I due principali dossier Europa sul tavolo del nuovo inquilino della Casa Bianca riguardano i dazi sui prodotti dall’industria europea, che Trump ha chiamato una ‘ mini-Cina’, e quello, più ampio, sulla difesa e sulla Nato. Per la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen versione ‘neo trumpiana’, “l’Ue sta affrontando minacce alla sicurezza senza precedenti, e ha bisogno di 500 miliardi di investimenti aggiuntivi per la difesa comune nel prossimo decennio”. Ma non spiega dove trovarli
Costretti alla difesa ‘fai da te’
Prima il poco gradito ‘piano Draghi’ e poi Ursula von der Leyen hanno avvertito che l’era della ‘esternalizzazione geopolitica’ è finita e occorrono 500 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi per la difesa comune nel prossimo decennio. Ciò che non è chiaro è dove intenderebbe trovare le risorse: dai bilanci nazionali, dal bilancio pluriennale dell’UE o tramite l’emissione di obbligazioni garantite dai 27 paesi dell’Unione?
Europa letta dal Baltico con i soldi di chi?
Il quotidiano online Politico, nella sua versione europea, ha rilevato i diversi umori a Bruxelles sulla proposta della Von der Leyen di trovare contributi per la difesa comune. Uno dei più espliciti è quello di Tobias Cremer, membro tedesco del Parlamento europeo con i Socialisti e Democratici che ha dichiarato: “Il rischio che corrono i contribuenti europei è di sovvenzionare i profitti delle aziende”.
Oro armato a favore di chi e a scapito di cosa?
Le grandi industrie di armamenti stanno nuotando nell’oro grazie al forte aumento della spesa militare provocato dall’attacco russo all’Ucraina.
Nei primi nove mesi di quest’anno, la francese Thales ha registrato un aumento delle vendite del 6,2% -14 miliardi di euro-, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Nello stesso periodo, la svedese Saab ha visto i suoi ordini aumentare del 71%, arrivando a 79 miliardi di corone (6,9 miliardi di euro). La tedesca Rheinmetall ha previsto vendite record per 10 miliardi di euro.
L’italiana Leonardo ha registrato una crescita a due cifre nel primo semestre di quest’anno, i suoi ordini sono aumentati del 18,8% -a 10,3 miliardi di euro-, e il suo risultato netto è stato di 555 milioni di euro, con un aumento del 166,8% rispetto allo stesso periodo del 2023.
Extra profitti per fra crescere cosa?
Cifre che rappresentano gli utili di una congiuntura politicamente drammatica ma che genera ‘extra-profitti’. Tant’è che Politico cita il ministro dello Sviluppo Economico italiano Giorgetti che aveva inizialmente incluso anche l’industria della difesa nel calcolo iniziale, prontamente abbandonato per non inserire l’extra-gettito nella manovra di bilancio. “Molte aziende europee del settore della difesa hanno già investito in modo significativo per espandere le proprie capacità produttive negli ultimi anni, assumendosi rischi aziendali al limite di quanto è possibile senza la garanzia immediata degli ordini”, ha affermato Jan Pie, segretario generale dell’Associazione europea delle industrie aerospaziali, della sicurezza e della difesa. Ma se poi gli ordini non arrivano? In questo caso potrebbero essere i clienti, cioè gli Stati, cioè noi, a garantire lo sviluppo al settore della difesa.
Eserciti possenti e tasche vuote
Tutto torna nel ragionamento del parlamentare tedesco Creber: gli utili vengono divisi tra gli azionisti e gli investimenti per far salire il valore delle azioni li sovvenziona lo Stato. E’ ciò che è accaduto negli Stati Uniti dove il Segretario della Marina Carlos Del Toro ha denunciato i produttori di armi per aver utilizzato le sovvenzioni per aumentare i prezzi delle azioni tramite riacquisti azionari. Un espediente che interessa anche in Europa e serve a riempirsi le tasche invece di investire sul rafforzamento della base industriale.
Ursuna von der Nato calmati
In una eurozona che viaggia a velocità di Pil prossima allo zero e con un mastodontico debito pubblico come giustificare altro debito per sovvenzionare industrie miliardarie? Un problema di soldi, di politica comune e per ampi strati della società civile anche di coscienza. E’ presumibile che per i vertici di Bruxelles quello dei finanziamenti alla difesa comune diventerà un dossier ingestibile.
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