltre il
40 per cento del valore aggiunto,
a fronte di poco più del 20 nel
Mezzogiorno (figura A; tav. a2.12).
Anche all’interno delle macroaree
le differenze sono rilevanti, in
particolare nel Sud: in Basilicata
le multinazionali generano quasi
il 40 per cento del valore aggiunto
rispetto al 19 in Calabria. Nel
confronto con le altre imprese, le
multinazionali sono maggiormente
presenti nel settore manifatturiero,
soprattutto nel Nord.
Figura A
Peso delle imprese multinazionali
sul totale nel 2021 (1)
(valori percentuali)
Ovest
Centro
Sud e
Isole
unità locali
addetti
valore aggiunto
La produttività delle multinazionali, misurata dal valore Fonte: elaborazioni su dati Istat.
aggiunto per lavoratore, è più alta (1) Settore privato non agricolo e non finanziario.
di quella delle altre aziende. Le
differenze territoriali sono marcate: la produttività è superiore a 100.000 euro negli
stabilimenti al Centro e nel Nord Ovest, è pari a 90.000 in quelli nel Nord Est ed
eccede di poco gli 82.000 nel Mezzogiorno. Tali differenze persistono anche tenendo
conto della diversa composizione settoriale tra i territori e dei divari di produttività
esistenti per il complesso delle imprese presenti nelle macroaree.
In base ai dati di Cerved, Bureau Van Dijk e INPS, nel 2021 la retribuzione
lorda giornaliera dei lavoratori delle multinazionali era pari, in media, a 130 euro
nel Nord Ovest e al Centro, a 120 nel Nord Est e a 110 nel Mezzogiorno; era tra
Figura B
Retribuzioni, innovazione ed esportazioni nelle imprese multinazionali (1)
(euro e valori percentuali)
(a) retribuzioni giornaliere (2)
(b) quota di brevetti e di esportazioni (3)
Ovest
imprese locali
Centro
Sud e
Isole
premio multinazionali
Ovest
brevetti
Centro
Sud e
Isole
export
Fonte: elaborazioni su dati Cerved, Bureau Van Dijk, INPS, Unioncamere e Agenzia delle Dogane.
(1) Settore privato non agricolo e non finanziario. – (2) Anno 2021; le retribuzioni corrispondono all’imponibile dichiarato all’INPS dalle
aziende. – (3) Anni 2018-19 per i brevetti, 2018-22 per le esportazioni. Per la definizione di brevetto, cfr. nelle Note metodologiche.
L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Caratteristiche delle imprese multinazionali.
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Economie regionali
il 24 e il 46 per cento superiore a quella corrisposta dalle imprese locali (figura B,
pannello a; tav. a2.13). La più alta produttività e le più cospicue retribuzioni delle
multinazionali del Nord Ovest e del Centro sono in parte ascrivibili alla forte incidenza
di multinazionali italiane e riflettono verosimilmente la presenza sul territorio della
sede centrale dell’azienda, dove si concentrano professionalità più elevate.
Alla maggiore produttività delle multinazionali si associa una propensione più
marcata all’innovazione e all’esportazione, anche rispetto a imprese di dimensione
simile nei medesimi settori. I dati di Unioncamere indicano che nel biennio 2018-19
erano riconducibili a imprese multinazionali circa il 60 per cento delle innovazioni
brevettate nelle macroaree settentrionali e intorno al 50 per cento al Centro e nel
Mezzogiorno (figura B, pannello b). Secondo i dati dell’Agenzia delle Dogane, nel
quinquennio 2018-22 le esportazioni delle multinazionali hanno rappresentato il
60 per cento del totale nel Nord e circa la metà al Centro e nel Mezzogiorno.
La redditività e l’indebitamento delle imprese
Nel 2023 i risultati di esercizio delle società non finanziarie si sono confermati
positivi per larga parte delle aziende, nonostante l’incremento della spesa per interessi
(cfr. il riquadro: L’onerosità del debito bancario delle imprese). L’indagine Invind
segnala che la quota di imprese dell’industria e dei servizi che ha chiuso l’esercizio
in utile o in pareggio è rimasta elevata in tutte le aree, in leggero aumento rispetto
all’anno precedente (fig. 2.5.a). Anche nel settore delle costruzioni le condizioni
economiche si sono mantenute nel complesso favorevoli: alla riduzione della quota
di imprese in utile o in pareggio al Centro e nel Nord Ovest si è contrapposto
l’incremento nelle altre aree.
Figura 2.5
Risultato economico e indice di liquidità finanziaria
(valori percentuali)
(a) quota di imprese in utile o in pareggio
(b) indice di liquidità finanziaria (1)
Nord Ovest
Nord Est
1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° 1° 2°
2023 ’24
Centro
Sud e Isole
Fonte: per il pannello (a), Invind; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Indagine sulle imprese
industriali e dei servizi (Invind); per il pannello (b), segnalazioni di vigilanza e Centrale dei rischi.
(1) Rapporto tra l’avanzo, costituito dai depositi con scadenza entro l’anno e dai titoli quotati detenuti presso le banche, e il disavanzo, dato
dai prestiti con scadenza entro l’anno ricevuti da banche e società finanziarie.
Economie regionali
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L’ONEROSITÀ DEL DEBITO BANCARIO DELLE IMPRESE
Il rialzo dei tassi ufficiali, iniziato a luglio del 2022, si è trasmesso al costo dei
prestiti bancari. Le imprese vi hanno potuto fare fronte anche grazie a una struttura
finanziaria più solida rispetto al passato. All’avvio della fase di incremento dei tassi
la quota di aziende con profili di fragilità finanziaria era, in tutte le aree del Paese,
molto più contenuta che nei due precedenti periodi di aumento del costo del credito
bancario (durante il ciclo restrittivo di politica monetaria avviato alla fine del 2005
e negli anni della crisi dei debiti sovrani tra il 2010 e il 2012; figura A, pannello a).
L’effetto del rialzo dei tassi è stato più pronunciato per le imprese con una quota
relativamente elevata di prestiti indicizzati ai tassi di mercato. Alla fine del 2023 le
società di capitali i cui finanziamenti erano per oltre la metà indicizzati erano pari
al 55 per cento nel Nord Ovest e a più del 60 nel Nord Est (figura A, pannello b).
La quota era prossima al 50 per cento al Centro e di poco superiore al 40 nel
Mezzogiorno, dove è maggiore la presenza di aziende di piccola e media dimensione
che ricorrono più frequentemente ai finanziamenti a tasso fisso.
Figura A
Imprese finanziariamente fragili e indebitamento bancario a tasso variabile
(valori percentuali)
(a) imprese con profili
di fragilità finanziaria (1)
(b) imprese per quota di prestiti
a tasso variabile (2)
Nord Nord Centro Sud e Nord Nord Centro Sud e
Ovest Est
Isole Ovest Est
Isole
con elevati oneri finanziari
con elevato leverage
2004-06
2010-12
2021-22
Nord Ovest
Nord Est
[25%-50%)
Centro
Sud e Isole
[50%-75%)
>=75%
Fonte: elaborazioni su dati Cerved e AnaCredit; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce
Onerosità del debito bancario delle imprese.
(1) Le imprese fragili “con elevati oneri finanziari” comprendono quelle con un rapporto tra oneri finanziari e MOL superiore al
50 per cento e quelle con MOL negativo, poiché una redditività operativa negativa è considerata un elemento di fragilità a prescindere
dall’ammontare degli oneri finanziari. Vengono considerate fragili “con elevato leverage” le imprese con un grado di indebitamento
(rapporto tra i debiti finanziari e la somma di questi e del patrimonio netto) superiore al 75 per cento. – (2) I prestiti a tasso variabile
comprendono anche quelli con una data di rideterminazione del tasso di interesse contrattuale inferiore all’anno o rimborsabili a
richiesta o con breve preavviso. Dati riferiti a fine 2023.
Secondo nostre stime, lo scorso anno l’incidenza sul margine operativo lordo
(MOL) degli oneri sui prestiti bancari è più che raddoppiata rispetto al 2021 nel
Nord; è aumentata leggermente meno al Centro e nel Mezzogiorno (figura B,
pannello a). Nel primo semestre del 2024 il rapporto della spesa per interessi sul MOL
sarebbe ulteriormente cresciuto in tutte le aree del Paese, ma in misura moderata nel
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Economie regionali
Figura B
Incidenza sul MOL degli oneri sui prestiti bancari (1)
(valori percentuali)
(a) per dimensione di impresa
(b) per branca di attività economica
Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud
Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole
totale
piccola
media e grande
Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud
Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole
manifattura
costruzioni
servizi
2024 (1° sem.)
Fonte: elaborazioni su dati Cerved, AnaCredit e Istat; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce
Onerosità del debito bancario delle imprese.
(1) I valori relativi al 2023 e al 1° semestre 2024 considerano al numeratore gli oneri complessivi sui prestiti bancari effettivamente
sostenuti dalle imprese. Il valore del MOL nel 2023 è invece stimato sotto l’assunzione che nei singoli comparti di attività, a livello
di divisione per le imprese manifatturiere e di sezione per tutti gli altri comparti secondo la classificazione Ateco 2007, la dinamica
regionale sia analoga a quella media italiana ricavata dai Conti nazionali dell’Istat; il MOL del 1° semestre 2024 è stimato a livello di
sezione anche per le imprese manifatturiere.
confronto con l’aumento stimato per il 2023. Nel complesso, il peso degli oneri
bancari sulla redditività operativa resta più elevato nel Mezzogiorno, soprattutto per
effetto dei più alti tassi di interesse e della maggiore rilevanza della componente
bancaria sull’indebitamento totale.
Dall’avvio della fase di rialzo dei tassi, la crescita del rapporto tra oneri bancari
e MOL è stata più modesta per le piccole imprese (con un fatturato inferiore
a 10 milioni di euro) che per le aziende medie e grandi. Tra i principali settori
di attività economica, l’incremento è stato meno accentuato per le imprese delle
costruzioni, che tuttavia hanno continuato a caratterizzarsi per una più marcata
incidenza degli oneri bancari in tutte le ripartizioni ad eccezione del Mezzogiorno
(figura B, pannello b).
In base ai dati Sondtel, nell’industria e nei servizi la quota di aziende che prevedono
di chiudere l’esercizio del 2024 in utile o in pareggio è rimasta ovunque pressoché invariata
e su livelli elevati. L’analoga quota nel settore delle costruzioni è sostanzialmente stabile nel
Centro e in riduzione nelle altre ripartizioni.
Nel corso del 2023 l’indice di liquidità finanziaria, definito dal rapporto tra le attività
più liquide detenute presso il sistema bancario e i debiti a breve scadenza verso banche e
società finanziarie, è lievemente aumentato in tutte le aree (fig. 2.5.b). Nell’intero Paese
i risultati reddituali positivi hanno contribuito a mantenere elevati i livelli di liquidità a
disposizione delle imprese sotto forma di depositi e titoli a breve termine; il rialzo dei tassi
di interesse ha favorito un incremento dell’incidenza di questi ultimi, caratterizzati da una
remunerazione più alta.
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Figura 2.6
Prestiti bancari alle imprese per branca di attività economica
(dati mensili; variazioni percentuali sui 12 mesi)
(a) manifattura
(b) costruzioni
(c) servizi
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: segnalazioni di vigilanza; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Prestiti bancari.
Nel 2023 i prestiti bancari sono diminuiti in tutte le aree e in tutti i comparti
produttivi (fig. 2.6; cfr. il paragrafo: I finanziamenti e la qualità del credito del capitolo 6).
Il calo ha riflesso sia la minore domanda di credito, sia l’adozione di politiche più
prudenti da parte degli intermediari (cfr. La domanda e l’offerta di credito a livello
territoriale, Banca d’Italia, Economie regionali, 21, 2024; cfr. anche il capitolo 6 nella
Relazione annuale sul 2023). In un contesto di tassi crescenti, le imprese hanno fatto
ricorso alle risorse interne per il finanziamento degli investimenti, hanno ridotto il
rinnovo dei prestiti in scadenza e hanno anticipato i rimborsi di quelli contratti in
precedenza (cfr. Bollettino economico, 1, 2024 e il riquadro: I rimborsi anticipati e la
riduzione dei prestiti alle imprese, in Rapporto sulla stabilità finanziaria, 1, 2024). La
contrazione del credito è stata maggiore per le imprese del Centro Nord.
Nei primi due trimestri del 2024 la liquidità ha continuato a crescere con intensità
simile in tutte le aree, per effetto dell’aumento sia dei depositi sia dei titoli. Analogamente
è proseguita la flessione del credito, intensificandosi nel Mezzogiorno e nel Nord Est.
In ogni ripartizione la riduzione ha riguardato le aziende della manifattura e delle
costruzioni, a fronte del lieve incremento dei finanziamenti per le imprese dei servizi
del Centro e del Nord Ovest (tav. a2.14).
Dopo aver raggiunto il picco tra l’ultimo trimestre del 2023 e il primo del 2024, il
costo del credito bancario ha cominciato a diminuire in tutte le macroaree riflettendo
l’inizio dell’allentamento monetario.
Il tasso annuo effettivo (TAE) medio sui prestiti connessi con esigenze di liquidità
è sceso nell’intero Paese. Rispetto alla fine del 2023 il calo è stato maggiore per le
aziende medio-grandi e per quelle operanti nel settore della manifattura; si è osservata
invece una sostanziale stabilità per le imprese di piccola dimensione del Mezzogiorno e
per quelle edili del Nord Ovest (tav. a6.2).
Il tasso annuo effettivo globale (TAEG) medio sui nuovi prestiti con scadenza
superiore all’anno, tipicamente destinati al finanziamento degli investimenti, si è
ridotto in particolare nel Mezzogiorno.
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Economie regionali
3. LE FAMIGLIE
Nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie è aumentato, a prezzi correnti,
in tutte le macroaree, soprattutto nel Mezzogiorno e nel Nord Ovest, sostenuto
dall’espansione dell’occupazione. La quota di nuclei in povertà assoluta è rimasta
sostanzialmente invariata nella media del Paese, ma è diminuita nel Mezzogiorno; si
è così ridotto il differenziale con il Centro Nord.
L’inflazione, anche se scesa rispetto al 2022, ha continuato a erodere il potere
d’acquisto dei redditi familiari, frenando la crescita dei consumi.
In base a nostre stime l’incremento del reddito disponibile a prezzi correnti è
proseguito nel primo semestre dell’anno in corso. Nonostante i rialzi più contenuti
dei prezzi, i consumi si sarebbero mantenuti stabili in tutte le ripartizioni.
La ricchezza netta complessiva delle famiglie è salita nel 2023, principalmente
per l’ampliamento delle attività finanziarie, in particolare dei depositi vincolati e dei
titoli obbligazionari.
Lo scorso anno le compravendite immobiliari si sono ridotte ovunque, ma con
un’intensità minore nel Mezzogiorno. È stato più frequente l’acquisto di abitazioni
senza ricorso all’indebitamento, contribuendo a un calo nei flussi dei nuovi mutui
in tutte le ripartizioni. Il credito al consumo ha invece continuato a incrementarsi in
maniera sostenuta.
Nel primo semestre del 2024 i tassi di interesse sui prestiti per l’acquisto di una
casa hanno iniziato a scendere, riflettendo l’allentamento della politica monetaria;
le nuove erogazioni di mutui per l’abitazione sono comunque rimaste contenute.
È proseguita l’espansione del credito al consumo.
Il reddito, la povertà e i consumi
Il reddito. – Nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie a prezzi correnti è
aumentato meno che nell’anno precedente. L’indicatore regionale trimestrale del
reddito disponibile lordo (ITER-red) elaborato dalla Banca d’Italia è cresciuto
in tutte le macroaree, soprattutto nel Mezzogiorno e nel Nord Ovest (fig. 3.1).
L’inflazione al consumo, seppure inferiore rispetto al 2022, ha ancora eroso il
potere d’acquisto: l’indicatore ITER-red in termini reali è diminuito al Centro
e al Nord Est, ed è rimasto sostanzialmente stabile nel Mezzogiorno e nel Nord
Ovest.
La crescita dell’occupazione, più intensa nel Sud e nelle Isole (cfr. il capitolo 4),
ha sostenuto i redditi da lavoro dipendente, la principale componente del reddito
familiare disponibile. Secondo nostre elaborazioni sui dati della Rilevazione sulle
forze di lavoro (RFL) dell’Istat, la quota di individui appartenenti a nuclei familiari
in cui non ci sono percettori di redditi da lavoro è scesa in tutte le macroaree (fig.
3.2). Nelle famiglie con almeno due persone in età da lavoro, la percentuale di
occupati è aumentata, specialmente nel Mezzogiorno e nelle regioni del Nord Est.
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Figura 3.1
Reddito disponibile delle famiglie consumatrici (1)
(variazioni percentuali)
(a) Nord Ovest
(b) Nord Est
(c) Centro
(d) Sud e Isole
nominale
reale
Fonte: Banca d’Italia ed elaborazioni su dati Istat, Conti economici territoriali; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni
italiane sul 2023 la voce Indicatori regionali trimestrali dei redditi e dei consumi.
(1) Variazioni percentuali sull’anno precedente del reddito disponibile delle famiglie residenti nella macroarea al lordo degli ammortamenti di
fonte Istat per gli anni 2017-22; valore medio annuo dell’indicatore ITER-red per il 2023. L’indicatore rappresenta una stima coerente con i Conti
economici trimestrali pubblicati dall’Istat il 4 ottobre 2024. I Conti economici territoriali sul 2023 saranno pubblicati dall’Istat a dicembre 2024.
I programmi di assistenza
economica hanno continuato a
sostenere il reddito delle famiglie
meno abbienti, pur interessando un
numero inferiore di nuclei rispetto
al 2022. L’assegno unico universale
è stato erogato a 10 milioni di figli,
il 36 per cento dei quali residenti
nel Mezzogiorno. L’adesione allo
strumento è salita ovunque, ma
resta più elevata al Sud e nelle Isole,
dove supera il 93 per cento in tutte
le regioni. L’importo medio mensile
erogato per beneficiario1, che dipende
dal valore dell’ISEE, è pari a 155
euro nel Centro Nord e a 174 nel
Mezzogiorno.
Figura 3.2
Individui in famiglie senza redditi da lavoro (1)
(valori percentuali)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: elaborazioni su dati Istat, RFL.
(1) Quota di individui in famiglie in cui nessun componente è occupato.
Si considerano le famiglie in cui non sono presenti pensionati e dove
la persona di riferimento ha un’età compresa tra 15 e 64 anni.
Si considerano gli importi percepiti dai beneficiari di almeno una mensilità che hanno presentato domanda
all’INPS; sono escluse le integrazioni destinate ai percettori di reddito di cittadinanza (RdC).
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Economie regionali
Nei primi sei mesi del 2024 la dinamica del reddito disponibile si confermerebbe
positiva in tutto il territorio, particolarmente nel Sud e nelle Isole e nelle regioni del
Nord Ovest. Il calo dell’inflazione nella prima parte dell’anno, omogeneo sul territorio,
ha contribuito alla crescita del reddito disponibile in termini reali in ogni ripartizione.
La povertà. – Nel 2023 la quota di nuclei in povertà assoluta si è mantenuta
sostanzialmente stabile all’8,4 per cento (da 8,3 nel 2022). Il divario nella povertà
assoluta tra le ripartizioni si è tuttavia ridotto: l’incidenza è salita nel Nord (7,9 per
cento, da 7,5) e al Centro (6,7, da 6,4), mentre è diminuita nel Mezzogiorno (10,2,
da 10,7), dove si è contratta anche l’intensità – ossia la distanza media della spesa
dalla soglia di povertà – per effetto della crescita dell’occupazione. L’incremento dei
prezzi al consumo (cfr. il capitolo 1) ha determinato un innalzamento delle soglie di
povertà in tutte le macroaree (cfr. il riquadro: Le soglie di povertà assoluta).
LE SOGLIE DI POVERTÀ ASSOLUTA
La soglia di povertà assoluta misura il valore minimo di spesa mensile
necessario a una famiglia per acquistare un paniere di beni e servizi ritenuti
essenziali; varia in relazione all’ampiezza e alla composizione per età del nucleo
familiare, alla regione e alla classe dimensionale del comune di residenza1. L’analisi
Figura A
Soglie di povertà assoluta per tipo di famiglia nel 2022 (1)
(euro)
(a) coppia tra 30 e 59 anni
(b) coppia tra 30 e 59 anni
con un figlio fino a 3 anni
(c) coppia tra 30 e 59 anni
con un figlio tra 11 e 17 anni
1.706-1.837
1.575-1.706
1.444-1.575
1.313-1.444
1.182-1.313
1.051-1.182
920-1.051
Fonte: elaborazioni su dati Istat; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Soglie di povertà assoluta.
(1) Dati elementari della soglia di povertà assoluta disponibili per tipo di comune (comuni centro di area metropolitana, comuni fino a
50.000 abitanti o periferia di area metropolitana, comuni con meno di 50.000 abitanti e non periferia di area metropolitana) e regione
di residenza. La scala dei valori è divisa in 7 classi di uguale dimensione; la soglia assume il valore minimo (920 euro) per una coppia
di individui con età tra 30 e 59 anni (pannello a) e raggiunge quello massimo (1.831 euro) per una coppia tra 30 e 59 anni con un figlio
tra 11 e 17 anni (pannello c).
L’articolazione delle soglie di povertà assoluta a livello regionale è stata introdotta con l’ultimo
aggiornamento metodologico (cfr. Istat, Le statistiche dell’Istat sulla povertà. Anno 2022, Statistiche report,
25 ottobre 2023). La valutazione monetaria della soglia di povertà assoluta non tiene conto di differenze
nella disponibilità e nella qualità di beni e servizi sul territorio, né considera i servizi pubblici erogati in
natura come scuola e sanità. Cfr. A. Brandolini, Il dibattito sulla povertà in Italia, tra statistica e politica,
Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 648, 2021.
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dei diversi valori della soglia consente
di esaminare, limitatamente ai beni
e servizi considerati nel suo calcolo,
l’eterogeneità territoriale del costo
della vita, nonché di monitorare
potenziali situazioni di maggiore
vulnerabilità. In base ai dati riferiti
al 2022, per una famiglia di due
componenti di età compresa tra 30 e
59 anni, i valori della soglia più elevati
si riscontrano in alcuni comuni del
Centro Nord classificati come centro di
area metropolitana (Milano, Bologna,
Firenze, Venezia e Roma), in quelli
delle province autonome di Trento e di
Bolzano e in altri grandi comuni della
Lombardia e dell’Emilia-Romagna.
Questa evidenza rimane valida se si
aggiunge la presenza di un minore e si
conferma all’aumentare della sua età
(figura A).
Figura B
Soglie di povertà assoluta
per macroarea nel 2022 (1)
(euro)
1.300
1.300
1.200
1.200
1.100
1.100
1.000
1.000
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Fonte: elaborazioni su dati Istat; cfr. nelle Note metodologiche.
L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Soglie di
povertà assoluta.
(1) Il valore della soglia per ciascuna macroarea è ottenuto come
media ponderata dei dati elementari, disponibili per ciascuna
tipologia di famiglia e distinti per tipo di comune e regione
di residenza del nucleo, utilizzando come frequenza nella
popolazione il peso campionario presente nell’Indagine sulle
spese delle famiglie dell’Istat; dati disponibili per il 2022.
Tenendo conto della struttura della popolazione, la soglia media è più alta nel
Nord Est (circa 1.280 euro) e minore nel Nord Ovest (1.240) e al Centro (1.210);
è ancora più contenuta nel Mezzogiorno (1.020), dove è molto al di sotto del valore
medio nazionale (figura B). La soglia media di povertà assoluta del Centro Nord
eccede quella del Mezzogiorno del 18 per cento; questo valore sale al 21 per cento a
parità di composizione e distribuzione delle famiglie.
Per strutture familiari equivalenti, la differenza tra la soglia media per i comuni
centro di area metropolitana e quella per i comuni con meno di 50.000 abitanti e
non periferia di area metropolitana è compresa tra il 4 per cento nel Mezzogiorno e
il 16 al Centro (12 nella media nazionale).
Nel 2023 il proseguimento della fase di espansione economica e la revisione delle
misure di contrasto alla povertà (cfr. il capitolo 5 nella Relazione annuale sul 2022)2
hanno comportato una riduzione del 19,1 per cento del numero di nuclei familiari
percettori dell’RdC o della PdC; la diminuzione è stata inferiore nel Mezzogiorno
(16,1 per cento). Dal 1° gennaio scorso, con l’abolizione definitiva dell’RdC, è entrato
in vigore l’assegno di inclusione (AdI; DL 48/2023, convertito con modificazioni
dalla L. 85/2023), una nuova misura di contrasto alla povertà caratterizzata da criteri
di accesso più restrittivi, eccetto che per l’allentamento dei requisiti di residenza per
L’RdC e la pensione di cittadinanza (PdC) sono stati aboliti con la legge di bilancio per il 2023 (L. 197/2022).
Nel 2023 la durata del beneficio è stata limitata a sette mesi per le famiglie in cui non erano presenti
componenti minorenni, o con più di 59 anni, o disabili. Il DL 48/2023, convertito con modificazioni dalla
L. 85/2023, aveva previsto l’esclusione della limitazione del beneficio per i nuclei in cui i percettori erano stati
presi in carico dai servizi sociali in quanto non attivabili al lavoro.
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le famiglie straniere. Come già per l’RdC, i beneficiari dell’AdI sono prevalentemente
residenti nel Mezzogiorno (il 74 per cento del totale nel primo semestre del 2024).
Il supporto per la formazione e il lavoro, un’indennità temporanea condizionata
all’adesione a programmi formativi o a progetti utili per la collettività in vigore dal
settembre 2023, alla fine di giugno del 2024 era stato erogato a oltre 100.000 persone,
circa quattro quinti delle quali residenti nel Mezzogiorno.
I consumi. – Nel 2023 l’indicatore trimestrale regionale dei consumi elaborato
dalla Banca d’Italia (ITER-con) è aumentato in termini reali. La ripresa, iniziata
nel 2021, è proseguita in tutte le ripartizioni anche se con meno vigore dell’anno
precedente (fig. 3.3.a). L’espansione dei consumi è stata frenata dalla dinamica dei
prezzi, che ha eroso il potere di acquisto delle famiglie (cfr. il capitolo 1).
Nella prima metà del 2024 l’indicatore ITER-con è rimasto sostanzialmente stabile
nella media del Paese nel confronto con il periodo corrispondente del 2023; è aumentato
al Nord e diminuito al Centro e nel Mezzogiorno. Il clima di fiducia dei consumatori
è migliorato rispetto alla fine dell’anno precedente soprattutto nel Nord – sospinto da
opinioni più favorevoli riguardo alle condizioni finanziarie e reddituali delle famiglie –
e in misura minore al Centro; si è mantenuto sostanzialmente invariato nel Mezzogiorno
(fig. 3.3.b).
Figura 3.3
Consumi e clima di fiducia dei consumatori
(a) consumi (1)
(variazioni percentuali)
(b) clima di fiducia dei consumatori (2)
(numeri indice: 2021=100)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: Banca d’Italia ed elaborazioni su dati Istat, Conti economici territoriali; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni
italiane sul 2023 la voce Indicatori regionali trimestrali dei redditi e dei consumi.
(1) Variazioni percentuali dei consumi nella macroarea rispetto all’anno precedente; dati Istat per gli anni 2017-22; valore medio annuo
dell’indicatore ITER-con per il 2023; valori a prezzi costanti. L’indicatore rappresenta una stima coerente con i Conti economici trimestrali
pubblicati dall’Istat il 4 ottobre 2024. I Conti economici territoriali sul 2023 saranno pubblicati dall’Istat a dicembre 2024. – (2) Dati mensili
grezzi; medie mobili dei 3 mesi terminanti in quello di riferimento.
La ricchezza delle famiglie
Nel 2023 la ricchezza netta delle famiglie italiane, data dal valore delle attività
finanziarie e reali al netto delle passività, è cresciuta del 3,8 per cento (cfr. il capitolo 5
nella Relazione annuale sul 2023). Sulla base delle informazioni più recenti disponibili,
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tra il 2011 e il 2022 è salita significativamente al Nord e in misura molto contenuta nel
Mezzogiorno; si è invece appena ridotta al Centro (fig. 3.4.a e tav. a3.1). In rapporto al
reddito disponibile, la ricchezza netta è cresciuta di poco nel Nord (al 9,1 per cento nel
2022), mentre è scesa di circa un punto al Centro e nel Mezzogiorno (all’8,5 e al 6,7,
rispettivamente). Si è ampliata la quota detenuta dai nuclei più anziani (cfr. il riquadro:
Le scelte finanziarie delle famiglie più anziane).
Figura 3.4
Ricchezza totale netta delle famiglie: dinamica e sue componenti (1)
(a) dinamica
(numeri indice: 2011=100)
(b) componenti
(miliardi di euro)
5.000
5.000
4.000
4.000
3.000
3.000
2.000
2.000
1.000
1.000
-1.000
’11 ’12 ’13 ’14 ’15 ’16 ’17 ’18 ’19 ’20 ’21 ’22
Nord Ovest
Nord Est
Centro
-1.000
Nord Ovest Nord Est
Centro
Sud e Isole
Sud e Isole
passività finanziarie
altre attività reali
ricchezza netta
attività finanziarie
abitazioni
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia e Istat; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Ricchezza
delle famiglie.
(1) La ricchezza totale netta delle famiglie è data dalla somma delle attività reali e finanziarie al netto delle passività.
LE SCELTE FINANZIARIE DELLE FAMIGLIE PIÙ ANZIANE
Le proiezioni demografiche dell’Istat indicano che nell’arco di due decenni
in tutte le macroaree la popolazione con almeno 65 anni rappresenterà circa un
terzo dei residenti; rispetto al 2023 l’aumento della loro quota sarà significativo,
tra 8 punti percentuali nel Nord Ovest e 11 punti nel Mezzogiorno (figura A,
pannello a). L’invecchiamento della popolazione è un fattore di trasformazione di
rilievo per il sistema economico, nel quale le scelte di investimento e la domanda
di strumenti e servizi finanziari variano con l’età1.
Negli ultimi due decenni è mutata la distribuzione della ricchezza per fasce di
età delle famiglie. Secondo elaborazioni effettuate sui dati dell’Indagine sui bilanci
delle famiglie italiane (IBF), nel 2020 i nuclei più anziani2 detenevano circa un
terzo della ricchezza lorda complessiva al Centro Nord (in crescita, rispetto al
2000, di 6 punti percentuali nel Nord e di 10 punti al Centro) e quasi il 40 per
L. Cannari e G. D’Alessio, La ricchezza degli italiani. Tra cambiamento climatico, declino demografico e
innovazione digitale, Bologna, Il Mulino, 2023.
I nuclei familiari più anziani sono quelli in cui il principale percettore di reddito ha almeno 65 anni.
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cento nel Mezzogiorno (con un incremento di oltre 13 punti)3. Tra questi nuclei i
debiti erano meno diffusi: la quota di famiglie indebitate era compresa tra il 5 per
cento nel Nord Est e il 13 al Centro, a fronte di un valore di quasi un quarto nella
media complessiva italiana.
Tali mutamenti riflettono l’aumento della quota delle famiglie di anziani
(tra 5 punti percentuali nel Mezzogiorno e 11 punti al Centro), ma soprattutto il
miglioramento delle loro condizioni tra il 2000 e il 2020. Nel Nord e nel Mezzogiorno
il valore mediano della loro ricchezza netta (attività reali e finanziarie meno passività)
è salito in misura superiore a quello per l’intera popolazione (figura A, pannello b);
al contrario, per le famiglie più giovani si è avuto un significativo arretramento.
La divergenza tra classi demografiche non ha invece interessato il Centro.
Figura A
Andamento demografico e distribuzione della ricchezza
(a) quota dei residenti con almeno 65 anni
(valori percentuali)
(b) ricchezza netta familiare per fasce di età (1)
(indice: valore mediano dell’intera popolazione
in ciascuna macroarea=100)
’23 ’33 ’43 ’23 ’33 ’43 ’23 ’33 ’43 ’23 ’33 ’43
Nord Ovest Nord Est
Centro
Sud e Isole
fino a da 45 a 65 anni
44 anni 64 anni e oltre
Nord Ovest
Nord Est
fino a da 45 a 65 anni
44 anni 64 anni e oltre
Centro
Sud e Isole
Fonte: per il pannello (a), Istat; per il pannello (b), elaborazioni su dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane (IBF) sul 2000 e
sul 2020.
(1) La classe di età della famiglia è determinata dall’età del principale percettore di reddito. Le barre rappresentano i valori mediani della
ricchezza netta per fasce di età rapportati al valore mediano dell’intera popolazione della corrispondente macroarea. Elaborazioni con
il sistema di ponderazione che neutralizza gli effetti del cambiamento nella metodologia di campionamento introdotta nell’indagine sul
2020 (cfr. la nota 3).
In tutte le aree del Paese oltre tre quarti dei nuclei più anziani vivono in
abitazioni di proprietà (figura B, pannello a), che costituiscono la componente
principale della loro ricchezza. Nella maggioranza dei casi, soprattutto nel
Mezzogiorno, si tratta di immobili la cui proprietà è stata acquisita da oltre 30
anni e che di conseguenza potrebbero essere di difficile collocazione sul mercato,
ad esempio a causa dei costi di ristrutturazione connessi con la riqualificazione
energetica. In ogni ripartizione, ad eccezione del Centro, i portafogli finanziari delle
L’IBF sul 2020 è stata oggetto di importanti modifiche nella metodologia di campionamento volte ad accrescere
l’accuratezza delle stime, ma che al contempo hanno comportato l’interruzione della continuità delle serie
storiche. I confronti tra i risultati delle diverse edizioni della rilevazione presentati nel testo sono stati realizzati
elaborando le informazioni con metodi statistici che neutralizzano gli effetti di tali innovazioni metodologiche.
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Figura B
Abitazione di residenza delle famiglie e utilizzo degli strumenti di pagamento e digitali (1)
(a) abitazione di residenza (2)
(valori percentuali)
(b) utilizzo degli strumenti di pagamento e digitali
e competenze finanziarie dei nuclei più anziani (3)
(punti percentuali in deviazione dalla media)
Nord Ovest
fino a 44 anni
Nord Est
Centro
da 45 a 64 anni
Sud e Isole
65 anni e oltre
0 -12
carte di
quota spesa competenze utilizzo digital
credito/debito in contanti finanziarie banking (4)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: elaborazioni su dati IBF sul 2020.
(1) La classe di età della famiglia è determinata dall’età del principale percettore di reddito. Elaborazioni con il sistema di ponderazione
introdotto nell’indagine sul 2020 (cfr. la nota 3). – (2) Per ciascuna classe di età le barre rappresentano la quota di famiglie che vivono in
un’abitazione di proprietà. – (3) Ciascuna barra rappresenta la differenza tra il dato della classe di 65 anni e oltre di età e quello riferito
al totale delle famiglie della relativa macroarea. – (4) Scala di destra.
famiglie più anziane appaiono meno liquidi della media: l’incidenza dei depositi sul
totale delle attività è lievemente più contenuta, a fronte di maggiori investimenti in
gestioni patrimoniali o strumenti del risparmio gestito.
Anche l’accesso e l’utilizzo dei servizi di pagamento differiscono a seconda
dell’età. In tutte le macroaree le carte di credito e di debito sono meno diffuse tra i
nuclei familiari più anziani, per i quali è invece più elevata l’incidenza dei pagamenti
effettuati ricorrendo al contante, soprattutto nel Mezzogiorno (figura B, pannello b).
Tra i nuclei più anziani le conoscenze finanziarie di base appaiono più limitate, così
come risulta assai inferiore l’uso dei servizi bancari offerti tramite i canali digitali.
Il divario dalla media delle famiglie nell’accesso ai servizi finanziari da remoto è più
contenuto nel Mezzogiorno, dove il ricorso a tali strumenti è significativamente più
modesto per tutte le fasce di età rispetto al resto del Paese.
La ricchezza reale e il mercato delle abitazioni. – Tra il 2011 e il 2022 il valore
nominale delle attività reali delle famiglie italiane, costituite in prevalenza da abitazioni,
è diminuito del 7,4 per cento; il calo ha interessato principalmente il Centro e il
Mezzogiorno (-15 e -10 per cento, rispettivamente), dove il peso di queste attività
sulla ricchezza lorda rimane più elevato rispetto al Nord (fig. 3.4.b). Nel 2022 la
ricchezza reale era compresa fra 4,4 volte il reddito disponibile nel Sud e nelle Isole e
5,6 nel Centro.
Nel 2023 le compravendite immobiliari si sono ridotte in tutte le macroaree, con
un’intensità minore nel Mezzogiorno (fig. 3.5.a e tav. a3.2); vi ha influito il progressivo
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rialzo del costo dei finanziamenti, che ha frenato la domanda di prestiti per l’acquisto
di un immobile (cfr. il paragrafo: L’indebitamento delle famiglie). I prezzi delle case
hanno rallentato in media d’anno, soprattutto al Centro e nel Mezzogiorno (fig. 3.5.b),
salendo a un ritmo di gran lunga inferiore rispetto all’inflazione al consumo.
Figura 3.5
Mercato delle abitazioni
(dati semestrali; numeri indice: media 2019=100)
(a) compravendite
(b) prezzi (1)
1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°
’11 ’12 ’13 ’14 ’15 ’16 ’17 ’18 ’19 ’20 ’21 ’22 ’23’24
Nord Ovest
Nord Est
1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°2°1°
’11 ’12 ’13 ’14 ’15 ’16 ’17 ’18 ’19 ’20 ’21 ’22 ’23’24
Centro
Sud e Isole
Fonte: elaborazioni su dati Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle Entrate e Istat.
(1) Indice dei prezzi delle abitazioni per ripartizione geografica riferito al totale delle abitazioni.
Nel primo semestre del 2024 è proseguito il calo delle compravendite in tutte le
aree; i prezzi delle case hanno continuato a crescere.
La ricchezza finanziaria. – Tra il 2011 e il 2022 la ricchezza finanziaria netta
delle famiglie è aumentata del 53,5 per cento, in particolare nel Nord (58,5). Questa
dinamica è dovuta all’ampliamento delle attività finanziarie, favorita in parte anche
dalla loro rivalutazione. Vi si è associata una variazione della composizione: si è ridotto
il peso dei titoli di debito (specialmente privati), mentre è cresciuta l’incidenza di
azioni e partecipazioni, nonché delle quote dei fondi comuni. Nel 2022 la ricchezza
finanziaria lorda era compresa fra 3,0 volte il reddito disponibile nel Sud e nelle Isole e
5,1 volte nel Nord Ovest.
Nel 2023 il valore delle attività finanziarie è ulteriormente salito in tutto il territorio
nazionale. Le famiglie hanno modificato la composizione del portafoglio finanziario in
favore di attività come i depositi vincolati e le obbligazioni, i cui rendimenti hanno
maggiormente seguito il rialzo dei tassi di riferimento (cfr. il capitolo 5 nella Relazione
annuale sul 2023). I depositi vincolati sono cresciuti, più nel Nord (13,2 per cento) che
nel Mezzogiorno (3,2 per cento)3, ma non abbastanza da compensare la flessione dei
depositi a vista, che hanno risentito del più alto costo opportunità di detenere attività
liquide. Nel complesso i depositi bancari sono scesi, specialmente al Centro Nord
Per i depositi e i titoli a custodia presso le banche sono disponibili dati territoriali (delle segnalazioni di
vigilanza) più tempestivi rispetto al complesso della ricchezza finanziaria.
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(-4,7 per cento). L’interesse delle famiglie verso le obbligazioni si è tradotto soprattutto
in un forte incremento del valore degli investimenti in titoli di Stato italiani (tra il 76,1
per cento del Nord Ovest e il 91,0 del Nord Est); l’afflusso di risorse è stato ingente
sia verso nuove emissioni sia verso titoli già emessi (fig. 3.6). Anche l’ammontare delle
obbligazioni bancarie si è ampliato, più intensamente nel Mezzogiorno (65,6 per cento).
Figura 3.6
Scomposizione del tasso di variazione del valore di mercato delle obbligazioni
detenute dalle famiglie consumatrici a custodia presso le banche (1)
(valori percentuali)
Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud
Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole
totale
obbligazioni
effetto prezzo
di cui:
titoli di Stato italiani
di cui:
obbl. bancarie italiane
effetto quantità (2)
totale
obbligazioni
effetto sottoscrizioni nette (3)
di cui:
titoli di Stato italiani
residuo (4)
di cui:
obbl. bancarie italiane
variazione percentuale
Fonte: elaborazioni su dati delle segnalazioni di vigilanza; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce
Titoli a custodia.
(1) Titoli delle famiglie consumatrici a custodia presso le banche. Dati di fine anno. – (2) Si riferisce ai titoli già in portafoglio alla fine dell’anno
precedente. – (3) Riflette i titoli di nuova emissione, al netto del rimborso dei titoli giunti a scadenza nel corso dell’anno. – (4) È dato dalla
somma dell’effetto di interazione tra variazioni di prezzo e quantità e di un termine correttivo dovuto a un limitato numero di titoli per cui non
è possibile calcolare tali effetti.
Nel primo semestre del 2024 la flessione dei depositi bancari detenuti dalle
famiglie si è attenuata ovunque. Il processo di ricomposizione a favore di depositi
vincolati e titoli obbligazionari è proseguito a ritmi più bassi.
L’indebitamento delle famiglie
Nel 2023 il tasso di crescita dei prestiti per l’acquisto di abitazioni è fortemente
sceso, in pratica azzerandosi in tutte le macroaree, tranne che nel Sud e nelle Isole
(0,6 per cento; tav. a3.3). Le erogazioni si sono ridotte sensibilmente in ogni area, in
particolare al Centro; il calo è stato ovunque più intenso di quello delle compravendite
immobiliari, che sono state quindi realizzate con maggiore frequenza senza ricorrere
all’indebitamento (cfr. il Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia,
condotto tra gennaio e febbraio del 2024). Secondo i dati della Rilevazione analitica dei
tassi di interesse attivi, la diminuzione delle erogazioni è stata generalizzata, interessando
anche i mutui concessi ai giovani, che avevano trainato l’espansione nell’anno precedente
(fig. 3.7.a). In tutte le ripartizioni si è inoltre pressoché dimezzato l’utilizzo da parte
di questa categoria della garanzia pubblica per l’acquisto della prima casa (fig. 3.7.b).
L’ammontare dei nuovi mutui stipulati dai giovani resta comunque superiore ai livelli
del 2019 in tutte le aree, a differenza degli altri mutuatari (ad eccezione del Nord Est).
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Figura 3.7
Nuovi mutui per classe di età
(a) andamento dell’ammontare (1)
(numeri indici: 2019=100)
(b) accesso dei giovani al Fondo prima casa (2)
(milioni di euro)
5.000
5.000
4.000
4.000
3.000
3.000
2.000
2.000
1.000
1.000
’19 ’20 ’21 ’22 ’23 ’19 ’20 ’21 ’22 ’23 ’19 ’20 ’21 ’22 ’23
fino a 34 anni
tra 35 e 44 anni
oltre 44 anni
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
’19’20’21’22’23’19’20’21’22’23’19’20’21’22’23’19’20’21’22’23
Nord Ovest
Nord Est
Centro
giovani con garanzia all’80% (2)
Sud e Isole
altro (3)
giovani con garanzia al 50% (2)
Fonte: per il pannello (a), Rilevazione analitica dei tassi di interesse attivi; per il pannello (b), Consap.
(1) I dati sono riferiti alla clientela la cui esposizione complessiva verso l’intermediario erogante (comprensiva del nuovo mutuo) supera la
soglia di censimento di 75.000 euro. Nel caso di rapporti relativi a più cointestatari, le informazioni per classe di età sono state calcolate
attribuendo a ciascun mutuatario la relativa quota di pertinenza. – (2) Importo dei finanziamenti avviati nella fascia di età inferiore a 36 anni
con garanzia a valere sul Fondo prima casa. Il DL 73/2021 ha previsto l’innalzamento della garanzia all’80 per cento del capitale finanziato
per particolari categorie di mutuatari. – (3) Importo dei restanti finanziamenti con garanzia a valere sul Fondo prima casa.
Il minore ricorso ai mutui per l’abitazione ha riflesso prevalentemente il rialzo dei
tassi di interesse (cfr. Bollettino economico, 2, 2023). Secondo la Rilevazione analitica
dei tassi di interesse attivi, nel corso del 2023 il costo medio delle nuove operazioni ha
continuato a crescere ovunque, soprattutto per i contratti a tasso variabile (fig. 3.8), per
Figura 3.8
Erogazioni di mutui e tassi di interesse (1)
(milioni di euro e valori percentuali)
12.000
10.000
8.000
6.000
4.000
2.000
1° 2° 1° 2° 1° 2° 1° 1° 2° 1° 2° 1° 2° 1° 1° 2° 1° 2° 1° 2° 1° 1° 2° 1° 2° 1° 2° 1°
2023 ’24 2021
2023 ’24 2021
2023 ’24
Nord Ovest
nuovi mutui a tasso variabile
Nord Est
nuovi mutui a tasso fisso
Centro
tasso variabile (2)
Sud e Isole
tasso fisso (2)
Fonte: segnalazioni di vigilanza e Rilevazione analitica dei tassi di interesse attivi.
(1) I dati sono relativi ai nuovi prestiti erogati nel semestre con finalità di acquisto o ristrutturazione di abitazioni, si riferiscono alla località di
destinazione dell’investimento (abitazione) e sono al netto di operazioni agevolate accese nel periodo. I tassi di interesse rappresentano il
tasso medio praticato sulle nuove erogazioni nel periodo. – (2) Scala di destra.
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poi iniziare a diminuire nella prima parte del 2024. Il differenziale di costo tra contratti
a tasso fisso e variabile è divenuto ampiamente negativo in ogni ripartizione (di oltre
un punto percentuale); ne è conseguito un generalizzato incremento della quota delle
nuove erogazioni a tasso fisso, a conferma della preferenza delle famiglie italiane per i
finanziamenti con rata iniziale più bassa (cfr. il riquadro: L’esposizione delle famiglie al
rischio di tasso nei mutui abitativi, in Rapporto sulla stabilità finanziaria, 2, 2022).
Nel 2023 il credito al consumo è aumentato, a ritmi compresi tra il 5,1 per
cento del Mezzogiorno e il 5,9 del Nord Ovest, più bassi rispetto all’anno precedente
in tutte le aree ad eccezione del Centro. I finanziamenti finalizzati all’acquisto di
specifici beni hanno contribuito in misura più ampia all’espansione, rispecchiando
soprattutto la crescita dei prestiti per l’acquisto di veicoli, favorita dalla ripresa delle
nuove immatricolazioni. I prestiti non finalizzati hanno invece rallentato, ad eccezione
delle carte di credito a rimborso rateale (carte revolving), principalmente per il minore
contributo delle cessioni del quinto dello stipendio o della pensione nel Centro Sud e
dei prestiti personali nel Nord.
Nel primo semestre del 2024 la crescita dei prestiti di banche e società finanziarie
alle famiglie è rimasta debole, prossima allo zero in tutte le ripartizioni tranne nel
Mezzogiorno (1,4 per cento). Il credito al consumo ha continuato a espandersi ovunque,
mentre i mutui si sono mantenuti pressoché stabili.
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Economie regionali
4. IL MERCATO DEL LAVORO
Nel 2023 la crescita dell’occupazione è proseguita in tutte le ripartizioni ed è
stata più intensa nel Mezzogiorno. Il numero degli occupati è aumentato in quest’area
più che nel resto del Paese anche nel confronto con i livelli precedenti la pandemia;
vi ha inciso soprattutto l’espansione del numero di addetti nelle costruzioni e nel
settore pubblico.
La fase positiva del ciclo economico ha sospinto la partecipazione sull’intero
territorio nazionale, in particolare nel Nord Est e nel Mezzogiorno. Il numero di
persone attive è salito ovunque, nonostante la contrazione della popolazione in età
da lavoro. Il tasso di disoccupazione è diminuito in tutte le ripartizioni.
La crescita delle retribuzioni contrattuali, ancora moderata nel confronto con
gli altri principali paesi dell’area dell’euro, ha interessato ogni macroarea. Riflettendo
le differenze nella composizione settoriale delle attività economiche, gli incrementi
salariali sono stati leggermente inferiori nel Mezzogiorno, dove prevalgono settori
che hanno registrato aumenti più contenuti. Le retribuzioni di fatto sono cresciute
poco più dei minimi stabiliti dai contratti collettivi nazionali.
Nella prima metà del 2024 l’espansione dell’occupazione è proseguita con
intensità diversa tra i territori: particolarmente pronunciata nel Mezzogiorno, è stata
quasi nulla nel Nord Est, dove il rallentamento della domanda di lavoro è confermato
anche dal maggiore ricorso agli strumenti di integrazione salariale.
L’occupazione e le ore lavorate
In base ai dati pubblicati nella Stima preliminare del PIL e dell’occupazione
territoriale dell’Istat, nel 2023 il numero dei lavoratori occupati è cresciuto in
tutto il Paese (1,8 per cento; fig. 4.1.a e tav. a4.1), ma in modo più marcato
nel Mezzogiorno (2,5 per cento, rispetto a 1,2 nel Centro, a 1,5 nel Nord Ovest
e a 2,0 nel Nord Est). La dinamica dell’occupazione è stata ovunque sostenuta
dall’industria in senso stretto e, nel terziario, dai comparti del commercio, dei
pubblici esercizi, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Nel Sud e nelle Isole
l’espansione è stata accentuata anche nei servizi finanziari e alle imprese e nei
servizi prevalentemente pubblici (Pubblica amministrazione, istruzione e sanità).
Il numero di addetti nelle costruzioni è ulteriormente salito grazie all’aumento al
Centro e nel Mezzogiorno; è rimasto stabile nel Nord Est e si è lievemente ridotto
nel Nord Ovest.
Dalla Rilevazione sulle forze di lavoro (RFL) dell’Istat emerge che l’espansione
dell’occupazione ha interessato principalmente il lavoro dipendente a tempo
indeterminato, mentre quello a tempo determinato è diminuito in tutte le
macroaree ad eccezione del Centro. L’incremento dei rapporti di lavoro stabili è
stato indotto anche dalle trasformazioni dei contratti a termine in permanenti;
queste sono aumentate al Centro e nel Mezzogiorno (fig. 4.1.b), dove l’incidenza del
lavoro a tempo indeterminato resta tuttavia inferiore a quella del Nord. La crescita
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Figura 4.1
Dinamica dell’occupazione e tasso di trasformazione di contratti a termine
(a) occupazione (1)
(numeri indice: 2019=100)
(b) tasso di trasformazione (2)
(medie annuali di dati mensili; valori percentuali)
104 3,0
102 2,5
100 2,0
98 1,5
Nord Ovest
Nord Est
96 1,0
Centro
Sud e Isole
Fonte: per il pannello (a), elaborazioni su dati Istat, Conti economici territoriali e Stima preliminare del PIL e dell’occupazione territoriale.
Anno 2023, Statistiche report, 25 giugno 2024; per il pannello (b), elaborazioni su dati del campione integrato delle comunicazioni
obbligatorie (CICO) del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
(1) I valori per il 2023 sono stati ottenuti applicando gli incrementi riportati nella Stima preliminare del PIL e dell’occupazione territoriale
ai valori del 2022. La stima preliminare dell’occupazione non tiene conto delle revisioni dei conti nazionali pubblicate il 23 settembre
2024. – (2) Settore privato non agricolo; lavoratori tra 15 e 64 anni. Media annuale della quota mensile di contratti di lavoro a termine
convertiti a tempo indeterminato.
dell’occupazione ha riguardato soprattutto la componente a tempo pieno; quella a
tempo parziale è salita in modo consistente soltanto nel Nord Est.
L’occupazione femminile è aumentata in misura maggiore di quella maschile in tutte
le macroaree tranne che al Centro. Il numero degli occupati nelle fasce di età più giovane
(15-34 anni) e più matura (50 anni e oltre) è salito ovunque; nella classe intermedia
(35-49 anni) si è lievemente ampliato nel Mezzogiorno ed è diminuito al Centro Nord,
esclusivamente per effetto dalla contrazione della popolazione.
Il numero degli occupati nati all’estero è cresciuto in tutto il Paese ad eccezione
del Nord Est. Negli ultimi quindici anni il contributo dei lavoratori stranieri alla
variazione dell’occupazione è stato significativo in ogni ripartizione (cfr. il riquadro:
Il contributo di nativi e stranieri alla crescita dell’occupazione).
IL CONTRIBUTO DI NATIVI E STRANIERI ALLA CRESCITA DELL’OCCUPAZIONE
Tra il 2007 e il 2023 la crescita dell’occupazione nella media dell’Unione
europea e nei principali paesi centro-settentrionali è stata superiore a quella negli
Stati meridionali: a fronte di un aumento generalizzato degli occupati stranieri, la
più modesta dinamica osservata in Spagna e in Italia ha riflesso il calo del numero
dei lavoratori nativi1 (figura A, pannello a).
La distinzione si basa sul paese di origine dei lavoratori. Si considerano “nativi” i nati nel paese di
riferimento e “stranieri” i lavoratori nati all’estero.
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Figura A
Variazione dell’occupazione tra il 2007 e il 2023 (1)
(variazioni percentuali cumulate nel periodo e contributi in punti percentuali)
(a) nei principali paesi europei
(b) in Italia
Paesi
Bassi
Germania Francia
Spagna
Italia
Ovest
Unione
europea
contributo nativi
contributo stranieri
Centro
Sud e Isole
variazione totale
Fonte: elaborazioni su dati Eurostat, European Union Labour Force Survey (EU-LFS); cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle
regioni italiane sul 2023 la voce Contributo di nativi e stranieri alla crescita dell’occupazione.
(1) Dati riferiti agli individui di età compresa tra 15 e 74 anni. Eventuali discrepanze marginali tra la somma del contributo di nativi e
stranieri e la variazione dell’occupazione sono riconducibili a valori mancanti per il paese di nascita nelle rispettive rilevazioni nazionali.
In Italia gli andamenti sono stati eterogenei tra macroaree (figura A, pannello b):
l’occupazione è salita al Centro Nord ed è diminuita nel Mezzogiorno; il contributo
dei nativi è stato negativo pressoché ovunque (quasi nullo al Centro), mentre
l’apporto dei lavoratori stranieri è risultato positivo, maggiore al Centro Nord
rispetto al Sud e alle Isole.
Figura B
Scomposizione della variazione dell’occupazione tra il 2007 e il 2023 (1)
(variazioni percentuali cumulate nel periodo)
(a) nativi
(b) stranieri
12 100
Ovest
Centro
Sud e
Isole
forza lavoro/popolazione
Italia
Unione
europea
-12 -20
occupazione/forza lavoro
Ovest
popolazione
Centro
Sud e
Isole
residuo
Italia
Unione
europea
occupazione
Fonte: elaborazioni su dati Eurostat, European Union Labour Force Survey (EU-LFS); cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle
regioni italiane sul 2023 la voce Contributo di nativi e stranieri alla crescita dell’occupazione.
(1) Dati riferiti agli individui di età compresa tra 15 e 74 anni. Il residuo rappresenta la quota di variazione dell’occupazione non riferibile
a nessuna delle altre componenti.
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Nel periodo 2007-23 la dinamica negativa dell’occupazione dei nativi è dipesa
in tutte le macroaree italiane soprattutto dalla contrazione della popolazione,
nettamente superiore a quella della media europea (figura B, pannello a); ha inciso
anche, in misura più contenuta al Centro Nord e più ampia nel Mezzogiorno, il
calo del rapporto fra occupati e forze di lavoro2, il cui contributo è stato invece
positivo nella media europea. Il rialzo del tasso di partecipazione al mercato
del lavoro3 ha invece sostenuto l’occupazione in ogni ripartizione, come negli
altri paesi. La crescita dell’occupazione straniera in Italia e nelle diverse aree è
interamente attribuibile all’incremento della popolazione, superiore a quello
medio della UE (figura B, pannello b). Nel 2023 la quota di popolazione straniera
in Italia rimaneva tuttavia più bassa (12,7 per cento) sia della media della UE
(14,2) sia di quella di Germania (22,2), Francia (14,3), Spagna (19,9) e Paesi
Bassi (16,3).
Tale rapporto rappresenta il complemento al tasso di disoccupazione.
Il tasso di partecipazione è definito come il rapporto tra forze di lavoro (somma degli occupati e dei
disoccupati) e popolazione.
Secondo i conti nazionali, le ore lavorate sono salite del 2,4 per cento; sulla
base di elaborazioni sui dati dell’RFL, la crescita è stata più elevata nel Nord Ovest
e nel Mezzogiorno rispetto alle altre
Figura 4.2
macroaree. Al più intenso utilizzo
Quota di professioni qualificate sul totale
dell’input di lavoro si è associata
delle attivazioni nette di posizioni
una significativa riduzione delle ore
lavorative alle dipendenze (1)
(valori percentuali)
autorizzate di integrazione salariale
in tutte le ripartizioni tranne che
nel Nord Est (tav. a4.2), dove sono
rimaste di circa il 150 per cento
superiori a quelle del 2019, rispetto
al 50 per cento nella media del
Paese.
Nel complesso del periodo
successivo alla crisi sanitaria, la
dinamica occupazionale nel Sud e
nelle Isole è risultata più sostenuta
di quella osservata al Nord e
soprattutto al Centro; vi hanno
concorso gli incentivi all’occupazione,
tra cui lo sgravio contributivo in
essere dalla seconda metà del 2020
(decontribuzione Sud)1, la ripresa degli
investimenti pubblici − che insieme
’18-’19 ’22-’23 ’18-’19 ’22-’23 ’18-’19 ’22-’23 ’18-’19 ’22-’23
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: elaborazioni su dati CICO.
(1) Settore privato non agricolo; lavoratori tra 15 e 64 anni. Ogni barra
indica la quota percentuale di professioni qualificate sul totale delle
attivazioni nette di posizioni lavorative alle dipendenze (contratti a
tempo indeterminato, determinato e di apprendistato). Le attivazioni
nette sono pari alle assunzioni meno le cessazioni. Le professioni
qualificate corrispondono ai codici ISCO-08 1 (dirigenti), 2 (professioni
intellettuali e scientifiche) e 3 (professioni tecniche intermedie).
La decontribuzione Sud consiste in una riduzione del 30 per cento dei contributi a carico del datore di
lavoro per tutti i lavoratori dell’impresa, sebbene con tetti imposti dalla disciplina sugli aiuti di Stato. È
stata introdotta dalle LL. 104/2020 e 178/2020 ed è soggetta ad autorizzazione periodica da parte della
Commissione europea; è in vigore sino alla fine del 2024.
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al Superbonus ha favorito l’espansione del settore delle costruzioni − e lo sblocco
del turnover del personale della Pubblica amministrazione (cfr. il riquadro: Il
fabbisogno atteso di personale sanitario del capitolo 5). Nel biennio 2022-23 la quota
delle assunzioni di figure professionali a più elevata qualifica nel settore privato
non agricolo è rimasta pressoché invariata rispetto ai valori pre-pandemici nel
Mezzogiorno, è fortemente aumentata nel Nord Ovest e si è ridotta al Centro e nel
Nord Est (fig. 4.2).
Secondo l’RFL, nei primi sei mesi del 2024 l’espansione dell’occupazione
è proseguita a ritmi sostenuti (1,5 per cento in Italia sul periodo corrispondente
del 2023; tav. a4.1). L’incremento è stato più accentuato nel Mezzogiorno (2,5 per
cento), grazie alla crescita nelle costruzioni e in tutti i comparti del terziario, mentre
è risultato contenuto nel Nord Est (0,2), dove si è registrata una contrazione del
commercio e del turismo. Sono emersi tuttavia segnali di rallentamento della domanda
di lavoro associati a un aumento delle ore di integrazione salariale autorizzate, in
particolare al Nord.
L’offerta di lavoro e la disoccupazione
Nel 2023 la popolazione in età da lavoro (tra 15 e 64 anni) ha continuato a
diminuire (0,1 per cento), in particolare nel Mezzogiorno (0,7); in questa ripartizione
il saldo migratorio complessivo è stato prossimo allo zero, in quanto i flussi in entrata
da paesi stranieri sono stati compensati da quelli in uscita, soprattutto tra i giovani.
Nel Nord il calo è stato contenuto dall’immigrazione dall’estero e dalle regioni
meridionali.
Nonostante la dinamica demografica avversa, che avrà un impatto ancora
più rilevante sull’offerta di lavoro dei prossimi anni (cfr. il riquadro: Andamento
demografico delle macroaree e contributo alla crescita economica del capitolo 1), il
numero di partecipanti al mercato del lavoro è cresciuto in tutte le ripartizioni,
sospinto da un rialzo del tasso di attività, più marcato nel Nord Est e nel Mezzogiorno
(tav. a4.3). La partecipazione femminile è salita in maniera generalizzata, ma nel
Sud e nelle Isole resta ancora inferiore di oltre 20 punti percentuali alla media delle
altre macroaree.
L’incremento del numero degli occupati si è associato a una netta diminuzione
del tasso di disoccupazione (fig. 4.3.a), maggiore nel Nord Ovest e al Centro. Anche
la quota dei giovani tra 15 e 29 anni che non sono né occupati né inseriti in percorsi
di istruzione o formazione (not in employment education or training, NEET) si è
ulteriormente ridotta, in misura simile in tutte le ripartizioni (fig. 4.3.b); nel 2023
era tuttavia ancora pari al 16,1 per cento (19,0 nel 2022) e raggiungeva il 24,7 per
cento nel Mezzogiorno (27,9 nel 2022).
Nel primo semestre del 2024 il tasso di partecipazione è aumentato al 66,8 per
cento nella media del Paese (66,5 nello stesso periodo del 2023); è cresciuto ovunque
ad eccezione del Nord Est, dove si è contratto di quasi un punto percentuale (tav. a4.3).
È proseguito il calo del tasso di disoccupazione, in particolare nel Nord Est (3,7 per
cento, da 4,6) e nel Mezzogiorno (13,3, da 14,4).
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Figura 4.3
Tasso di disoccupazione e NEET
(valori percentuali)
(a) tasso di disoccupazione (1)
(b) quota dei NEET (2)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: Istat, RFL.
(1) Dati grezzi. Il tasso di disoccupazione è calcolato sulla popolazione tra 15 e 74 anni. – (2) Dati grezzi. Quota dei giovani tra 15 e 29
anni che non sono né occupati né inseriti in percorsi di istruzione o formazione. Il valore del 2017 non tiene conto della revisione dell’RFL
avvenuta nel 2021 in seguito al recepimento del regolamento UE/2019/1700.
Le retribuzioni
Nel 2023 nel settore privato non agricolo le retribuzioni contrattuali sono
salite del 2,2 per cento, in accelerazione rispetto all’anno precedente. All’aumento ha
contribuito prevalentemente il comparto dell’industria, anche per effetto del recupero
automatico − previsto dal contratto del settore metalmeccanico − dello scostamento
tra la dinamica retributiva accordata e l’andamento realizzato dell’indice armonizzato
dei prezzi al consumo al netto dei beni energetici importati. Secondo nostre stime,
per via della composizione settoriale dell’occupazione, gli incrementi salariali
sono stati inferiori nel Mezzogiorno e in particolare nelle Isole, dove il comparto
metalmeccanico è meno diffuso.
In base a nostre elaborazioni sui dati forniti nei rapporti annuali dell’INPS, le
retribuzioni giornaliere di fatto nel settore privato non agricolo − che dipendono anche
dalle ore lavorate e da eventuali integrazioni salariali a livello aziendale e territoriale − sono
aumentate in maniera analoga in tutto il Paese; l’incremento è stato appena superiore a
quello dei minimi stabiliti dai contratti collettivi nazionali. Il livello delle retribuzioni
rimane più alto nel Centro Nord rispetto al Mezzogiorno di circa il 30 per cento.
Nei primi sei mesi del 2024 la dinamica delle retribuzioni contrattuali si è
intensificata (4,3 per cento su base annua a giugno) a seguito dei rinnovi di alcuni
importanti contratti collettivi nei servizi, tra cui quello del commercio. Gli aumenti
concordati avrebbero inciso in misura maggiore rispetto alla media nazionale nel
Nord, meno nel Sud e soprattutto nelle Isole. Ne deriverebbe un ampliamento del
differenziale retributivo nominale tra aree; quello reale sarebbe rimasto sostanzialmente
invariato per effetto di una crescita dei prezzi al consumo leggermente inferiore nel
Mezzogiorno (cfr. il capitolo 1).
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5. LE POLITICHE PUBBLICHE
Nel 2023 i conti delle Amministrazioni locali sono migliorati. In rapporto al PIL le
entrate sono rimaste sostanzialmente stabili, mentre le spese hanno continuato a diminuire:
il saldo di bilancio ha registrato un lieve avanzo. Anche l’incidenza del debito è scesa.
Al fine di ridurre i divari economici e sociali tra le diverse aree del Paese, alla spesa
pubblica ordinaria si affiancano le politiche di coesione. Il ciclo di programmazione
2014-20, per il quale erano stati stanziati fondi per circa 140 miliardi di euro, è in via
di completamento. Il ciclo di programmazione 2021-27 invece è ancora a uno stadio
iniziale, anche per i recenti interventi normativi riguardanti la gestione; a tale ciclo
afferiscono fondi per complessivi 143 miliardi (di cui 75 riconducibili alle politiche
strutturali europee, finanziate per oltre il 40 per cento con risorse nazionali).
I conti delle Amministrazioni locali
Le entrate. – Nel 2023 le entrate delle Amministrazioni locali sono aumentate
del 6,3 per cento (a 295,2 miliardi di euro, pari al 13,9 per cento del PIL; tav. a5.1).
I trasferimenti pubblici, saliti del 7,6 per cento (a quasi 165 miliardi), si sono
confermati la voce più rilevante delle entrate locali (56 per cento). Hanno ripreso a
crescere i trasferimenti correnti (del 6,7 per cento, a circa 150 miliardi), in presenza
di una perdurante e sostenuta espansione di quelli in conto capitale, su cui hanno
inciso le risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). L’attuazione
dell’autonomia differenziata accrescerà ulteriormente la quota di entrate locali derivate
da quelle erariali (cfr. il riquadro: La legge quadro sull’autonomia differenziata).
LA LEGGE QUADRO SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Il 19 giugno 2024 il Parlamento ha approvato in via definitiva la legge quadro
sull’attuazione dell’autonomia differenziata (legge 26 giugno 2024, n. 86)1. L’art. 116,
comma 3 della Costituzione prevede la possibilità che una Regione chieda e ottenga
maggiori competenze, in un elenco prestabilito di materie, previo accordo con lo
Stato. La L. 86/2024 definisce la procedura per la stipula delle intese e fissa alcuni
principi di carattere generale per i profili di finanza pubblica2.
Il provvedimento era stato presentato dal Governo il 23 marzo 2023 e licenziato in prima lettura dal
Senato il 23 gennaio 2024, dopo essere stato collegato alla manovra di bilancio per il 2024.
Per approfondimenti e valutazioni di merito, cfr. Disegno di legge AS 615 “Disposizioni per l’attuazione
dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della
Costituzione”, memoria della Banca d’Italia, 1a Commissione permanente del Senato della Repubblica (Affari
costituzionali), Senato della Repubblica, Roma, 19 giugno 2023; Disegno di legge AS 615 “Disposizioni
per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo
comma, della Costituzione”, memoria della Banca d’Italia, Commissione parlamentare per le questioni
regionali, Roma, 30 ottobre 2023; Disegno di legge C 1665 “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia
differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”,
memoria della Banca d’Italia, 1a Commissione della Camera dei deputati (Affari costituzionali, della
Presidenza del Consiglio e Interni), Camera dei deputati, Roma, 27 marzo 2024.
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Sotto l’aspetto procedurale si distinguono, nell’ambito delle materie
trasferibili alle Regioni, quelle associate a livelli essenziali delle prestazioni (LEP)3
dalle materie che non lo sono4. Le prime coinvolgono i diritti civili e sociali delle
persone (ad es. sanità e istruzione) e possono essere trasferite solo dopo che siano
stati determinati i LEP da garantire su tutto il territorio nazionale e i relativi
costi e fabbisogni standard; il negoziato tra Stato e Regione deve essere svolto
per ciascuna materia o una sua parte. La procedura può essere invece avviata
sin dall’entrata in vigore della legge quadro per le altre materie; in ogni caso
il Presidente del Consiglio dei ministri ha la facoltà di escluderne alcune dal
negoziato qualora ravvisi l’esigenza di tutelare “l’unità giuridica o economica,
nonché di indirizzo rispetto a politiche pubbliche prioritarie” (art. 2, comma 2,
della L. 86/2024).
La norma stabilisce i passaggi formali per giungere alla stipula delle intese e
ne fissa le scadenze. La procedura è avviata con un atto di iniziativa della Regione
interessata, con cui si dà inizio a un negoziato con il Governo per la definizione
di uno schema di intesa preliminare. Quest’ultimo è trasmesso alla Conferenza
unificata e alle Commissioni bicamerali competenti (che si esprimono con
eventuali atti di indirizzo), in modo da pervenire alla formulazione di una versione
definitiva. La tappa finale consiste nella predisposizione da parte del Governo di
un disegno di legge, con allegata l’intesa definitiva, sottoposto all’approvazione
delle Camere a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti. Le intese hanno
durata non superiore a dieci anni e si rinnovano automaticamente, salvo diversa
volontà espressa dallo Stato o dalla Regione; possono essere modificate, su iniziativa
di una delle due parti, rispettando la medesima procedura prevista per la loro
approvazione.
Per quanto concerne gli aspetti finanziari, la legge stabilisce che alle Regioni che
ottengono l’autonomia differenziata siano attribuite quote di compartecipazione
al gettito di uno o più tributi erariali maturato sul proprio territorio. I criteri
per la quantificazione della spesa e la corrispondente definizione delle aliquote di
compartecipazione saranno individuati nelle singole intese. In particolare, alcune
Commissioni paritetiche Stato-Regione provvederanno a quantificare l’entità
delle risorse finanziarie, umane e materiali oggetto di trasferimento, nonché a
verificare annualmente l’allineamento fra i fabbisogni finanziari e il gettito dei
tributi compartecipati, proponendo eventuali adeguamenti delle aliquote di
compartecipazione (da adottare con decreto ministeriale).
Le materie associate ai LEP sono 14: norme generali sull’istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema
e dei beni culturali; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno
all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo;
governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento
della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; valorizzazione dei beni
culturali e ambientali; promozione e organizzazione di attività culturali (art. 3 del disegno di legge).
Le materie non associate ai LEP sono 9: organizzazione della giustizia di pace, limitatamente
all’individuazione dei circondari; rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio
con l’estero; previdenza complementare e integrativa; enti di credito fondiario e agrario a carattere
regionale; professioni; protezione civile; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale.
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Economie regionali
Le entrate proprie di natura tributaria sono aumentate del 4,2 per cento (a 83,7
miliardi). L’incremento è stato particolarmente pronunciato per le imposte dirette
(tav. a5.2), trainate dalle addizionali all’Irpef (salite del 7,3 per cento, a 19,2 miliardi).
Le imposte indirette sono cresciute in misura più contenuta, riflettendo una moderata
espansione dell’IRAP (del 2,9 per cento, a 28,9 miliardi), a fronte della sostanziale
stabilità del gettito delle imposte immobiliari. Le entrate proprie di natura extratributaria
sono aumentate del 3,4 per cento (a 34,3 miliardi), soprattutto per l’andamento dei
proventi dei servizi pubblici locali.
La spesa. – Nel 2023 la spesa delle Amministrazioni locali è salita del 4,3 per
cento (a 291,6 miliardi; tav. a5.1); in rapporto al PIL ha continuato a scendere
(al 13,7 per cento), portandosi su livelli inferiori a quelli osservati prima della
pandemia. La componente corrente è aumentata di appena l’1,9 per cento (a 249,4
miliardi), mentre quella in conto capitale del 20,4 (a 42,2 miliardi).
La spesa sanitaria. – La spesa sanitaria, che rappresenta oltre la metà degli esborsi
correnti locali, si è ampliata dello 0,6 per cento (a 131,5 miliardi); in rapporto al PIL
ha raggiunto un valore fra i più bassi degli ultimi vent’anni (6,2 per cento).
Sia le prestazioni in natura sia i consumi intermedi sono cresciuti, sebbene in
misura piuttosto modesta (dello 0,8 e dello 0,1 per cento, a 42,5 e 43,8 miliardi,
rispettivamente). L’incremento della spesa per il personale, pari a oltre 3,5 punti in
media l’anno nel 2020-22, ha fortemente decelerato (0,8 per cento, a 40,7 miliardi).
Le informazioni più recenti indicano che la dotazione di personale sanitario nelle
strutture pubbliche ha recuperato i livelli precedenti la crisi dei debiti sovrani.
Le differenze territoriali restano tuttavia significative, soprattutto nel caso degli
infermieri e del personale tecnico (cfr. il riquadro: Il fabbisogno atteso di personale
sanitario). Sull’evoluzione degli organici peseranno in prospettiva la necessità di
garantire il ricambio generazionale e quella di assicurare l’operatività delle strutture
realizzate in attuazione del PNRR.
IL FABBISOGNO ATTESO DI PERSONALE SANITARIO
Tra il 2011 e il 2019 il personale del Servizio sanitario nazionale (SSN) è
diminuito, con intensità diversa tra le macroaree; vi hanno influito i vincoli alla
spesa e, per le regioni in Piano di rientro1, il blocco del turnover. La pandemia ha
portato a un’inversione di tendenza che ha visto aumentare il numero dei dipendenti
dell’SSN. Ciò non ha tuttavia consentito di colmare i divari territoriali esistenti e di
superare i problemi legati all’anzianità dell’organico né, in prospettiva, di soddisfare
il maggiore fabbisogno di personale connesso con la realizzazione delle strutture
territoriali previste dal PNRR.
I Piani di rientro sono finalizzati al perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli
essenziali di assistenza; si basano su programmi operativi di riorganizzazione, riqualificazione o
potenziamento del Servizio sanitario regionale, come stabilito dalla L. 311/2004 e successive modifiche
e integrazioni.
Economie regionali
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Alla fine del 2022 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati) operavano
presso l’SSN 123 addetti ogni 10.000 abitanti: 109 nel Mezzogiorno, contro i
122 del Centro e i 134 del Nord. Il numero degli addetti è aumentato in misura
significativa in tutte le aree rispetto al 2019, con intensità maggiore al Centro e nel
Mezzogiorno (tav. a5.3). L’incremento è però avvenuto prevalentemente grazie a
contratti temporanei e i differenziali territoriali nella dotazione di personale stabile
si sono ampliati: tra il 2011 e il 2022 il personale con un contratto permanente è
cresciuto al Nord, è rimasto invariato al Centro ed è diminuito nel Mezzogiorno.
Il divario di quest’ultima area rispetto al resto del Paese è ancora più ampio se si
includono gli addetti delle strutture sanitarie equiparate a quelle pubbliche e il
personale delle strutture private accreditate (tav. a5.4).
Per il sistema sanitario nel suo complesso, un aspetto critico è costituito dalla
disponibilità di medici in convenzione, come quelli di medicina generale (MMG)
e i pediatri di libera scelta (PLS), il cui numero è ulteriormente sceso dopo la
pandemia; la loro dotazione risulta più bassa nel Nord rispetto al resto del Paese
(tav. a5.5).
Il limitato turnover ha fortemente inciso sulla composizione per età del
personale dipendente dell’SSN: alla fine del 2022 il 16 per cento dell’organico
aveva almeno 60 anni; per i medici tale quota raggiungeva il 26 per cento, il 34 nel
Mezzogiorno (tav. a5.6 e figura, pannello a). Oltre il 40 per cento degli MMG e
dei PLS aveva almeno 60 anni (oltre il 45 nel Mezzogiorno).
A legislazione vigente, tutto il personale che alla fine del 2022 aveva 60 o
più anni di età cesserà di lavorare per pensionamento nell’arco di 10 anni: ciò
corrisponde a più di 27.000 medici, oltre 24.000 infermieri e altrettanti addetti
del ruolo tecnico, e a 28.000 MMG e PLS2. Si genererà la necessità di assicurare
un consistente ricambio generazionale, in particolare nel Mezzogiorno (figura,
pannello a).
L’esigenza di garantire consistenti flussi in ingresso è ulteriormente
accresciuta dal fabbisogno di personale dovuto al potenziamento dell’assistenza
territoriale previsto dalla missione 6 (salute) del PNRR. Si stima che la sua
completa attuazione richiederà almeno 19.600 infermieri e 6.300 operatori socio
sanitari (OSS) e addetti alla riabilitazione, prevalentemente in aggiunta rispetto
alla dotazione attuale3. La distribuzione di tali figure professionali sul territorio
sarà proporzionale al numero di strutture da attivare (tav. a5.7) e implicherà un
aumento dell’organico maggiore nel Mezzogiorno (figura, pannello b).
Per la stima delle fuoriuscite si utilizza un’età pensionabile compresa tra 67 e 70 anni, con la possibilità
per i soli dirigenti medici di rimanere in servizio su base volontaria fino a 72 anni (come previsto dal
DL 215/2023).
La stima è stata effettuata considerando congiuntamente gli obiettivi fissati dal PNRR e gli standard
di personale introdotti con il DM 77/2022; questi ultimi prevedono, per ogni tipologia di struttura e
figura professionale, una dotazione compresa tra un valore minimo e massimo. Per maggiori dettagli,
cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Fabbisogno di personale
sanitario associato al PNRR.
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Economie regionali
Figura
Fabbisogno di personale per raggiungimento dell’età pensionabile
e per l’attuazione del PNRR (1)
(valori percentuali)
(a) personale che raggiungerà l’età pensionabile
entro il prossimo decennio (2)
(b) fabbisogno generato dal PNRR (3)
medici
infermieri
OSS e
riabilitazione
MMG e
Centro
minimo
massimo
infermieri
Sud e Isole
minimo
massimo
OSS e riabilitazione
Italia
Fonte: per il pannello (a), elaborazioni su dati Ragioneria generale dello Stato, Conto annuale. Per MMG e PLS, elaborazioni su dati
Fondazione Enpam e Struttura interregionale sanitari convenzionati (Sisac); per il pannello (b), stime basate su quanto previsto dal
DM 77/2022. Cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Fabbisogno di personale sanitario
associato al PNRR.
(1) Incidenza sul personale in organico alle strutture sanitarie pubbliche (ASL, Aziende ospedaliere, aziende integrate con il SSN e con
l’università e IRCCS pubblici, anche costituiti in fondazione), classificati secondo il ruolo al 31 dicembre 2022. – (2) I dati del personale
del SSN sono relativi ai soli contratti a tempo indeterminato. Per MMG e PLS, i dati sul personale con almeno 60 anni sono di Fondazione
Enpam, mentre il numero totale a fine 2022 è stimato sulla base dei dati Sisac. – (3) Il DM 77/2022 prevede, per ogni struttura e figura
professionale, una dotazione compresa tra un minimo e un massimo.
Nel complesso, nel prossimo decennio il turnover del personale e il
potenziamento dell’assistenza territoriale previsto dal PNRR genereranno un
fabbisogno, in termini di incidenza sull’organico alla fine del 2022, per i medici
(comprensivi degli MMG e dei PLS) pari al 24 per cento nel Nord, al 30 al
Centro e al 37 nel Mezzogiorno e per gli infermieri all’11, al 15 e al 20 per cento,
rispettivamente.
La spesa per investimenti. – La spesa per investimenti delle Amministrazioni locali,
in stabile espansione nel quinquennio 2018-22 (dell’8,0 per cento in media annua, 6,2
in termini reali), ha fortemente accelerato nel 2023, crescendo di oltre il 20 per cento
(a 34,6 miliardi); la sua incidenza in rapporto al PIL è aumentata (all’1,6 per cento),
riportandosi sui livelli del 2012. Gli investimenti locali hanno rappresentato oltre la
metà di quelli pubblici complessivi.
Il dettaglio territoriale, ricostruito a partire dai dati del Sistema informativo delle
operazioni degli enti pubblici (Siope), evidenzia una ripresa particolarmente marcata
nel Sud e nelle Isole, dove la spesa per investimenti pro capite avrebbe superato la media
del resto del Paese per la prima volta dal 2015 (anno di chiusura del precedente ciclo
di programmazione delle politiche europee; fig. 5.1). La dinamica degli investimenti
pubblici locali è verosimilmente collegata alla progressiva realizzazione degli interventi
del PNRR, che procede tuttavia a ritmi diversi fra le varie macroaree (cfr. il riquadro:
Gli appalti e l’attivazione dei cantieri nell’ambito del PNRR). Fra gli investimenti in
Economie regionali
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crescita si segnalano quelli legati all’adeguamento tecnologico dei Comuni e allo
sviluppo di procedure digitali per l’erogazione dei servizi (cfr. il riquadro: Il grado di
digitalizzazione dei Comuni).
Figura 5.1
Spesa delle Amministrazioni locali per investimenti fissi per macroaree
(euro pro capite)
Italia
Centro Nord
Sud e Isole
Fonte: elaborazioni su dati Siope e Istat per la popolazione.
GLI APPALTI E L’ATTIVAZIONE DEI CANTIERI NELL’AMBITO DEL PNRR
Secondo i dati del portale Italia Domani, a luglio del 2024 il valore dei progetti
finanziati con le risorse del PNRR gestiti da soggetti attuatori pubblici1 ammontava
a 113 miliardi di euro2. Circa l’80 per cento di tali progetti (91 miliardi) riguarda
interventi per cui è richiesta una gara d’appalto3. Dai dati dell’Autorità nazionale
anticorruzione (ANAC)4 e del portale Italia Domani, risulta che i bandi pubblicati
tra gennaio 2020 e agosto 2024 e collegati a progetti finanziati dal PNRR sono stati
più di 173.000, per un ammontare di circa 61 miliardi di euro.
I ministeri di competenza, titolari delle risorse del Piano, le assegnano ai soggetti attuatori che sono i
responsabili della realizzazione delle misure e degli investimenti del Piano stesso. Oltre ai progetti gestiti da
soggetti attuatori pubblici (in questo riquadro Amministrazioni pubbliche locali o centrali) si considerano
anche quelli che prevedono una procedura di affidamento a evidenza pubblica.
Il valore degli interventi censiti nel portale Italia Domani potrebbe risultare maggiore delle risorse già
assegnate poiché include anche i progetti relativi a misure parzialmente definanziate dalla rimodulazione del
Piano dello scorso 8 dicembre. I dati disponibili non consentono di valutare come il parziale definanziamento
si rifletterà sui singoli progetti (potranno fuoriuscire dal perimetro del PNRR o subire una decurtazione
delle risorse assegnate). Il riquadro si focalizza sulle prime sei missioni (M1: digitalizzazione, innovazione,
competitività, cultura e turismo; M2: rivoluzione verde e transizione ecologica; M3: infrastrutture per
una mobilità sostenibile; M4: istruzione e ricerca; M5: inclusione e coesione; M6: salute), in quanto ad
oggi mancano informazioni di dettaglio relative alla missione 7: REPowerEU (la cui dotazione finanziaria
ammonta a 11,2 miliardi).
Le principali misure che per loro natura si ipotizza non richiedano una gara d’appalto comprendono borse
di studio, progetti di ricerca, servizio civile e iniziative di formazione.
Le gare pubblicate a partire dal gennaio 2024 possono risentire della mancata indicazione del relativo
Codice unico di progetto (CUP). Secondo nostre elaborazioni, la mancanza di questa informazione è
riconducibile principalmente a gare di importo inferiore a 40.000 euro; ciò determina una sottostima del
numero di gare e, seppure in misura minore, del loro valore aggregato.
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Il Nord Est è la macroarea con la quota maggiore di bandi avviati in relazione
al totale delle risorse la cui spesa necessita di una gara d’appalto (78 per cento),
il Nord Ovest quella con la quota minore (61); al Centro e nel Mezzogiorno gli
importi messi a gara sono rispettivamente il 69 e il 67 per cento delle risorse a
disposizione. Il valore delle gare per interventi nel Sud e nelle Isole corrisponde
complessivamente al 41 per cento del totale degli importi banditi, in linea con la
clausola del Piano che prevede di destinare il 40 per cento delle risorse a progetti
localizzati in tale area; le missioni 1 (digitalizzazione, innovazione, competitività,
cultura e turismo) e 6 (salute) si collocano al di sotto di tale soglia.
A livello nazionale quasi tre quarti degli importi messi a gara sono destinati
alla realizzazione di opere pubbliche, per oltre la metà afferenti alla missione 2
(rivoluzione verde e transizione ecologica) e alla missione 3 (infrastrutture per una
mobilità sostenibile).
È stato aggiudicato quasi il 70 per cento delle gare per lavori pubblici bandite
tra novembre 2021 e agosto 2024 (per un ammontare di circa 32 miliardi di euro),
con lievi differenze tra macroaree (figura, pannello a)5. Le Province e i Comuni sono
i soggetti attuatori pubblici con percentuali maggiori di gare aggiudicate (oltre il 70
Figura
Stato di avanzamento dei lavori pubblici collegati al PNRR
(valori percentuali)
(a) procedure di gara (1)
(b) fase di esecuzione (2)
Ovest
Nord Est
non aggiudicate
Centro
aggiudicate
Sud e
Isole
Italia
in esecuzione
Ovest
Nord Est
non avviata
Centro
in ritardo
Sud e
Isole
nei tempi
Italia
completata
Fonte: elaborazioni su dati ANAC, Italia Domani e Commissione nazionale paritetica per le Casse edili (CNCE EdilConnect).
(1) Le quote sono relative al totale dei bandi per lavori pubblicati da novembre 2021 ad agosto 2024. Il dato relativo all’Italia include
anche le gare per cui non è noto il territorio. – (2) Lo stato di avanzamento dei lavori è calcolato confrontando i costi della manodopera
già sostenuti con quelli previsti dal programma di spesa dell’opera. Le quote sono calcolate sulle gare bandite da novembre 2021 che
risultavano aggiudicate alla fine di agosto 2024. Il dato relativo all’Italia include anche le gare per cui non è noto il territorio.
Le gare aggiudicate sono state individuate integrando le informazioni degli archivi ANAC con quelle
relative ai cantieri già avviati per cui si dispongono di informazioni dal 1° novembre 2021. Da tale data
le imprese edili hanno infatti l’obbligo di effettuare la denuncia di inizio attività alla Cassa edile/Edilcassa
territorialmente competente, riportando il Codice identificativo di gara in caso di cantieri afferenti a
contratti per opere pubbliche. L’invio e l’utilizzo di queste informazioni sono oggetto di una convenzione
tra l’Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) e la Banca d’Italia.
Economie regionali
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per cento in tutte le ripartizioni), anche per la minore complessità delle opere da
realizzare. Le differenze territoriali più ampie si riscontrano nelle gare gestite dalle
Regioni (relative principalmente alla missione 6): nel Mezzogiorno solo la metà dei
bandi risultava aggiudicata, il 64 per cento al Centro e circa il 70 al Nord.
Secondo nostre elaborazioni sui dati della Commissione nazionale paritetica
per le Casse edili (CNCE EdilConnect), il 47 per cento delle gare bandite da
novembre del 2021 e già aggiudicate ha avviato o terminato i lavori; l’incidenza
di queste gare è più elevata nel Nord Est e nel Nord Ovest (50 per cento) e più
contenuta al Centro e nel Mezzogiorno (45 per cento). Ad agosto del 2024 i lavori
si sono conclusi per il 15 per cento delle gare aggiudicate, mentre per il restante
32 per cento sono ancora in corso (figura, pannello b), spesso con ampi ritardi
rispetto ai tempi stimati. L’avanzamento dei lavori è leggermente minore nel
Mezzogiorno.
IL GRADO DI DIGITALIZZAZIONE DEI COMUNI
Nel 2022 l’Unione europea ha adottato la Digital Decade Strategy, in cui sono
stati fissati gli obiettivi che gli Stati membri devono raggiungere entro il 2030
in termini di competenze digitali, connettività, adozione di tecnologie avanzate
nelle imprese e servizi pubblici digitali. Sulla base dell’indice di digitalizzazione
dell’economia e della società (digital economy and society index, DESI) della
Commissione europea, nel 2022 l’Italia occupava la diciottesima posizione fra i
27 paesi della UE, scontando ritardi ancora ampi nelle competenze digitali della
popolazione e nell’offerta di servizi pubblici digitali.
Secondo l’Indagine sulla digitalizzazione delle Amministrazioni locali (IDAL)
della Banca d’Italia, nel 2022 è cresciuta la quota di Comuni che offre servizi
tramite web e di conseguenza si è ridotta al 6 per cento l’incidenza dei siti non
interattivi (dal 44 nel 2019); il miglioramento ha interessato uniformemente tutte
le macroaree.
Lo sviluppo digitale ha riguardato soprattutto i servizi alle imprese: oltre tre
quarti degli enti offrivano almeno parzialmente online1 i servizi dello Sportello
unico per l’edilizia (SUE) e circa il 90 per cento quelli dello Sportello unico per le
attività produttive (SUAP), con una quota più bassa fra i Comuni del Mezzogiorno
e del Centro (figura). Tra i servizi rivolti alle famiglie, quelli demografici erano i
più digitalizzati, con una diffusione simile tra macroaree (disponibili mediamente
in oltre sei Comuni su dieci). Per quelli sociali la modalità online era limitata in
media al 30 per cento dei Comuni, con differenze territoriali più marcate (35,8
per cento nel Centro, 23,6 nel Nord Ovest). L’offerta digitale per i servizi scolastici
risultava maggiore al Centro e scontava invece ritardi nel Mezzogiorno.
Il servizio è interamente digitalizzato se le relative pratiche possono essere svolte completamente online,
è parzialmente digitalizzato se solo parte del processo può essere svolta online, non è digitalizzato se la
pratica deve essere svolta in presenza presso gli sportelli dell’ente. Cfr. nelle Note metodologiche. L’economia
delle regioni italiane sul 2023 la voce Indagine sulla digitalizzazione delle Amministrazioni locali (IDAL).
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Economie regionali
Figura
Quota di Comuni che offrono servizi digitali
(valori percentuali)
Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud Nord Nord Centro Sud
Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole Ovest Est
e Isole
demografici
sociali
interamente online
scolastici
SUAP (1)
SUE (2)
parzialmente online
Fonte: Banca d’Italia, IDAL; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Indagine sulla
digitalizzazione delle Amministrazioni locali (IDAL).
(1) Sportello unico per le attività produttive (SUAP). – (2) Sportello unico per l’edilizia (SUE).
Focalizzando l’attenzione sui soli Comuni che offrono la possibilità di ottenere
servizi totalmente online, il ricorso a questo canale è stato più frequente da parte
delle imprese, anche in virtù degli obblighi di legge: nella media nazionale, oltre il
90 per cento delle pratiche era svolto interamente per via telematica, ad eccezione
del Centro, che risultava in lieve ritardo. Le famiglie hanno utilizzato canali
completamente digitali in media per l’85 per cento delle pratiche scolastiche, per
il 61 di quelle sociali e per il 48 di quelle anagrafiche; la domanda di questi servizi
non presentava differenze sistematiche fra le ripartizioni.
Le dotazioni di forza lavoro qualificata e di infrastrutture informatiche
rappresentano fattori cruciali per favorire lo sviluppo digitale. Nel 2022 i Comuni del
Nord Est erano quelli con una più elevata incidenza di personale specializzato, con
una quota di laureati in facoltà scientifico-tecnologiche e competenze informatiche
avanzate rispettivamente dell’11,4 e dell’12,4 per cento, a fronte dell’8,9 e dell’8,5
nella media del Paese (tav. a5.8). Di contro, gli addetti senza alcuna competenza
informatica erano concentrati soprattutto nei Comuni del Mezzogiorno (24,5 per
cento del totale; 18 nella media italiana). Nel 2022, in media oltre un quinto del
personale aveva svolto attività di formazione in tecnologie della comunicazione e
dell’informazione, con un massimo del 32,4 per cento nel Nord Ovest e un minimo
del 5,9 nel Mezzogiorno.
Alla fine del 2022 il 60 per cento dei Comuni accedeva a internet con connessioni
basate su tecnologia in fibra ottica, con un massimo nel Nord Est (85 per cento) e
un minimo nel Nord Ovest (48). Secondo i dati di Siope, la spesa per investimenti
informatici dei Comuni è aumentata di quasi il 15 per cento nel biennio 2021-22
rispetto a quello precedente, anche grazie alla disponibilità dei fondi del PNRR.
L’incremento è stato particolarmente elevato nel Mezzogiorno (36 per cento) e nel
Centro (31), a fronte di un lieve calo nel Nord Est, dove gli investimenti rimangono
tuttavia elevati in termini pro capite.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Sulla base di dati preliminari l’espansione degli investimenti locali sarebbe proseguita
a ritmo sostenuto anche nei primi nove mesi dell’anno in corso in tutte le aree del Paese,
in particolare nel Mezzogiorno.
Il debito. – Nel 2023 il debito delle Amministrazioni locali si è ridotto sia in valore
assoluto (del 4,3 per cento, a 84,3 miliardi) sia in rapporto al prodotto (di 0,5 punti, al 4,0
per cento). La contrazione è stata diffusa sul territorio, interessando in modo particolare il
Centro; la quota di debito locale ascrivibile a quest’ultima ripartizione è pertanto diminuita
(a circa il 28 per cento; fig. 5.2). I dati relativi ai primi otto mesi dell’anno in corso segnalano
un ulteriore calo del debito delle Amministrazioni locali in tutte le macroaree.
Figura 5.2
Debito delle Amministrazioni locali per macroarea
(quote percentuali)
Sud e Isole
Centro
Le politiche di coesione
Le politiche di coesione nazionali ed europee hanno l’obiettivo di ridurre i divari
territoriali; il loro orizzonte di programmazione ha una durata di sette anni. Si è
conclusa l’attività di spesa delle risorse a valere sul ciclo 2014-20, anche se quest’ultimo
si chiuderà solo con la relazione finale da presentare entro febbraio 20261; l’attività
relativa al ciclo 2021-27 è tuttora in fase di avvio, anche a seguito di alcune recenti
modifiche normative che hanno ridisegnato le modalità di gestione degli interventi
per rafforzarne il coordinamento sia tra gli enti attuatori sia con il PNRR.
Il ciclo di programmazione 2014-20. – Le risorse complessivamente stanziate
ammontavano a 140 miliardi, di cui 64 afferenti alle politiche europee e la restante
parte a quelle nazionali (tav. a5.9). Le politiche europee per la coesione, realizzate
principalmente attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il
Il regolamento UE/2024/795 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 febbraio 2024 ha modificato il
regolamento UE/2013/1303, posponendo il termine per la trasmissione della domanda finale di un pagamento
intermedio al 31 luglio 2025 e quello per la presentazione dei documenti di chiusura al 15 febbraio 2026.
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Economie regionali
Fondo sociale europeo (FSE) al netto dei programmi di Cooperazione territoriale
europea, sono state finanziate con risorse europee per 48 miliardi, integrate da un
cofinanziamento nazionale pari a 16 miliardi; alle regioni del Mezzogiorno sono stati
destinati tre quarti delle risorse europee e circa la metà del cofinanziamento nazionale.
Sulla base dell’ultimo monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato (RGS) la
spesa rendicontata è attualmente quasi l’84 per cento di quanto stanziato.
Le risorse sono state suddivise in parti pressoché uguali fra Programmi operativi
regionali (POR) e Programmi operativi nazionali (PON), rispettivamente gestiti dal
livello di governo regionale e centrale (tav. a5.10). Il grado di attuazione è superiore per
i POR, per i quali è stato speso l’89 per cento della dotazione complessiva iniziale, con
valori particolarmente elevati per la Puglia e per alcune amministrazioni del Centro
Nord (che si caratterizzano tuttavia per importi più contenuti; fig. 5.3). Per i PON
è stato speso circa l’81 per cento del totale dei fondi assegnati; l’utilizzo delle risorse
è stato generalmente più rapido nel Mezzogiorno, sebbene le differenze siano molto
limitate fra le diverse aree del Paese2.
Figura 5.3
Risorse e attuazione finanziaria dei programmi dei Fondi strutturali europei
gestiti dalle Amministrazioni regionali (1)
(valori percentuali)
(a) dotazioni (2)
3% del PIL
(b) pagamenti in rapporto alle dotazioni
80-90%
Fonte: elaborazioni su dati RGS, Monitoraggio politiche di coesione. Programmazione 2021-2027. Programmazione 2014-2020. Situazione
al 31 agosto 2024, (tabella 15, pp. 41-43).
(1) POR finanziati dal FESR e dall’FSE al netto dei programmi di Cooperazione territoriale europea. – (2) Valori in rapporto al PIL del 2022.
Considerando l’eliminazione del cofinanziamento nazionale concordata con la Commissione europea per
alcuni programmi per i periodi contabili 2020-21 e 2021-22, la quota di pagamenti salirebbe a circa il 97
per cento complessivamente tra POR e PON (cfr. RGS, Monitoraggio politiche di coesione).
Economie regionali
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Le politiche di coesione nazionali per gli anni 2014-20, finanziate con risorse
statali prevalentemente attraverso il Fondo sviluppo e coesione e il Fondo di rotazione
per l’attuazione delle politiche comunitarie, evidenziano in media un ritmo di spesa
molto più lento: è stato utilizzato circa il 40 per cento delle disponibilità.
La riforma delle politiche di coesione. – Nell’ultimo biennio sono stati adottati
alcuni provvedimenti volti a favorire il raccordo delle diverse politiche di riequilibrio
territoriale e ad accelerare l’utilizzo delle risorse disponibili3. Il quadro di gestione di
tali politiche è stato complessivamente ridisegnato, rafforzando i poteri di indirizzo,
controllo e monitoraggio del Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di
coesione e per il PNRR. Il confronto fra il livello di governo centrale e quello regionale
avviene in un’apposita Cabina di regia.
Gli interventi sono individuati con gli Accordi per la coesione sottoscritti dal
Presidente del Consiglio e dal Presidente della Regione interessata; tengono conto di un
elenco di priorità, coerentemente con il Piano strategico della Zona economica speciale
per il Mezzogiorno (ZES unica)4, e sono corredati da cronoprogrammi procedurali e
finanziari.
La verifica dei cronoprogrammi e del conseguimento dei relativi obiettivi, oltre al
controllo che non vi siano sovrapposizioni tra programmi nazionali e regionali, viene
svolta dal Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud, che ha sostituito la
soppressa Agenzia per la coesione territoriale.
È stato istituito un meccanismo premiale che in alcuni casi consente alle regioni
che rispettano i cronoprogrammi di ridurre o azzerare la quota di finanziamento a loro
carico. Nel caso di inerzia o di ritardi nell’esecuzione dei programmi è previsto invece
l’esercizio di poteri sostitutivi da parte del governo centrale.
Il ciclo di programmazione 2021-27. – Le risorse per il ciclo di programmazione
in corso ammontano al momento a circa 143 miliardi, di cui 75 relativi alle politiche
europee e la restante parte alle politiche nazionali.
L’impianto generale delle politiche di coesione europee, attuate attraverso i Fondi
strutturali5, è stato definito dall’Accordo di partenariato tra la UE e l’Italia del 19 luglio
2022. Il nuovo ciclo si caratterizza per una ricomposizione dei gruppi di regioni, con
In particolare, cfr. i DD.LL. 13/2023, 124/2023, 19/2024 e il DL 60/2024 (decreto “coesione”); quest’ultimo
dà attuazione alla riforma 1.9 bis del PNRR, come modificato dalla decisione del Consiglio della UE dell’8
dicembre 2023.
Il Piano definisce la politica di sviluppo delle regioni del Mezzogiorno che rientrano nella ZES unica,
individuando i settori da promuovere, quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari.
Si tratta in particolare di: (a) FESR (esclusa la quota a valere sui programmi di Cooperazione territoriale europea);
(b) FSE+, che riunisce quattro strumenti di finanziamento che nel periodo di programmazione 2014-20 erano
distinti, ossia l’FSE, il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD), l’iniziativa a favore dell’occupazione
giovanile e il programma europeo per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI); (c) Fondo per la giusta
transizione (JTF); (d) Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA).
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il passaggio di Molise e Sardegna dalla categoria di regioni “in transizione” del ciclo
2014‑20 a quella di “meno sviluppate”6, e lo spostamento di Umbria e Marche al gruppo
“in transizione” da quello di “più sviluppate”. Il finanziamento a carico del bilancio
europeo è pari a 42 miliardi, il resto proviene dal cofinanziamento nazionale; come
nel precedente ciclo, alle regioni del Mezzogiorno sono destinati tre quarti delle risorse
europee e poco meno della metà di quelle nazionali. L’ultimo monitoraggio dell’RGS,
relativo alla fine dello scorso giugno, evidenzia che l’attuazione degli interventi è ancora
a uno stadio iniziale, essendo stato speso solo il 2,8 per cento delle dotazioni disponibili
e impegnato il 12.
Due terzi delle risorse relative ai fondi strutturali sono gestite a livello locale
attraverso i POR, il doppio rispetto al precedente ciclo di programmazione. Nell’ambito
delle azioni di competenza centrale si segnala il Programma nazionale di assistenza
tecnica capacità per la coesione 2021-27, volto a rafforzare la capacità amministrativa
di attuazione delle politiche di coesione anche attraverso il supporto tecnico agli enti
delle regioni meno sviluppate.
Con riferimento alle politiche nazionali, le risorse a disposizione del Fondo per lo
sviluppo e la coesione (FSC) ammontano a oltre 70 miliardi. In base a quanto previsto
dalle leggi di bilancio per il 2021 e per il 2022, l’80 per cento della dotazione del Fondo
dovrà essere destinata alle regioni del Mezzogiorno. Attualmente per Puglia e Sardegna
restano ancora da sottoscrivere gli Accordi per la coesione.
Le regioni vengono classificate in tre categorie: più sviluppate, in transizione e meno sviluppate.
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6. LE BANCHE
I finanziamenti al settore privato non finanziario, già in rallentamento dalla fine
del 2022, sono diminuiti in tutte le macroaree da settembre dello scorso anno: il calo
del credito alle imprese è stato generalizzato; i prestiti alle famiglie hanno continuato
a espandersi solo nel Mezzogiorno, seppure meno intensamente di quanto osservato
nel 2022.
Nonostante l’aumento recente del flusso di nuovi crediti deteriorati, a giugno
del 2024 la loro quota sul totale dei finanziamenti si collocava ancora su valori molto
contenuti nel confronto storico; rimaneva più elevata nel Sud e nelle Isole. Rispetto
alla fine del 2022 si è ridotta l’incidenza di prestiti a imprese in bonis caratterizzati da
un significativo incremento del rischio di credito, soprattutto nel Mezzogiorno, dove
si è portata su livelli inferiori a quelli precedenti la pandemia.
La struttura dell’industria bancaria
Alla fine del 2023 il sistema bancario italiano era composto da 428 banche (10 in
meno dell’anno precedente), di cui 156 con sede amministrativa nel Nord Ovest, 115
nel Nord Est, 83 al Centro e 74 nel Sud e nelle Isole1.
Durante lo scorso anno le banche hanno proseguito nella riorganizzazione della
rete degli sportelli e dei canali di distribuzione. Il numero delle dipendenze bancarie
è diminuito in tutte le macroaree, tra il 2,8 per cento nel Nord Est e il 4,5 nel Nord
Ovest; il calo si è protratto, in misura meno marcata, nella prima metà del 2024. Alla
fine del 2023 vi erano poco meno di 4.500 abitanti per sportello nel Mezzogiorno,
a fronte di quasi 2.500 al Centro Nord (fig. 6.1.a).
Figura 6.1
Sportelli bancari e utilizzo degli strumenti di home banking
(a) abitanti per sportello
(unità)
(b) quota di bonifici disposti online (1)
(valori percentuali)
5.000
5.000
4.000
4.000
3.000
3.000
2.000
2.000
1.000
1.000
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: segnalazioni di vigilanza e Istat.
(1) Quota degli ordini di bonifico effettuati per via telematica o telefonica; si considera solo la clientela retail (famiglie consumatrici e produttrici).
I dati si riferiscono alle singole banche, indipendentemente dalla loro appartenenza a un gruppo.
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Sebbene dal 2009 il numero degli sportelli si sia ridotto di oltre il 40 per cento,
l’accesso ai servizi finanziari è stato facilitato dal crescente utilizzo dei canali digitali,
nonché dai tempi contenuti di percorrenza per raggiungere i comuni serviti da sportelli
bancari o postali2. Nel 2023 la quota di bonifici effettuati in modalità telematica ha
continuato a salire in tutte le aree (fig. 6.1.b) ed è aumentata la diffusione dell’home
banking, seppure con differenze territoriali. Alla fine del 2023 i clienti con contratti
di home banking3 erano pari a 79 unità ogni 100 abitanti nel Nord Ovest, a 78
nel Nord Est, a 67 al Centro e a 51 nel Sud e nelle Isole (cfr. il riquadro: Le scelte
finanziarie delle famiglie più anziane del capitolo 3).
I finanziamenti e la qualità del credito
I finanziamenti. – Nel 2023 i prestiti bancari al settore privato non finanziario si
sono contratti in tutte le aree del Paese. La flessione è stata più marcata nel Nord Est
(-3,9 per cento a dicembre rispetto a dodici mesi prima) e meno nel Mezzogiorno (-0,3).
Nei primi sei mesi dell’anno in corso il calo è proseguito in tutte le ripartizioni (tav. a6.1).
L’andamento è dipeso dalla decisa diminuzione dei finanziamenti al settore
produttivo, soprattutto al Centro Nord (cfr. il paragrafo: La redditività e l’indebitamento
delle imprese del capitolo 2). La domanda di credito è scesa per il rallentamento degli
investimenti e per il maggiore ricorso all’autofinanziamento; allo stesso tempo i criteri
di offerta si sono inaspriti nell’intero Paese. Nel primo semestre del 2024 la riduzione
dei finanziamenti alle imprese è proseguita, intensificandosi nel Nord Est e nel
Mezzogiorno (fig. 6.2.a); ciò ha rispecchiato l’irrigidimento delle politiche di offerta
adottate dalle banche, che hanno risentito dell’aumento del rischio percepito (cfr. il
riquadro: L’andamento della domanda e dell’offerta di credito).
Figura 6.2
Prestiti bancari (1)
(dati mensili; variazioni percentuali sui 12 mesi)
(a) imprese (2)
(b) famiglie consumatrici
Nord Ovest
’23 ’24
Nord Est
Centro
’23 ’24
Sud e Isole
Fonte: segnalazioni di vigilanza; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Prestiti bancari.
(1) Per agosto 2024, dati provvisori. – (2) Società non finanziarie e famiglie produttrici.
Per ulteriori dettagli, cfr. il riquadro: Gli sportelli bancari sul territorio del capitolo 6 in L’economia delle regioni
italiane. Dinamiche recenti e aspetti strutturali, Banca d’Italia, Economie regionali, 22, 2023.
Sono compresi i servizi di tipo informativo o dispositivo − escluso il phone banking − offerti alle famiglie.
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Anche la dinamica dei finanziamenti alle famiglie si è notevolmente indebolita
nel 2023: dallo scorso autunno il credito si è ridotto nelle aree centro-settentrionali;
ha continuato a crescere nel Mezzogiorno, sebbene in forte rallentamento rispetto al
2022. Vi ha contribuito soprattutto la diminuzione di nuove erogazioni di mutui per
l’acquisto di abitazioni, particolarmente marcata al Centro, su cui ha inciso l’elevato
livello del costo del credito (tav. a6.2; cfr. il paragrafo: L’indebitamento delle famiglie del
capitolo 3). Nel primo semestre dell’anno in corso si è protratta la debole espansione
dei prestiti alle famiglie nel Sud e nelle Isole, mentre il loro calo al Centro Nord si è
arrestato in luglio (fig. 6.2.b).
L’ANDAMENTO DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA DI CREDITO
Secondo l’indagine sull’andamento della domanda e dell’offerta di credito a
livello territoriale (Regional Bank Lending Survey, RBLS)1, nel primo semestre del
2024 la domanda di credito delle imprese è tornata a espandersi nel Nord e nel
Mezzogiorno, riducendosi invece al Centro (figura A, pannello a). In un contesto
di lieve diminuzione dei tassi di interesse, le richieste di prestiti per il sostegno
degli investimenti e per la ristrutturazione del debito sono aumentate ovunque
fuorché al Centro, mentre la domanda per il finanziamento del capitale circolante
è scesa in tutte le aree ad eccezione del Nord Est.
Figura A
Domanda e offerta di credito delle imprese (1)
(indici di diffusione)
(a) domanda (2)
(b) offerta (3)
-0,5 -0,1
-1,0 -0,2
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: RBLS; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Indagine regionale sul credito bancario
(Regional Bank Lending Survey, RBLS).
(1) L’indice di diffusione sintetizza le informazioni sull’evoluzione della domanda e dell’offerta di credito nei 2 semestri dell’anno. –
(2) Valori positivi (negativi) dell’indice segnalano un’espansione (contrazione) della domanda. – (3) Valori positivi (negativi) dell’indice
segnalano una restrizione (allentamento) dell’offerta.
La domanda di credito da parte delle imprese è cresciuta esclusivamente per le
banche di media e grande dimensione. I criteri di offerta alle aziende sono divenuti
Per approfondimenti, cfr. anche A. Orame, Bank lending and the European debt crisis: evidence from a new
survey, “International Journal of Central Banking”, 19, 1, 2023, pp. 243-300.
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Economie regionali
più restrittivi in ogni ripartizione territoriale, in particolare nel Mezzogiorno
(figura A, pannello b), principalmente a causa del peggioramento della rischiosità
percepita dagli intermediari per alcune tipologie di impresa. La maggiore prudenza
ha contraddistinto soprattutto le banche di media e grande dimensione e ha
interessato in prevalenza il settore edile.
Le banche hanno richiesto più garanzie e hanno aumentato sia il rating minimo
per l’accesso al credito, sia gli spread sui prestiti più rischiosi sebbene quelli medi si
siano ridotti.
Nel primo semestre del 2024 la domanda di prestiti per l’acquisto di abitazioni
da parte delle famiglie è salita debolmente in tutte le macroaree (figura B, pannello a).
Dopo la decisa contrazione osservata nel semestre precedente, le richieste di credito
per finalità di consumo sono tornate a crescere.
I criteri di offerta alle famiglie si sono ovunque lievemente irrigiditi sia per
i mutui per l’acquisto di abitazioni (figura B, pannello b), sia per il credito al
consumo. L’inasprimento delle condizioni sui primi si è tradotto soprattutto in
una richiesta di garanzie più consistenti. Gli spread mediamente applicati alla
clientela si sono notevolmente ridotti, ma non quelli relativi ai mutui più rischiosi.
La percezione di un rischio più elevato sulle prospettive del mercato degli immobili
residenziali ha spinto le banche a una maggiore selettività, mentre la pressione
concorrenziale ha attenuato l’irrigidimento dell’offerta.
Per la seconda parte del 2024 le banche prefigurano un ulteriore incremento
della domanda di finanziamenti da parte di famiglie e imprese, a fronte di un
orientamento dell’offerta ancora improntato alla cautela.
Figura B
Domanda e offerta di prestiti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni (1)
(indici di diffusione)
(a) domanda (2)
(b) offerta (3)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Fonte: RBLS; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Indagine regionale sul credito bancario
(Regional Bank Lending Survey, RBLS).
(1) L’indice di diffusione sintetizza le informazioni sull’evoluzione della domanda e dell’offerta di credito nei 2 semestri dell’anno. –
(2) Valori positivi (negativi) dell’indice segnalano un’espansione (contrazione) della domanda. – (3) Valori positivi (negativi) dell’indice
segnalano una restrizione (allentamento) dell’offerta.
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La qualità del credito. – Nel primo semestre del 2024, in un contesto contraddistinto
da tassi di interesse relativamente alti, sono emersi alcuni segnali di peggioramento della
qualità del credito. Il flusso di nuovi prestiti deteriorati in rapporto a quelli in bonis (tasso
di deterioramento)4, che nel corso del 2023 era aumentato appena, è ulteriormente
cresciuto pur mantenendosi su valori bassi grazie alla redditività sostenuta delle imprese
(cfr. il paragrafo: La redditività e l’indebitamento delle imprese del capitolo 2) e alla
solida condizione economico-finanziaria delle famiglie (cfr. il capitolo 3). Il tasso di
deterioramento rimane più elevato nel Mezzogiorno che al Centro Nord (tav. a6.3).
Nel primo semestre dell’anno in corso il tasso di deterioramento dei prestiti alle
imprese ha continuato a salire; il peggioramento è stato meno marcato nel Nord Est
(fig. 6.3.a). Per le famiglie, dopo il rialzo verificatosi nel 2023 in tutte le macroaree,
l’indicatore è aumentato solo debolmente nel Nord Est, restando pressoché stabile
nelle altre ripartizioni territoriali (fig. 6.3.b).
Figura 6.3
Tasso di deterioramento dei prestiti (1)
(dati trimestrali; in percentuale dei prestiti)
(a) imprese (2)
(b) famiglie consumatrici
Nord Ovest
’23 ’24
Nord Est
Centro
’23 ’24
Sud e Isole
Fonte: Centrale dei rischi; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Qualità del credito.
(1) I valori sono calcolati come medie mobili di 4 trimestri del rapporto, espresso in ragione d’anno, tra il flusso di prestiti deteriorati rettificati
e le consistenze dei prestiti non deteriorati in essere alla fine del periodo precedente. – (2) Società non finanziarie e famiglie produttrici.
Nonostante l’incremento dei prestiti deteriorati e il calo dei finanziamenti in
essere, l’incidenza dello stock dei primi sul totale dei secondi è rimasta sostanzialmente
invariata tra dicembre del 2022 e giugno del 2024: la quota, al lordo delle svalutazioni
già contabilizzate dalle banche, si è collocata tra il 2,4 per cento al Centro e il 5,2
nel Mezzogiorno, confermandosi su livelli molto contenuti nel confronto storico5.
Alla stabilità dell’indicatore hanno contribuito le operazioni di smobilizzo degli
attivi: nel 2023 le banche hanno ceduto o cartolarizzato il 19 per cento dei prestiti
che erano classificati in sofferenza all’inizio dell’anno6. In tutte le aree del Paese
Per ulteriori dettagli, cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Qualità
del credito.
Al netto delle rettifiche di valore, a giugno del 2024 l’incidenza dei prestiti deteriorati oscillava tra l’1,4 e il
2,9 per cento rispettivamente nel Nord Est e nel Mezzogiorno.
Per maggiori dettagli, cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Cessioni
dei prestiti in sofferenza.
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Economie regionali
queste operazioni hanno riguardato in prevalenza i prestiti alle famiglie, a differenza
del 2022 quando avevano invece interessato maggiormente il credito al settore
produttivo. L’attività di dismissione delle sofferenze è proseguita nella prima parte
del 2024, seppure con minore intensità.
Il tasso di copertura dei prestiti deteriorati (rapporto tra le rettifiche di valore
e l’ammontare lordo dei crediti deteriorati) è rimasto alto in ogni ripartizione,
collocandosi a giugno dell’anno in corso tra il 49 per cento nel Nord Ovest e il 56 nel
Nord Est.
Nel 2023 sono emersi segnali di peggioramento nella puntualità dei pagamenti
da parte delle imprese, in particolare delle costruzioni e dei servizi immobiliari. Il tasso
di ingresso in arretrato (definito come l’incidenza dei nuovi finanziamenti con ritardi
di pagamento sui prestiti in bonis all’inizio del periodo) è cresciuto in tutte le aree
territoriali, restando su valori più elevati nel Mezzogiorno e al Centro; nel primo semestre
del 2024 ha mostrato una riduzione nel Nord Ovest e un moderato incremento nelle
altre macroaree, più accentuato al Centro. La rischiosità dei crediti in bonis, misurata
dalla quota di quelli classificati dalle banche in stadio 27, ha avuto nel 2023 andamenti
differenziati per area geografica: si è mantenuta sostanzialmente stabile al Centro Nord
e si è ridotta di 2 punti percentuali nel Sud e nelle Isole. Nel primo semestre del 2024
l’indicatore è diminuito in tutte le ripartizioni assumendo a giugno valori inferiori a
quelli della fine del 2022, ma più alti, ad eccezione del Mezzogiorno, dei livelli precedenti
la pandemia (fig. 6.4).
Figura 6.4
Incidenza dei prestiti alle imprese classificati in stadio 2 (1)
(valori percentuali; dati di fine periodo)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
giu. 2024
Fonte: AnaCredit; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Qualità del credito.
(1) Quota sul totale dei finanziamenti in bonis (classificati in stadio 1 o 2 secondo il principio contabile IFRS 9) in essere a ciascuna data
di riferimento. Ai fini del confronto intertemporale, il totale dei finanziamenti in bonis comprende anche i prestiti originati tra una data di
riferimento e quella precedente e che, al momento dell’erogazione, sono stati classificati automaticamente in stadio 1. Sono escluse le ditte
individuali.
Secondo il principio contabile IFRS 9, le banche classificano in stadio 2 i prestiti in bonis per i quali si rileva
un significativo incremento del rischio di credito rispetto al momento in cui sono stati concessi.
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APPENDICE STATISTICA
TAVOLE
1. Il quadro di insieme
Tav. a1.1 Tassi di crescita del PIL
” a1.2 Popolazione e classi di età
” a1.3 Scomposizione del tasso di crescita del PIL pro capite
Le imprese
Tav. a2.1 Valore aggiunto per settore e area geografica
” a2.2 Fatturato e investimenti delle imprese con almeno 20 addetti
” a2.3 Distribuzione settoriale delle imprese ad alta crescita per macroarea
nel periodo 2014-19
” a2.4 Caratteristiche dei soci fondatori
” a2.5 Mobilità dei soci fondatori di imprese ad alta crescita nel periodo 2014-19
” a2.6 Costruzioni nel 2023
” a2.7 Capacità di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
” a2.8 Esportazioni reali e domanda potenziale nel 2023
” a2.9 Tassi di crescita delle esportazioni (FOB) per settore nel 1° semestre 2024
” a2.10 Tassi di crescita delle esportazioni (FOB) per destinazione
nel 1° semestre 2024
” a2.11 Distribuzione dell’attività delle multinazionali sul territorio italiano nel 2021
” a2.12 Incidenza delle multinazionali sull’economia delle macroaree
” a2.13 Retribuzioni nelle imprese multinazionali
” a2.14 Prestiti bancari alle imprese per branca di attività economica a giugno 2024
Il mercato del lavoro
Tav. a4.1
” a4.2
” a4.3
Le famiglie
Tav. a3.1 Componenti della ricchezza delle famiglie
” a3.2 Numero di transazioni immobiliari per regione e area geografica
” a3.3 Prestiti di banche e società finanziarie alle famiglie consumatrici
Occupati e forze di lavoro
Ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni (CIG)
e di Fondi di solidarietà (FdS)
Principali indicatori del mercato del lavoro
Le politiche pubbliche
Tav. a5.1 Conto consolidato delle Amministrazioni locali
” a5.2 Entrate tributarie correnti delle Amministrazioni locali
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Tav. a5.3 Personale delle strutture sanitarie pubbliche
” a5.4 Personale delle strutture equiparate alle pubbliche e delle private accreditate
” a5.5 Personale in convenzione
” a5.6 Personale delle strutture sanitarie pubbliche per età e ruolo
” a5.7 Strutture previste dal PNRR e stima del fabbisogno di personale
” a5.8 Dotazioni digitali dei Comuni
” a5.9 Risorse del ciclo di programmazione 2014-20
” a5.10 Avanzamento dei programmi comunitari FESR e FSE 2014-20
Le banche
Tav. a6.1 Prestiti bancari per settore di attività economica a giugno 2024
” a6.2 Tassi di interesse bancari attivi a giugno 2024
” a6.3 Qualità del credito: tasso di deterioramento a giugno 2024
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Tavola a1.1
Tassi di crescita del PIL (1)
(variazioni percentuali)
AREE GEOGRAFICHE
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Centro Nord
Sud e Isole
Italia
per memoria:
Italia (revisione settembre 2024)
2021 (2)
2022 (2)
2007-23 (3)
2019-23 (3)
-10,3
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Conti economici nazionali, Conti economici territoriali e Stima preliminare del PIL e dell’occupazione territoriale. Anno 2023.
(1) Variazioni percentuali su valori concatenati; anno di riferimento 2015. I dati non incorporano le revisioni (riportate nell’ultima riga della tavola) dei conti nazionali
diffusi dall’Istat a settembre 2024 (cfr. Istat, Anni 1995-2023. Conti economici nazionali. Prodotto interno lordo e indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche,
Statistiche flash, 23 settembre 2024). – (2) Tassi di crescita ribasati con il tasso di crescita per l’Italia come da revisione Istat, Anni 2021-2023. PIL e indebitamento AP.
Prodotto interno lordo, indebitamento netto e saldo primario delle Amministrazioni pubbliche, Statistiche flash, 1° marzo 2024.
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Economie regionali
Tavola a1.2
Popolazione e classi di età (1)
(milioni di unità e valori percentuali)
AREE GEOGRAFICHE
Popolazione (2)
Popolazione area di confronto (2) (3)
Quota 0-14 anni
Quota 0-14 anni area di confronto (3)
Quota 15-64 anni
Quota 15-64 anni area di confronto (3)
Quota oltre 64 anni
Quota oltre 64 anni area di confronto (3)
Centro
Sud e Isole
Italia
437,2
442,8
448,8
Fonte: elaborazioni su dati Istat ed Eurostat. Cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Determinanti e previsioni dell’andamento
demografico delle macroaree.
(1) Valore al 1° gennaio dell’anno. Solo per l’Italia e le sue macroaree, i dati sul 2023 fanno riferimento ai dati provvisori al 1° gennaio 2024. – (2) Milioni di unità. –
(3) Le aree di confronto (Nomenclatura delle unità territoriali statistiche, NUTS 1) considerate sono le seguenti: per il Nord, Assia, Baden-Wurttemberg, Bassa Sassonia, Bayern, Fiandre, Finlandia Continentale, Francia Grande Est, Irlanda, Renania-Palatinato, Renania Settentrionale-Vestfalia, Spagna Nord Est, Svezia Meridionale;
per il Centro, Attica, Alvernia-Rodano-Alpi, Danimarca, Île-de-France, Nuova Aquitania, Occitania, Olanda Occidentale, Provenza-Alpi-Costa Azzurra; per il Sud e
Isole, Croazia, Portogallo Continentale, Spagna Centro, Spagna Est, Spagna Sud, Voivodato della Masovia. Per l’Italia il confronto è basato sulla media europea
considerando 27 paesi.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a1.3
Scomposizione del tasso di crescita del PIL pro capite (1)
(medie annuali; valori percentuali)
PIL pro capite
PIL pro capite area di confronto (2)
Produttività del lavoro
Produttività del lavoro area di confronto (2)
Tasso di occupazione
Tasso di occupazione area di confronto (2)
Quota della popolazione di 15-64 anni sul totale
Quota della popolazione di 15-64 anni sul totale
area di confronto (2)
Centro
Sud e Isole
Italia
2007-13
2014-22
2007-13
2014-22
2007-13
2014-22
2007-13
2014-22
Fonte: elaborazioni su dati Istat ed Eurostat. Cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Determinanti e previsioni dell’andamento
demografico delle macroaree.
(1) Il tasso di crescita del PIL pro capite è approssimativamente pari alla somma del tasso di crescita della produttività del lavoro, di quello dell’occupazione e di quello
della quota della popolazione in età da lavoro. Il valore residuo dell’uguaglianza è di entità trascurabile. Per gli occupati sono stati utilizzati i dati dei conti nazionali.
Per ottenere gli occupati tra 15 e 64 anni sono state utilizzate le quote derivate dalla Rilevazione sulle forze di lavoro. PIL a valori concatenati, anno di riferimento
2015. Occupati e popolazione sono calcolati come semisomma dei dati di inizio e fine anno. – (2) Le aree di confronto (Nomenclatura delle unità territoriali statistiche,
NUTS 1) considerate sono le seguenti: per il Nord, Assia, Baden-Wurttemberg, Bassa Sassonia, Bayern, Fiandre, Finlandia Continentale, Francia Grande Est, Irlanda,
Renania-Palatinato, Renania Settentrionale-Vestfalia, Spagna Nord Est, Svezia Meridionale; per il Centro, Attica, Alvernia-Rodano-Alpi, Danimarca, Île-de-France, Nuova
Aquitania, Occitania, Olanda Occidentale, Provenza-Alpi-Costa Azzurra; per il Sud e Isole, Croazia, Portogallo Continentale, Spagna Centro, Spagna Est, Spagna Sud,
Voivodato della Masovia. Per l’Italia il confronto è basato sulla media europea considerando 27 paesi.
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Economie regionali
Tavola a2.1
Valore aggiunto per settore e area geografica (1)
(variazioni percentuali)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Centro Nord
Sud e Isole
Italia
Per memoria:
Italia
(revisione
di settembre
2024)
-12,6
-27,3
-11,2
-12,1
-10,0
-21,0
-16,5
Agricoltura, silvicoltura e pesca
2007-23 (3)
2019-23 (3)
-10,3
-10,4
-20,4
-15,8
-11,7
Industria in senso stretto
2007-23 (3)
2019-23 (3)
-11,2
-10,3
-11,9
-16,4
2007-23 (3)
2019-23 (3)
-10,4
-17,9
-17,8
-11,0
Costruzioni
-14,8
Servizi
2007-23 (3)
2019-23 (3)
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Conti economici territoriali, Stima preliminare del PIL e dell’occupazione a livello territoriale. Anno 2023 e Conti economici nazionali.
(1) Variazioni percentuali su valori concatenati; anno di riferimento 2015. – (2) I dati non incorporano le revisioni dei conti nazionali diffusi dall’Istat a settembre 2024
(cfr. Istat, Anni 1995-2023. Conti economici nazionali, Prodotto interno lordo e indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, Statistiche flash, 23 settembre 2024). –
(3) Tassi di crescita cumulati.
Economie regionali
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Tavola a2.2
Fatturato e investimenti delle imprese con almeno 20 addetti
(variazioni percentuali sull’anno precedente e valori percentuali)
Variazione del fatturato nel 2023 (1)
Fatturato gen.-set. 2024 su gen.-set. 2023 (2)
quota in aumento
quota in calo
Prospettive del fatturato a 6 mesi (2) (3)
quota in aumento
quota in calo
Variazione degli investimenti nel 2023 (1)
Variazione programmata degli investimenti nel 2024 (1)
Investimenti effettivi nel 2024 su quelli programmati a fine 2023 (2)
quota in aumento
quota in calo
Investimenti programmati nel 2025 rispetto al 2024 (2)
quota in aumento
quota in calo
Variazione del fatturato nel 2023 (1)
Fatturato gen.-set. 2024 su gen.-set. 2023 (2)
quota in aumento
quota in calo
Prospettive del fatturato a 6 mesi (2) (3)
quota in aumento
quota in calo
Variazione degli investimenti nel 2023 (1)
Variazione programmata degli investimenti nel 2024 (1)
Investimenti effettivi nel 2024 su quelli programmati a fine 2023 (2)
quota in aumento
quota in calo
Investimenti programmati nel 2025 rispetto al 2024 (2)
quota in aumento
quota in calo
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Industria in senso stretto
Servizi privati non finanziari
Fonte: Banca d’Italia, Indagine sulle imprese industriali e dei servizi (Invind) e Sondaggio congiunturale sulle imprese industriali e dei servizi (Sondtel); cfr. nelle
Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 le voci Indagine sulle imprese industriali e dei servizi (Invind) e Sondaggio congiunturale sulle imprese
industriali e dei servizi (Sondtel).
(1) Dati di fonte Invind; interviste svolte nella primavera 2024. Statistiche ponderate per il peso di riporto al numero delle imprese dell’universo. Valori a prezzi costanti
calcolati sulla base dei deflatori medi rilevati nell’indagine; elaborazioni basate su dati elementari winsorizzati. – (2) Dati di fonte Sondtel; interviste svolte nei
mesi di settembre e ottobre 2024. Valori ponderati per il numero di addetti. – (3) Rispetto al momento dell’intervista.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tav. a2.3
Distribuzione settoriale delle imprese ad alta crescita per macroarea nel periodo 2014-19
(valori percentuali)
Quota del settore sul numero totale di
imprese ad alta crescita
Ovest
Centro
Isole
Italia
Quota del settore sul numero totale di altre
imprese del campione
Ovest
Centro
Isole
Italia
Settori
Manifattura
Costruzioni
Commercio, riparazione di autoveicoli
e motocicli
Trasporti e magazzinaggio
Servizi di alloggio e ristorazione
Servizi di informazione e comunicazione
Attività immobiliari
Attività professionali, scientifiche e tecniche,
amministrazione e servizi di supporto
Altro (1)
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Medio-alta
Medio-bassa
Bassa
Totale
100,0
100,0
100,0
Intensità digitale (2)
100,0 100,0 100,0 100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazioni su dati Orbis Historical; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Imprese ad alta crescita.
(1) La voce “Altro” include i seguenti settori Ateco: agricoltura, silvicoltura e pesca; estrazione di minerali da cave e miniere; energia, trattamento dei rifiuti e risanamento;
attività finanziarie e assicurative; amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria; istruzione; sanità e assistenza sociale; attività artistiche, di
intrattenimento e divertimento; riparazione di beni per la casa e altri servizi. – (2) Utilizzando la tassonomia proposta da F. Calvino, C. Criscuolo, L. Marcolin e M. Squicciarini,
A taxonomy of digital intensive sectors, OECD Science, Technology and Industry Working Papers, 14, 2018, i settori Ateco sono classificati in quattro quartili di intensità
digitale sulla base dei seguenti indicatori: quota di investimenti materiali e immateriali in ICT; quota di acquisti di beni e servizi intermedi ICT; numero di robot per occupato;
quota di specialisti ICT tra gli occupati; quota di fatturato da vendite online.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tav a2.4
Caratteristiche dei soci fondatori (1)
(anni e valori percentuali)
Imprese ad alta crescita
AREE GEOGRAFICHE
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Uomini
all’estero
Altre imprese del campione
Persone
giuridiche
Uomini
all’estero
Persone
giuridiche
Fonte: elaborazioni su dati Orbis Historical e Infocamere; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Imprese ad alta crescita.
(1) Valori riferiti al periodo 2014-19. – (2) Media delle quote di capitale detenute da soci appartenenti alla categoria; valori percentuali. Per gli uomini e i nati all’estero si
considera la quota sul capitale totale detenuto dalle sole persone fisiche.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tav. a2.5
Mobilità dei soci fondatori di imprese ad alta crescita nel periodo 2014-19
(quote percentuali)
MACROAREA DI NASCITA
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Totale
Macroarea di attività
Totale
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
100,0
Fonte: elaborazioni su dati Orbis Historical e Infocamere; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Imprese ad alta crescita.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a2.6
Costruzioni nel 2023
(variazioni percentuali sull’anno precedente)
Valore aggiunto (1)
Valore della produzione (2) (3)
di cui: in opere pubbliche
Valore dei bandi per le opere pubbliche (4) (5)
Numero dei bandi per le opere pubbliche (5) (6)
Nuove abitazioni (7)
Superficie dei nuovi fabbricati non residenziali (7)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Italia
-20,8
-16,4
-11,2
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia, Cresme e Istat.
(1) Istat, Stima preliminare del PIL e dell’occupazione territoriale. Variazioni percentuali su valori concatenati; anno di riferimento 2015. – (2) Indagine sulle imprese
industriali e dei servizi (Invind); cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Indagine sulle imprese industriali e dei servizi (Invind). –
(3) Valori a prezzi costanti. – (4) Valori a prezzi correnti di fonte Cresme. I dati includono i bandi con concessioni di servizi per la distribuzione del gas e quelli dei servizi
gestionali relativamente agli affidamenti di importo superiore a 50 milioni di euro per servizi integrati nei settori acqua, rifiuti e sanità. – (5) Il totale Italia comprende anche i
bandi non ripartibili a livello territoriale. – (6) Sono compresi anche i bandi di importo non segnalato. – (7) Istat, Statistiche sui permessi di costruire. Dati riferiti al numero
di abitazioni in fabbricati residenziali nuovi e superficie totale dei fabbricati non residenziali nuovi.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a2.7
Capacità di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (1)
(unità e valori percentuali)
Fonti di energia rinnovabile
Bioenergie (2)
Eolico
Impianti
Potenza (MW)
Potenza media (kW)
Quota di potenza sul totale nazionale
1.220
1.160
2.056
Impianti
Potenza (MW)
Potenza media (kW)
Quota di potenza sul totale nazionale
1.113
1.153
1.036
Impianti
Potenza (MW)
Potenza media (kW)
Quota di potenza sul totale nazionale
1.372
2.957
Impianti
Potenza (MW)
Potenza media (kW)
Quota di potenza sul totale nazionale
1.246
2.857
5.653
12.239
2.165
Impianti
Potenza (MW)
Potenza media (kW)
3.233
4.931
1.525
6.109
12.699
2.079
Idroelettrico
Solare
Totale
433.239
7.668
436.709
19.011
Nord Ovest
2.173
10.024
4.613
Nord Est
1.793
6.146
3.428
Centro
1.945
3.400
Sud e Isole
3.476
10.285
Italia
4.876
21.591
4.428
540.912
8.614
543.923
15.972
306.203
5.932
307.513
9.492
483.623
11.409
490.050
28.369
33.623
72.844
Fonte: Terna, Gestione anagrafica unica degli impianti (GAUDÌ).
(1) Dati aggiornati al 30 giugno 2024. – (2) La categoria “Bioenergie” comprende gli impianti a biomasse (legno, scarti attività forestali o agricole e dell’industria
agroalimentare, rifiuti organici urbani, ecc.) e quelli geotermoelettrici.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a2.8
Esportazioni reali e domanda potenziale nel 2023
(variazioni percentuali sull’anno precedente)
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Prov. aut. di Bolzano
Prov. aut. di Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Centro Nord
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Totale
Esportazioni
reali (1)
-12,1
-13,9
-16,1
-13,8
-13,8
-17,8
Area dell’euro
Domanda
potenziale (2)
Esportazioni
reali (1) (3)
-22,1
-36,9
-12,7
-11,0
-11,1
-14,0
-26,8
Domanda
potenziale (2)
Extra area dell’euro
Esportazioni
reali (1) (3)
-16,3
-13,2
-12,4
Domanda
potenziale (2)
Fonte: elaborazioni su dati Istat e FMI; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Esportazioni reali e domanda potenziale.
(1) Le esportazioni di beni in volume a livello regionale sono stimate deflazionando le esportazioni in valore con i prezzi della produzione industriale italiana venduta
all’estero. – (2) La domanda potenziale è calcolata come media ponderata delle importazioni in volume dei partner commerciali della regione, pesate con le rispettive
quote sulle esportazioni regionali in valore. – (3) Per alcuni settori la serie dei prezzi dei beni esportati non contiene la distinzione fra intra ed extra area dell’euro; in questi
casi l’informazione è stata ricostruita utilizzando l’aggregato di livello superiore o i valori medi unitari di fonte Istat. Di conseguenza si possono verificare casi in cui il tasso
di crescita complessivo delle esportazioni reali non è compreso fra quello delle vendite all’interno e quello delle vendite all’esterno dell’area.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a2.9
Tassi di crescita delle esportazioni (FOB) per settore nel 1° semestre 2024
(variazioni percentuali sul periodo corrispondente a prezzi correnti)
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Italia
Alimentari,
bevande e tradizionali
tabacco
-17,4
-18,2
Chimici,
farmac.,
gomma,
plastica e
minerali
metalliferi
-13,5
-73,4
-10,2
-19,4
Metalli e Computer, Mezzi di
Petrolio Altri prodotti
prodotti in apparecchi trasporto e prodotti
metallo
della
macchinari
raffinazione
del petrolio
-46,8
-11,3
-10,6
-12,7
-10,6
-25,9
108,4
-31,8
-46,3
-30,6
-19,4
-15,2
-36,2
-13,7
-12,0
-16,2
-17,2
-65,5
-14,0
-10,9
-14,4
231,8
-31,0
-29,5
-14,0
-55,3
-20,9
104,9
-14,2
285,6
-37,2
-12,1
-18,2
109,7
-22,3
-55,3
-25,1
-75,9
-39,6
-24,6
-34,0
186,4
-58,9
-27,1
-34,8
-10,4
-34,1
-12,3
Totale
-26,3
-41,3
-40,9
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Le esportazioni delle regioni italiane.
(1) Tessili e abbigliamento; cuoio, pelli e calzature; altri manifatturieri (mobili, gioielleria, strumenti musicali, articoli sportivi, giochi e giocattoli, strumenti medici e altri
manifatturieri non altrimenti classificati). – (2) Fabbricazione di prodotti di cokeria; fabbricazione di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio; estrazione di petrolio
greggio; estrazione di gas naturale.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a2.10
Tassi di crescita delle esportazioni (FOB) per destinazione nel 1° semestre 2024
(variazioni percentuali sullo stesso periodo dell’anno precedente a prezzi correnti)
UE-27
Extra UE-27
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Totale
dell’euro
Altri paesi
UE-27
Totale
Altri europei
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Italia
-17,2
-34,0
-10,0
-19,3
-36,0
-12,9
-40,0
-19,4
-10,5
-38,9
-57,9
-50,4
-26,3
-61,0
-10,3
America
America
centromeridionale
-79,8
-14,2
108,7
-10,0
-42,1
-11,2
-83,0
-29,9
-31,7
-19,0
1.097,0
-51,0
Totale
-20,3
-42,8
-81,8
-11,4
-30,2
-19,2
105,1
-18,0
Altri extra
-12,6
-13,5
-35,8
-10,9
-18,1
-26,7
-31,6
-11,2
341,0
-26,3
-41,3
-40,9
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Le esportazioni delle regioni italiane.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a2.11
Distribuzione dell’attività delle multinazionali sul territorio italiano nel 2021 (1)
(valori percentuali)
GEOGRAFICHE
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Unità locali
Multinaz. Multinaz.
domestiche
estere
Addetti
Altre
imprese
Multinaz. Multinaz.
domestiche
estere
Valore aggiunto
Altre
imprese
Multinaz. Multinaz.
domestiche
estere
Altre
imprese
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
(1) Settore privato non agricolo e non finanziario.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a2.12
Incidenza delle multinazionali sull’economia delle macroaree (1)
(valori percentuali)
Nord Ovest
Stabilimenti (2)
Addetti (2)
Valore aggiunto (2)
Brevetti (3)
Esportazioni (4)
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Multinaz. Multinaz. Multinaz. Multinaz. Multinaz. Multinaz. Multinaz. Multinaz. Multinaz. Multinaz.
domestiche estere domestiche estere domestiche estere domestiche estere domestiche estere
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Bureau Van Dijk, Unioncamere, Agenzia delle Dogane.
(1) Settore privato non agricolo e non finanziario. – (2) Anno 2021. – (3) Incidenza media nel biennio 2018-19. – (4) Incidenza media nel periodo 2018-22.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a2.13
Retribuzioni nelle imprese multinazionali (1)
(euro)
Multinazionali domestiche
Multinazionali estere
Altre imprese
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Bureau Van Dijk, Unioncamere, Agenzia delle Dogane.
(1) Settore privato non agricolo e non finanziario. Retribuzioni giornaliere lorde (equivalenti full time). Anno 2021. Sono considerati solamente i lavoratori con almeno
156 giornate lavorative retribuite.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a2.14
Prestiti bancari alle imprese per branca di attività economica a giugno 2024
(variazioni percentuali sui 12 mesi)
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Trentino-Alto Adige
Prov. aut. di Bolzano
Prov. aut. di Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Centro Nord
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Italia
Manifattura
Costruzioni
Servizi
Totale (1)
-11,2
-20,0
-10,0
-20,6
-13,1
-17,5
-12,6
-10,1
Fonte: segnalazioni di vigilanza; cfr nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Prestiti bancari.
(1) Il totale include anche i settori primario, estrattivo, fornitura energia elettrica, acqua e gas e le attività economiche non classificate o non classificabili.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a3.1
Componenti della ricchezza delle famiglie (1)
(miliardi e migliaia di euro a prezzi correnti)
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Trentino-Alto Adige
Prov. aut. di Bolzano
Prov. aut. di Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Italia
Attività
reali
Attività
finanz.
468,4
1.173,6
310,7
1.974,9
188,7
100,0
564,2
123,4
610,2
1.486,4
3.461,4
542,0
169,1
939,2
1.735,0
114,5
484,7
307,1
123,8
368,9
172,9
1.629,2
6.825,6
347,0
909,9
122,4
1.389,4
334,9
378,5
872,0
2.261,4
242,5
349,6
727,7
216,6
142,3
156,2
725,2
3.714,2
Passività Ricchez- Ricchez- Ricchez- Attività
finanz. za netta za netta za netta /
reali
pro capite reddito (2)
200,6
297,3
205,6
502,9
105,4
209,3
214,0
926,2
745,3
1.883,0
408,3
3.067,0
245,2
129,4
115,8
814,8
184,4
908,5
2.152,9
5.219,9
719,1
118,8
232,1
1.183,4
2.253,4
156,4
647,2
405,0
167,5
472,6
207,3
2.140,4
9.613,6
168,9
239,2
192,6
256,6
192,8
237,2
255,6
219,5
166,8
150,6
207,4
186,8
190,3
192,8
133,5
149,7
211,9
191,7
117,6
103,8
111,1
125,2
102,7
160,2
398,0
1.259,2
256,1
1.934,6
212,9
119,2
559,3
119,6
550,8
1.442,6
3.377,2
452,9
143,8
814,2
1.480,5
412,4
278,9
118,0
316,7
177,2
1.459,6
6.317,3
Attività
finanz.
469,2
1.408,8
156,0
2.046,6
132,5
501,5
120,4
545,8
1.300,1
3.346,7
334,5
125,5
465,1
989,6
295,4
193,6
203,1
973,9
5.310,2
Passività Ricchez- Ricchez- Ricchezfinanz. za netta za netta za netta /
pro capite reddito (2)
789,7
225,7 2.442,3
385,3
331,9 3.649,3
318,9
178,4
140,6
969,9
218,4
88,6 1.008,0
227,5 2.515,2
559,4 6.164,6
712,4
120,1
244,6
119,3 1.160,0
233,0 2.237,1
164,2
644,9
421,2
177,4
462,5
227,9
239,4 2.194,1
1.031,7 10.595,8
185,7
259,5
245,2
255,4
230,3
296,6
334,4
259,3
200,0
182,8
227,5
217,8
225,0
194,5
140,1
164,7
202,9
190,8
128,9
121,5
114,8
107,6
112,4
144,0
110,3
179,5
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia e Istat; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Ricchezza delle famiglie.
(1) Dati riferiti alle famiglie consumatrici e produttrici e alle istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie (o Istituzioni sociali private, Isp) residenti nelle aree.
I dati sulle attività reali, sulle attività e passività finanziarie e sulla ricchezza netta sono espressi in miliardi di euro; i valori pro capite sono espressi in migliaia di euro.
Eventuali disallineamenti sono dovuti agli arrotondamenti. Eventuali differenze rispetto a pubblicazioni precedenti sono dovute ad aggiornamenti dei dati nazionali e a
innovazioni metodologiche nei criteri di regionalizzazione. – (2) Il reddito disponibile lordo è tratto dalla contabilità regionale e si riferisce esclusivamente alle famiglie
consumatrici e produttrici.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a3.2
Numero di transazioni immobiliari per regione e area geografica
(unità)
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Trentino-Alto Adige (1)
Veneto
Friuli Venezia Giulia (1)
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Italia
52.231
1.688
123.412
20.902
198.232
54.498
8.414
51.980
114.892
40.741
7.216
12.199
59.052
119.208
10.563
2.224
35.111
33.655
3.361
11.505
36.929
13.526
146.875
579.207
53.938
1.967
130.739
21.763
208.407
57.492
9.142
54.577
121.211
41.370
7.733
13.060
60.938
123.101
11.294
2.328
35.695
34.816
3.673
11.937
37.829
13.877
151.449
604.168
50.761
1.813
120.612
19.788
192.974
53.470
8.695
51.463
113.628
37.936
7.369
12.812
55.956
114.073
10.797
2.194
31.773
32.187
3.183
10.844
34.331
12.737
138.047
558.722
67.636
2.349
159.155
27.404
256.544
69.604
11.367
69.888
150.859
51.362
9.942
17.479
75.716
154.498
15.060
3.098
42.364
44.186
4.071
14.988
46.719
16.990
187.476
749.377
69.947
2.570
165.305
28.972
266.794
70.626
11.577
71.229
153.432
54.913
11.383
18.503
77.628
162.427
16.422
3.431
44.447
47.746
4.586
16.468
51.149
18.481
202.729
785.382
63.738
2.202
150.630
26.163
242.733
63.088
9.624
62.705
135.417
47.285
9.969
16.012
67.919
141.185
15.027
3.113
41.879
42.408
4.156
16.374
49.672
17.615
190.243
709.578
Fonte: elaborazioni su dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle Entrate.
(1) Sono escluse Gorizia e Trieste e le Province autonome di Bolzano e di Trento per motivi legati alla gestione del catasto e/o degli archivi di pubblicità immobiliare
e i cui dati non sono disponibili nelle serie pubblicate ogni semestre dall’OMI.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a3.3
Prestiti di banche e società finanziarie alle famiglie consumatrici
(variazioni percentuali sui 12 mesi)
Banche e società finanziarie (1)
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Totale
prestiti
Credito
al consumo
dic. 2023 giu. 2024 dic. 2023 giu. 2024
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Trentino-Alto Adige
Prov. aut. di Bolzano
Prov. aut. di Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Italia
Banche
Prestiti per l’acquisto
di abitazioni
Credito al consumo
Altri prestiti
dic. 2023 giu. 2024 dic. 2023 giu. 2024 dic. 2023 giu. 2024
-12,1
-11,3
-11,3
-10,1
-11,3
-14,3
-12,1
-10,1
-11,8
-15,2
-11,0
-10,0
-10,2
-16,8
-12,0
Fonte: segnalazioni di vigilanza; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Prestiti delle banche e delle società finanziarie alle
famiglie consumatrici.
(1) Per le società finanziarie, il totale include il solo credito al consumo. – (2) Altre componenti tra cui le più rilevanti sono le aperture di credito in conto corrente e i mutui
diversi da quelli per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di unità immobiliari a uso abitativo.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a4.1
Occupati e forze di lavoro
(variazioni percentuali sul periodo corrispondente)
Italia
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Occupati (1)
Agricoltura, silvicoltura e pesca (1)
Industria in senso stretto (1)
Costruzioni (1)
Commercio, pubblici esercizi, trasporti
e telecomunicazioni (1)
Servizi finanziari, immobiliari, professionali
e alle imprese (1)
Altri servizi (1)
Indipendenti
Dipendenti
di cui: a tempo determinato
a tempo indeterminato
A tempo pieno
A tempo parziale
Donne
Uomini
15-34 anni
35-49 anni
50-89 anni
Nati in Italia
Nati all’estero
In cerca di occupazione
Forze di lavoro
-12,1
-10,0
1° semestre 2024
Occupati
Agricoltura
Industria in senso stretto
Costruzioni
Servizi
Indipendenti
Dipendenti
di cui: a tempo determinato
a tempo indeterminato
A tempo pieno
A tempo parziale
Donne
Uomini
15-34 anni
35-49 anni
50-89 anni
In cerca di occupazione
Forze di lavoro
-17,6
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro. Dati grezzi.
(1) Dati di fonte Istat, Stima preliminare del PIL e dell’occupazione territoriale. Anno 2023, Statistiche report, 25 giugno 2024. La stima preliminare dell’occupazione non
tiene conto delle revisioni dei conti nazionali pubblicate il 23 settembre 2024.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a4.2
Ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni (CIG) e di Fondi di solidarietà (FdS)
(milioni di ore e variazioni percentuali)
GEOGRAFICHE
Gennaio-settembre 2024
Totale
Ordinaria Straordi- In deroga
naria
Totale
108,5
108,4
362,1
-89,6
4.998,6
360,2
-14,9
-12,7
-36,0
-16,3
Ordinaria Straordi- In deroga
naria
Ore autorizzate
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Italia
229,5
177,9
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Italia
-52,7
-27,7
-31,9
-12,0
-92,4
-99,8
-98,2
-89,6
-94,1
120,0
110,3
108,6
422,3
227,6
124,4
Variazione sul periodo corrispondente
-87,2
-90,7
-91,0
-88,5
-89,5
-28,4
-45,6
-32,7
-29,0
-22,0
-18,3
Fonte: elaborazioni su dati INPS.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a4.3
Principali indicatori del mercato del lavoro (1)
(valori percentuali)
Italia
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Tasso di occupazione
2023-1°sem.
2024-1°sem.
Tasso di attività
2023-1°sem.
2024-1°sem.
Tasso di disoccupazione (2)
2023-1°sem.
2024-1°sem.
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro.
(1) Dati grezzi. Valori riferiti alla popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni. – (2) Valori riferiti alla popolazione di età compresa tra 15 e 74 anni.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a5.1
Conto consolidato delle Amministrazioni locali (1)
(milioni di euro e valori percentuali)
Entrate
Vendite
Imposte dirette
Imposte indirette
Contributi sociali effettivi
Contributi sociali figurativi
Trasferimenti da enti pubblici
Redditi da capitale
Altre entrate correnti
Totale entrate correnti
Imposte in conto capitale
Altre entrate in conto capitale
Totale entrate in conto capitale
Totale entrate
in percentuale del PIL
29.236
23.112
52.162
1.177
127.021
3.260
5.537
241.575
7.303
7.384
248.959
29.683
23.545
52.397
1.197
126.152
3.459
6.166
242.694
7.695
7.786
250.480
25.247
22.538
45.706
1.115
139.517
3.103
6.515
243.901
10.379
10.433
254.334
27.623
23.075
50.548
1.237
143.215
2.799
5.982
254.647
12.766
12.842
267.489
29.617
24.169
56.122
1.098
140.439
3.445
6.884
261.940
15.733
15.808
277.748
30.430
25.719
57.942
1.067
149.895
3.785
7.239
276.234
18.864
18.937
295.171
Spese
Redditi da lavoro dipendente
Consumi intermedi
Prestaz. soc. in natura acquisite sul mercato
Trasferimenti a enti pubblici
Prestazioni sociali in denaro
Contributi alla produzione
Interessi
Altre spese correnti
Totale spese correnti
Investimenti fissi lordi (2)
Contributi agli investimenti
Altre spese
Totale spese in conto capitale
Totale spese
in percentuale del PIL
Saldo primario
in percentuale del PIL
Indebitamento netto
in percentuale del PIL
66.544
74.201
42.847
9.457
4.109
10.250
2.276
10.961
220.645
19.964
4.027
1.003
24.994
245.639
5.596
-3.320
67.037
74.560
43.547
7.675
4.272
10.365
2.027
11.386
220.869
22.494
4.228
1.056
27.778
248.647
3.860
-1.833
67.818
77.360
44.026
5.654
4.722
11.367
1.835
12.231
225.013
24.064
5.102
2.384
31.550
256.563
2.229
70.641
83.455
45.185
7.771
4.784
11.930
1.407
12.548
237.721
26.776
5.132
1.892
33.800
271.521
-2.625
4.032
71.536
89.100
45.645
7.208
4.601
11.598
1.440
13.552
244.680
28.778
4.597
1.621
34.996
279.676
1.928
73.214
89.940
45.928
7.447
4.625
11.765
2.468
14.059
249.446
34.588
5.879
1.683
42.150
291.596
6.043
-3.575
Fonte: Istat.
(1) Secondo i criteri metodologici definiti nel regolamento UE/2013/549 (SEC 2010). – (2) In questa voce sono registrati (con il segno negativo) i proventi derivanti dalla
vendita di immobili del patrimonio pubblico.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a5.2
Entrate tributarie correnti delle Amministrazioni locali
(milioni di euro)
Imposte dirette
Regioni (1)
di cui: addizionale all’Irpef
tasse automobilistiche (famiglie)
Comuni
di cui: addizionale all’Irpef
imposta immobiliare (aree edificabili) (2)
Imposte indirette
Regioni (1)
di cui: IRAP
quota regionale accisa oli minerali e derivati
tasse automobilistiche (imprese)
addizionale imposta gas metano
tributo speciale per deposito in discarica dei rifiuti
Province
di cui: imposta sull’assicurazione RC auto
imposta di trascrizione
Comuni
di cui: imposta immobiliare (al netto aree edificabili) (3)
imposta sulla pubblicità e diritti affissioni pubbliche
Altri enti delle Amministrazioni locali
Totale imposte
per memoria:
totale entrate
totale spese
23.112
16.581
11.655
4.885
6.531
4.682
52.162
26.515
23.949
1.153
4.238
2.213
1.873
20.253
17.204
1.156
75.274
23.545
17.253
11.961
5.011
6.292
4.880
52.397
27.099
24.278
1.182
4.107
2.115
1.856
20.062
17.205
1.129
75.942
22.538
16.569
11.821
4.727
5.969
4.709
45.706
21.961
19.403
1.051
3.894
2.155
1.527
18.805
16.605
1.046
68.244
23.075
16.956
11.931
5.185
6.119
4.837
50.548
25.305
22.638
1.220
4.056
2.073
1.734
20.101
17.433
1.086
73.623
24.169
17.770
12.685
5.118
6.399
5.234
56.122
30.549
28.111
1.206
3.914
2.042
1.585
20.469
17.525
1.190
80.291
25.719
18.829
13.525
5.334
6.890
5.699
57.942
31.821
28.921
1.258
4.196
2.161
1.767
20.682
17.658
1.243
83.661
243.751
240.645
249.401
245.811
250.029
249.590
254.576
256.145
268.218
268.791
279.516
278.679
Fonte: Istat.
(1) Comprende le Province autonome di Trento e di Bolzano. – (2) ICI fino al 2011, Imu dal 2012. – (3) ICI fino al 2011, Imu dal 2012, Imu e Tasi dal 2014.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a5.3
Personale delle strutture sanitarie pubbliche (1)
(unità e valori percentuali)
Unità
Numero per 10.000 abitanti
di cui:
tempo indeterminato
Totale (2)
Variazioni percentuali
2011-19
2019-22
120,3
126,4
-10,0
-11,1
104,3
113,5
-20,9
-16,4
-12,7
-22,5
107,5
113,7
-11,7
-15,6
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari (3)
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
53.657
149.447
49.124
13.302
73.479
41.514
40.085
366.578
128,6
125,8
134,0
123,6
Centro
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari (3)
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
24.841
63.096
18.613
4.042
23.594
11.371
12.179
142.640
119,4
111,4
122,0
113,9
Sud e Isole
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari (3)
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
40.232
92.559
26.639
5.172
37.611
16.217
18.681
216.386
105,1
109,2
Italia
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari (3)
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
118.730
305.102
94.376
22.516
134.684
69.102
1.767
70.945
725.604
118,6
113,9
123,3
113,1
Fonte: elaborazione su dati Ragioneria generale dello Stato, Conto annuale, dati al 31 dicembre; per la popolazione residente, Istat.
(1) Include il personale delle ASL, delle Aziende ospedaliere, di quelle integrate con il SSN e con l’Università e degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS)
pubblici, anche costituiti in fondazione. – (2) Include il personale con contratti a tempo indeterminato e quello a tempo determinato, formazione e lavoro e interinale
espressi in termini di unità uomo/anno. – (3) Per la figura degli operatori socio sanitari si dispone solo dell’informazione sul personale a tempo indeterminato; i dati sui
lavoratori con contratti temporanei e sulla dotazione totale sono ricompresi nell’aggregato “Ruolo tecnico”.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a5.4
Personale delle strutture equiparate alle pubbliche e delle private accreditate
(unità per 10.000 abitanti)
Strutture
equiparate alle pubbliche (1)
Tempo
Altro
indetermi- rapporto
Totale
Strutture
private accreditate
Tempo
Altro
indetermi- rapporto
Totale
Totale
Tempo
Altro
indetermi- rapporto
Totale
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
Centro
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
Sud e Isole
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
Italia
Fonte: elaborazione su dati Ragioneria generale dello Stato, Conto annuale, dati al 31 dicembre 2022; per la popolazione residente, Istat.
(1) Include il personale dei policlinici universitari privati, degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) privati e delle fondazioni private, degli ospedali
classificati o assimilati ai sensi dell’art. 1, ultimo comma, L. 132/1968, degli istituti privati qualificati presidi ASL e degli enti di ricerca. – (2) Include il personale con contratti
a termine e le unità con altro tipo di rapporto (personale in servizio presso la struttura e dipendente da altre istituzioni oppure con rapporto di collaborazione professionale
coordinativa e continuativa).
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a5.5
Personale in convenzione
(unità e valori percentuali)
Unità
Numero
per 10.000 abitanti (1)
Variazioni
percentuali
2011-19
2019-22
Nord (3)
Medicina generale
assistenza primaria a ciclo di scelta (4)
altri medici (5)
Pediatri
Specialisti convenzionati (6)
di cui: specialisti ambulatoriali
22.831
16.108
6.723
2.935
5.656
4.574
Medicina generale
assistenza primaria a ciclo di scelta (4)
altri medici (5)
Pediatri
Specialisti convenzionati (6)
di cui: specialisti ambulatoriali
11.915
7.933
3.982
1.384
3.936
3.352
Medicina generale
assistenza primaria a ciclo di scelta (4)
altri medici (5)
Pediatri
Specialisti convenzionati (6)
di cui: specialisti ambulatoriali
26.663
13.819
12.844
2.362
7.743
6.271
Medicina generale
assistenza primaria a ciclo di scelta (4)
altri medici (5)
Pediatri
Specialisti convenzionati (6)
di cui: specialisti ambulatoriali
61.409
37.860
23.549
6.681
17.335
14.197
Numero di pazienti per medico
e ore lavorate (2)
-12,0
1.231
1.251
1.023
1.005
1.345
1.204
1.139
1.110
1.425
1.036
1.270
1.252
1.074
1.177
1.023
1.014
1.170
1.242
1.171
1.170
1.232
1.066
1.218
1.187
Sud e Isole
-12,0
-12,5
1.080
1.369
1.203
1.261
1.117
1.411
1.430
1.462
1.201
1.283
1.446
1.417
1.143
1.300
1.096
1.108
1.224
1.323
1.270
1.269
1.301
1.176
1.337
1.309
Centro
-10,8
Italia (3)
Fonte: elaborazione su dati Struttura interregionale sanitari convenzionati (Sisac); per le scelte per medico, Ministero della Salute, Annuario statistico del Servizio sanitario
nazionale, anni vari.
(1) Parametrizzati alla popolazione adulta per i medici di assistenza primaria, alla popolazione in età infantile per i pediatri e alla popolazione totale per i restanti medici. –
(2) Per i medici di assistenza primaria a ciclo di scelta e per i pediatri, numero di pazienti per medico; per le altre figure professionali, numero di ore lavorate per medico. –
(3) La dotazione e le ore lavorate per medico riferite al 2011 sono al netto della Provincia autonoma di Bolzano. – (4) Corrisponde all’ex assistenza primaria. – (5) Medici del
ruolo unico di assistenza primaria ad attività oraria (ex continuità assistenziale), emergenza sanitaria territoriale, medicina dei servizi e, dal 2022, assistenza penitenziaria. –
(6) Comprendono gli specialisti ambulatoriali interni, altre professionalità ambulatoriali (psicologi, chimici, biologi) e veterinari.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a5.6
Personale delle strutture sanitarie pubbliche per età e ruolo (1)
(valori percentuali)
Fino a
49 anni
50-54
55-59
60-64
e oltre
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
Medici
Infermieri
Altro personale sanitario
di cui: riabilitazione
Ruolo tecnico
di cui: operatori socio sanitari
Ruolo professionale
Ruolo amministrativo
Totale
Fino a
49 anni
50-54
55-59
60-64
e oltre
Centro
Sud e Isole
Italia
Fonte: elaborazione su dati Ragioneria generale dello Stato, Conto annuale, dati al 31 dicembre.
(1) Quota di personale nella fascia di età sul totale. Include il solo personale a tempo indeterminato delle ASL, delle Aziende ospedaliere, di quelle integrate con il SSN
e con l’Università e degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici, anche costituiti in fondazione.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a5.7
Strutture previste dal PNRR e stima del fabbisogno di personale
(unità)
Numero
di strutture
Infermieri
Operatori socio sanitari
e riabilitazione
Minimo
Massimo
Medici
Minimo
Massimo
1.700
2.540
1.344
3.257
4.601
Ospedali di comunità
Centrali operative territoriali
Unità di continuità assistenziale
Case di comunità
di cui: assistenza domiciliare
Altra assistenza territoriale (1)
Totale
1.239
1.176
1.104
3.633
2.076
3.024
9.213
1.512
1.656
5.709
3.114
3.024
12.177
Ospedali di comunità
Centrali operative territoriali
Unità di continuità assistenziale
Case di comunità
di cui: assistenza domiciliare
Altra assistenza territoriale (1)
Totale
1.561
1.238
3.900
2.453
1.338
1.238
5.176
1.089
1.398
1.974
Ospedali di comunità
Centrali operative territoriali
Unità di continuità assistenziale
Case di comunità
di cui: assistenza domiciliare
Altra assistenza territoriale (1)
Totale
1.167
1.120
4.256
2.432
6.519
Sud e Isole
1.440
1.224
6.688
1.919
3.648
9.679
2.719
1.280
3.743
5.023
Ospedali di comunità
Centrali operative territoriali
Unità di continuità assistenziale
Case di comunità
di cui: assistenza domiciliare
Altra assistenza territoriale (1)
Totale
1.350
2.939
2.800
2.400
9.450
5.400
4.394
19.632
3.200
8.398
11.598
Centro
Italia
3.600
3.600
14.850
8.100
4.394
27.032
2.000
4.348
6.348
Fonte: per la quantificazione delle unità di personale, cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Fabbisogno di personale sanitario
associato al PNRR; per la popolazione, Istat, previsioni demografiche al 2026, aggiornate al 2023.
(1) Il personale infermieristico per questa voce è calcolato come differenza tra il target di un infermiere di famiglia o comunità ogni 3.000 abitanti e il numero minimo di
infermieri per struttura.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a5.8
Dotazioni digitali dei Comuni
(Mbps e valori percentuali)
Velocità mediana effettiva di connessione a Internet in download
Quota di enti con connessioni in fibra fino all’utente finale (FTTH)
Quota di enti con servizi in cloud computing
Quota di personale formato in materie ICT
Quota personale in possesso di:
strumenti di videoconferenza
software/hardware CAD (1)
computer portatili
computer fissi
titolo di studio in discipline STEM (2)
competenze tecnologiche, informatiche avanzate (3)
competenze tecnologiche, informatiche di base (4)
senza competenze informatiche
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Fonte: Banca d’Italia, Indagine sulla digitalizzazione delle Amministrazioni locali (IDAL); cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce
Indagine sulla digitalizzazione delle Amministrazioni locali (IDAL).
(1) Software per il disegno tecnico vettoriale in due o tre dimensioni. – (2) Discipline scientifiche, tecnologiche, informatiche e matematiche (science, technology engineering
and mathematics, STEM). – (3) Include: programmazione, infrastrutture dati, sicurezza informatica. – (4) Include: utilizzo di internet, posta elettronica, pacchetto Office.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a5.9
Risorse del ciclo di programmazione 2014-20
(milioni di euro)
Risorse complessive
(europee e nazionali)
A) Fondi strutturali europei
Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR)
Fondo sociale europeo (FSE)
Fondo europeo di sviluppo regionale
da REACT (FESR REACT)
Fondo sociale europeo da REACT (FSE REACT)
Iniziativa occupazione giovani (risorse specifiche)
B) Programmi della
Cooperazione territoriale europea (CTE)
C) Fondi di aiuti europei agli indigenti
(FEAD + FEAD REACT)
D) Programmi operativi complementari (POC)
E) Fondo sviluppo e coesione (FSC)
F) Altre risorse per la coesione
Totale
Isole
Centro
43.033
23.364
9.554
20.703
7.406
8.190
3.581
ripartito
Risorse nazionali (1)
Totale
Isole
Centro
ripartito
Totale
63.736
30.770
17.744
8.307
5.565
2.702
7.552
3.664
3.835
15.859
9.228
6.538
2.647
6.228
6.072
1.981
8.053
1.337
1.337
12.547
47.532
103.550
11.883
33.733
2.400
139.682
12.547
47.532
68.824
11.883
20.582
13.466
59.415
89.799
Fonte: OpenCoesione.
(1) Cofinanziamento ai fondi UE e al Fondo sviluppo e coesione, nonché alle risorse della politica agricola comune (PAC).
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a5.10
Avanzamento dei programmi comunitari FESR e FSE 2014-20 (1)
(milioni di euro e valori percentuali)
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Dotazione
Impegni (2)
Pagamenti (2)
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Prov. aut. di Bolzano
Prov. aut. di Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro Nord
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Totale
1.838
1.941
1.364
1.268
1.525
1.872
13.174
4.864
4.451
2.223
5.093
1.376
19.386
32.560
Programmi operativi regionali
102,4
101,4
122,2
112,6
114,9
113,8
106,0
164,9
105,8
116,1
109,0
102,2
111,7
112,9
105,8
110,7
Centro Nord
Sud e Isole
Iniziativa occupazione giovani
React-EU
Totale
2.758
13.859
14.281
31.838
Programmi operativi nazionali
102,1
113,0
105,6
Fonte: elaborazioni su dati RGS, Monitoraggio politiche di coesione. Programmazione 2021-2027. Programmazione 2014-2020. Situazione al 31 agosto 2024, (tabella 15,
pp. 41-43).
(1) Risorse europee dei fondi FESR, FSE e cofinanziamento nazionale (al netto dei Programmi di cooperazione territoriale); dati riferiti al 31 agosto 2024. –
(2) In percentuale della dotazione disponibile. Gli impegni e i pagamenti possono risultare superiori alla dotazione disponibile per la prassi del cosiddetto overbooking,
in base alla quale un programma può temporaneamente includere progetti per un valore superiore a quello della sua dotazione al fine di assicurare il totale utilizzo delle
risorse previste anche nel caso di revoche o rinunce.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a6.1
Prestiti bancari per settore di attività economica a giugno 2024
(variazioni percentuali sui 12 mesi)
Amministr. Società
pubbliche finanziarie
assicurative
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Trentino-Alto Adige
Prov. aut. di Bolzano
Prov. aut. di Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Centro Nord
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Italia
-15,4
-15,5
-38,6
-11,7
-65,9
Settore privato non finanziario
Totale
settore
privato non
finanziario
Imprese
Totale
imprese
Mediograndi
-10,0
Piccole
Totale
imprese
piccole
-10,9
Totale
Famiglie
consumatrici
di cui:
famiglie
produttrici
-10,2
Fonte: segnalazioni di vigilanza; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Prestiti bancari.
(1) Include anche le istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie e le unità non classificabili o non classificate. – (2) Società in accomandita semplice e in
nome collettivo, società semplici, società di fatto e imprese individuali con meno di 20 addetti. – (3) Società semplici, società di fatto e imprese individuali fino a 5 addetti.
Economie regionali
BANCA D’ITALIA
Tavola a6.2
Tassi di interesse bancari attivi a giugno 2024
(valori percentuali)
TAE sui prestiti connessi con esigenze di liquidità (1)
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Trentino-Alto Adige
Prov. aut. di Bolzano
Prov. aut. di Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Centro Nord
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Italia
Totale
imprese (2)
di cui:
attività
costruzioni
manifatturiere
servizi
TAEG sui
TAEG sui
prestiti
nuovi mutui
connessi per l’acquisto
di abitazioni
imprese
imprese
esigenze di
medio-grandi piccole (3) investimento
10,27
10,61
10,41
10,55
11,14
11,43
11,02
11,98
10,56
Fonte: AnaCredit, Rilevazione analitica dei tassi di interesse attivi; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Tassi di interesse attivi.
(1) Tasso annuo effettivo riferito ai seguenti tipi di finanziamento: scoperti di conto corrente, factoring, finanziamenti revolving e finanziamenti con finalità di import o
export. – (2) Sono escluse le ditte individuali. – (3) Società in accomandita semplice e in nome collettivo, società semplici e società di fatto con meno di 20 addetti. –
(4) Tasso annuo effettivo globale sulle nuove operazioni alle imprese (escluse le ditte individuali) con durata almeno pari a 1 anno, riferito ai seguenti tipi di finanziamento:
leasing, pronti contro termine e finanziamenti non revolving (ad es. i mutui). Sono escluse le operazioni con finalità di import o export. – (5) Tasso annuo effettivo globale
sulle nuove operazioni con durata almeno pari a 1 anno erogate alle famiglie consumatrici.
BANCA D’ITALIA
Economie regionali
Tavola a6.3
Qualità del credito: tasso di deterioramento a giugno 2024
(valori percentuali)
REGIONI E AREE
GEOGRAFICHE
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord Ovest
Trentino-Alto Adige
Prov. aut. di Bolzano
Prov. aut. di Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Centro Nord
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Sud e Isole
Italia
Società
finanziarie e
assicurative
Imprese
Totale
imprese
di cui:
attività
manifatturiere
di cui:
costruzioni
di cui:
servizi
di cui:
piccole
imprese (1)
Famiglie
consumatrici
Totale
Fonte: Centrale dei rischi, segnalazioni di banche e società finanziarie; cfr. nelle Note metodologiche. L’economia delle regioni italiane sul 2023 la voce Qualità del credito.
(1) Società in accomandita semplice e in nome collettivo, società semplici, società di fatto e imprese individuali con meno di 20 addetti. – (2) Include anche le Amministrazioni
pubbliche, le istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie e le unità non classificabili o non classificate.
Economie regionali
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